Da Nasser ad al-Sisi l’opera faraonica che dà gloria e cancella le ombre”, titola “La Repubblica” nel raccontare la storia e il nuovo progetto legato al Canale di Suez (Egitto) con l’odierna inaugurazione del “raddoppio della via navigabile aperta 146 anni fa. Un’opera che non solo creerà posti di lavoro, ma – spiega il quotidiano diretto da Ezio Mauro – farà anche dimenticare le repressioni del regime”. Un luogo chiave per gli scambi commerciali, teatro nel 1956 di un conflitto, ricorda Repubblica, a cui parteciparono, al fianco di Francia e Gran Bretagna, anche “le truppe israeliane del generale Moshe Dayan. Militarmente fu un successo, ma politicamente un disastro. Perché gli Stati Uniti ordinarono a Londra, a Parigi e a Tel Aviv di ritirare le loro truppe dal Canale e furono ubbiditi”.

Il nuovo canale è un po’ il simbolo di un ritrovato orgoglio nazionale, di una nuova era, come osserva l’Ammiraglio Mohab Mamiche, dirigente dell’Autorità del Canale di Suez. Un’occasione importante per il Capo dello Stato Abdel Fattah al-Sisi per passare alla storia del suo paese come il suo predecessore Gamal Abdel Nasser, che nel 1956 aveva nazionalizzato il Canale e fatto costruire alcuni anni dopo la diga di Assouan.

C’è insomma una certa nostalgia di quel periodo storico, anche tra quelli che non l’hanno vissuto. È questa per esempio l’opinione della professoressa Rabab el-Mahdi, che insegna Scienze Politiche all’Università americana del Cairo. “Gran parte della popolarità del maresciallo al-Sisi – ha ribadito in un’intervista al quotidiano francese “Liberation” – è legata a questa immagine di ‘nuovo Nasser’: un capo di forze armate capace di tener testa alle potenze occidentali, di ridare all’Egitto un posto di primo piano sulla scena internazionazionale”.

(com.unica, 6 agosto 2015)

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