Israele risponde alle minacce dello stato islamico
Le recenti minacce rivolte dallo stato islamico a Israele hanno spinto il primo ministro Netanyahu a rafforzare la difesa militare e la sorveglianza interna. Come si ricorderà la promessa del “califfo” Al-Baghdadi era quella di “trasformare la Palestina in un cimitero per gli Ebrei”.
Per gli analisti dell’intelligence militare israeliana le minacce non devono essere sottovalutate. Il pericolo maggiore risiede nel deserto del Sinai (Egitto), dove il gruppo terroristico Ansar Bayt al-Maqdis (“sostenitori di Gerusalemme”) conduce una sanguinosa guerra contro il governo centrale di Cairo. Con al seguito poche centinaia di beduini, ceceni, afgani e milizie sub-sahariane di volontari, è dotato di armi ultramoderne saccheggiate nei depositi dell’esercito di Gheddafi.
Se è vero che l’esercito egiziano è l’obiettivo principale, questi terroristi non hanno disdegnato in passato azioni contro Israele. Come forse si ricorderà nel 2013 e nel 2014 i suoi uomini hanno sparato diversi razzi nella località balneare di Eilat, spingendo l’esercito israeliano a schierare una batteria di missili anti-missile vicino a questa città.
Lo Stato Maggiore dell’esercito israeliano ha pertanto rafforzato il controllo del valico con l’Egitto con pattuglie di militari e droni, così come è stato potenziato in maniera significativa il Karakal, un battaglione formato da personale soprattutto femminile di stanza lungo il confine. La cooperazione tra Il Cairo e Gerusalemme si è sviluppata in maniera cosiderevole a partire dal 2013, anche grazie alla condivisione di informazioni sulle attività del Daech del Sinai e permettendo ai droni israeliani di eliminare i jihadisti egiziani.
(com.unica, 29 dicembre 2015)