Ore di tensione in Israele, dove il terrorismo palestinese è tornato a colpire e uccidere. “Chiunque condanni gli attacchi in Francia, deve condannare anche quelli in Israele: è lo stesso terrore. Chi non lo fa è ipocrita e cieco”, ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu a margine degli attacchi, compiuti a Tel Aviv e nel Gush Etzion.

“Dietro questi atti di terrorismo – ha quindi sottolineato – c’è l’Islam radicale che cerca di distruggerci, lo stesso che colpisce a Parigi e minaccia tutta l’Europa”. Marginale però lo spazio che i quotidiani dedicano a quanto accaduto.  Intanto l’Europa sotto attacco ha deciso a più voci che la migliore risposta contro questi assassini è quella di non fermarsi. Massima allerta intanto in tutta Europa: secondo una informativa inviata dall’Fbi ai servizi segreti, tra i luoghi a rischio vi sarebbe anche la sinagoga di Roma.

Si legge su ‘Il Messaggero’, a firma di Valentina Errante/Cristiana Mangani: “La nota contiene i nomi di sei arabi, ma non fornisce altre indicazioni, come la data o il luogo di nascita. È generica, indica ristoranti, locali pubblici, oltre a una serie di alias riferibili all’identità di questa ipotetica ‘cellula dormiente’, che potrebbe trovarsi nel nostro paese”. Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica romana,  ha dichiarato: “L’attenzione è quella di sempre, e non è mai stata poca. Il terrorismo vuole attaccare, anche con la paura, l’ideale di libertà che l’Europa ha conquistato a fatica. Quindi la miglior risposta è non fermarsi. E noi non ci fermiamo. La Comunità ebraica continua tutte le sue attività”.  

Aumentano intanto le voci che invocano il “modello Israele” che contro il terrore mobilita ogni singolo cittadino. Scrive Fabio Nicolucci (Il Messaggero): “Se vogliamo battere l’Isis, occorrerà forgiare un’azione comune. E una coalizione. Con una conseguente idea del dopo. Un dopo necessariamente senza Isis. Occorre allora da subito attrezzarsi, anche a livello di consapevolezza pubblica, affinché come fanno gli israeliani ognuno si senta parte di un monitoraggio”. Maurizio Molinari su ‘La Stampa’: “Controlli hi-tech, massiccia presenza di sicurezza ma soprattutto capacità dei cittadini di rispondere agli attacchi: è la formula con cui Tel Aviv, la metropoli dello Stato ebraico, si difende dall’Intifada dei coltelli così come avvenuto dalle precedenti ondate di attentati”.

Intervistato dal ‘Quotidiano Nazionale’, lo psicologo David Meghnagi sostiene:“Dopo gli ultimi attacchi terroristici, nulla in Europa sarà come prima. E dovremo ripensare la nostra vita e le nostre abitudini. Sarà una transizione lunga ma nella gestione di questa fase Israele, che da sempre è un laboratorio, può esserci di grande aiuto”.

(com.unica, 20 novembre 2015)

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