Russia, Turchia, Stati Uniti: il valzer degli equilibri
Si incrinano ulteriormente i rapporti tra Russia e Turchia, con l’accusa da parte di Mosca direttamente alla famiglia del presidente Recep Tayyep Erdogan di fare affari con lo Stato Islamico, acquistandone il petrolio che permetterebbe ai terroristi di finanziarsi. L’esercito russo avrebbe dunque le prove che da tre diverse rotte l’oro nero valichi senza controlli il confine tra Siria e Turchia su 800mila autocisterne camuffate da semplici tir, ma anche che gran parte dei pagamenti arriverebbe direttamente sotto forma di armi e aiuti militari. Il traffico sarebbe gestito direttamente dal figlio di Erdogan, Bilal, e con la complicità del cognato Berat Albayark, appena nominato ministro dell’Energia. “Quattrocentomila persone sono morte per mano di Assad anche con il vostro aiuto”, la risposta del presidente turco alle accuse russe. “Spieghino – ha continuato – chi si deve dimettere per questi massacri. Se la Russia continua ad avere delle reazioni così sproporzionate, dovremo prendere provvedimenti”.
Le accuse di Mosca hanno provocato la reazione degli Stati Uniti, che sono accorsi in sostegno del loro alleato in sede Nato. “Se i russi sono preoccupati per il petrolio dell’Isis, dovrebbero prendersela con Assad, il più largo consumatore” ha detto il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest. Scettico nei confronti dell’azione di Vladimir Putin anche il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk il quale in un’intervista a ‘La Stampa’ ha dichiarato che la presenza russa in Siria gli sembra “più parte del problema che della soluzione”.
Nei delicati equilibri della guerra al Califfato sono inoltre entrati anche gli inglesi dopo che il primo ministro David Cameron ha chiesto e ottenuto dalla Camera dei Comuni il via libera a effettuare raid aerei in Siria. “Dobbiamo distruggere questa minaccia lì da dove trama gli attacchi” l’appello di Cameron, a cui hanno risposto positivamente anche molti laburisti nonostante l’opinione contraria del leader Jeremy Corbyn. E ieri si è riunito anche il parlamento tedesco per discutere la partecipazione della Germania, che tuttavia non prevede raid ma tra le altre cose il dispiego di caccia da ricognizione.
(com.unica, 3 dicembre 2015)