5 novembre 1860: l’assedio di Gaeta, il re e la regina
[ACCADDE OGGI]
“Steve nu’ re ca’ ppe fatalìtà perdett o’ regno e a’ chiavè ra’ cìttà e cu dolorè perdett pure ammore tutte e castielle bell, senza sapè, senza pecchè e nnanze ‘a regina restaie sultanto ‘o re” – (in italiano) C’era un re che per fatalità perse il regno e la chiave della città e con dolore perse anche l’amore e tutti i castelli belli senza sapere senza un perché e davanti alla regina restò soltanto il re”.
Sono i versi di una canzone musicata da Nicola Piovani e che fu la colonna sonora del film ‘o Re diretto da Luigi Magni nel 1989. Il Re è Francesco II di Borbone ultimo re di Napoli e delle Due Sicilie, la Regina è Maria Sofia di Baviera sorella della famosa Sissi e regina consorte di Francesco II. Sono i due protagonisti dell’ultimo atto del Regno delle Due Sicilie iniziatosi il 5 novembre del 1860 con le prime cannonate piemontesi che caddero sulla fortezza di Gaetta assediata.
I sovrani erano giunti a Gaeta a bordo della nave da guerra napoletana “Il Messaggero” lasciando Napoli in preda alle truppe piemontesi e garibaldine, si dirà per risparmiare alla capitale gli orrori della guerra, all’alba del 7 settembre. Al seguito dei sovrani v’erano i maggiori dignitari di corte, i rappresentanti del corpo diplomatico dei paesi rimasti amici dei napoletani tra cui, oltre la Nunziatura Apostolica, i rappresentanti di Francia, dell’Austria, della Russia, del Brasile e della Prussia. L’intera flotta navale alla rada di Napoli tradendo il sovrano non seguì la nave Messaggero e ad accompagnare il Re verso l’ultima roccaforte presero il largo verso Gaeta solo la “Partenope”, la “Delfino” e la nave spagnola “Colòn” con a bordo il rappresentante diplomatico spagnolo.
Dal 7 settembre del 1860 iniziarono le fortificazioni della piazza di Gaeta mentre le truppe piemontesi agli ordini del generale Enrico Cialdini si attestarono presso Castellone di Mola nelle vicinanze di Formia. Persa anche la battaglia del Volturno i resti dell’esercito napoletano si barricarono a Gaeta che diventava sempre più insufficiente per ospitare le truppe borboniche e incominciava ad essere fonte di spargimento di infezioni. Nel porto stazionavano, oltre le poche navi rimaste fedeli alla corona borbonica, molte unità da guerra delle marine spagnole e della marina francese che impedivano l’assedio via mare della roccaforte.
In questo scenario ha inizio l’eroica resistenza dell’ultimo avamposto, ma proprio l’ultimo sarà a Civitella del Tronto, napoletano in terra piemontese-italiana. L’assedio durò 102 giorni con 75 giorni di martellamento totale della fortezza da parte delle artiglierie piemontesi. Alla fine, contati quasi 900 morti, tradito dai più blasonati ufficiali di quell’esercito che da ragazzino si era divertito a vestire con uniformi sfavillanti, abbandonato dai francesi di Napoleone III che accordatosi con Cavour fece lasciare il porto libero per farvi entrare le navi del Persano, e stremato dal tifo che dilagava tra le sue truppe, Francesco dovette arrendersi e lasciare il suolo di Gaeta alla volta di Roma.
Ancora oggi, nelle notti di luna calante, c’è chi giura di vedere la regina Maria Sofia di Baviera sui bastioni della città mentre accorre in aiuto ai soldati combattenti e si prodiga a soccorrere i feriti. L’ “eroina di Gaeta” è lì a simboleggiare la volontà di riscatto di un popolo, che poco dignitosamente, ma non sarà la prima e nemmeno l’ultima volta, si portò tra le braccia dei vincitori lasciando… “nnanze ‘a regina sultanto ‘o re”.
(Franco Seccia, com.unica 5 novembre 2015)