I Sauditi vorrebbero la Presidenza del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu
La notizia, se fosse confermata, avrebbe i contorni di una vera a propria farsa, ma da quanto riportato dal quotidiano svizzero “Tribune de Genève”, pare che l’Arabia Saudita stia esercitando forti pressioni per ottenere la presidenza del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu. Secondo alcune testimonianze raccolte da alcuni diplomatici (che hanno voluto mantenere l’anonimato) il rappresentante permanente dell’Arabia Saudita presso le Nazioni Unite Faisal bin Hassan Trad starebbe facendo opera di persuasione in questa direzione nei confronti del gruppo delle nazioni asiatiche al fine di ottenere la candidatura in occasione delle elezioni per il rinnovo della carica, in calendario entro la fine dell’anno. Attualmente il Consiglio è presieduto dal tedesco Joachim Ruecker ma in base al principio di alternanza stabilito da questa organizzazione, il prossimo presidente dovrebbe essere un rappresentante del gruppo asiatico. Gruppo che comprende tredici paesi: la stessa Arabia Saudita, Bangladesh, Cina, Emirati Arabi Uniti, India, Indonesia, Giappone, Kazakistan, Maldive, Pakistan, Repubblica di Corea, Qatar e Vietnam.
Quindi, almeno sulla carta, Faisal bin Hassan Trad avrebbe delle chance importanti per venire eletto. Ma questa eventualità susciterebbe inevitabilmente non solo un grande imbarazzo negli ambienti della diplomazia occidentale ma decreterebbe soprattutto una fortissima ipoteca negativa sulla reputazione dello stesso Consiglio. Si arriverebbe all’assurdo di un’istituzione internazionale nata con lo scopo di proteggere i diritti umani nel mondo presieduta da un rappresentante di uno stato che è in prima fila nella negazione di tali diritti. Ricordiamo infatti che l’Arabia Saudita è uno degli otto paesi che si è rifiutato di sottoscrivere la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo del 1948 e che la forma di governo esercitata dalla monarchia saudita è lontanissima dagli standard minimi di democrazia: dove non esiste uguaglianza tra l’uomo e la donna, dove gli omosessuali sono condannati a morte e dove non esiste libertà di espressione e tanto meno libertà di culto religioso.
L’allarme di fronte a un rischio del genere è stato già lanciato dai rappresentanti di ONG come Amnesty International e Human Right Watch. “È essenziale – ha dichiarato John Fisher, responsabile ginevrino di quest’ultima organizzazione – che il gruppo Asia proponga subito un candidato credibile che lo rappresenti”. “Il Consiglio dei Diritti dell’Uomo riveste un ruolo fondamentale per ciò che concerne la promozione e la protezione dei diritti umani per tutti”.
(Sebastiano Catte/com.unica, 12 maggio 2015)