40 anni fa il disastro di Seveso
Il 10 luglio 1976, un incidente agli impianti di raffreddamento degli stabilimenti ICMESA, nell’area Castanetum, a nord di Milano, tra i comuni di Seveso e Meda, provocò la fuoriuscita di una nube tossica carica di diossina TCDD, una delle sostanze tra le più tossiche, che spinta dal vento raggiunse i comuni di Meda, Seveso, Cesano Madarno e Desio. Negli impianti si produceva un componente chimico utilizzato nei diserbanti, il triclorofenolo. Non ci furono vittime, ma 676 persone furono costrette ad abbandonare le loro abitazioni e collocate in due hotel a Bruzzano e ad Assago, nel milanese. 240 persone riportarono gravi problemi alla pelle, lacloracne, una dermatosi da esposizione al cloro con lesioni e cisti sebacee. Il disastro ambientale fu immane: centinaia di animali morirono e migliaia furono abbattuti. La vegetazione andò distrutta a causa del potere diserbante della diossina.
L’aspetto più tragico è che ci furono importanti conseguenze sui feti delle donne incinte, tali da arrivare all’autorizzazione da parte del governo Andreotti ad effettuare interruzioni di gravidanza terapeutiche, nonostante l’aborto fosse una pratica vietata per legge. La popolazione dei paesi investiti dalla nube tossica fu avvertita soltanto otto giorni dopo l’incidente. Il territorio di Seveso fu suddiviso in tre aree a decrescente livello di contaminazione. Nell’area più inquinata (Zona A), fu rimosso uno strato di 40 centimetri di terreno contaminato e deposto in due vasche; fu sostituito poi con del nuovo terreno proveniente da zone non inquinate e si procedette al rimboschimento, con la creazione del Parco Naturale Bosco delle Querce. Furono reintrodotte forme di fauna selvatica, create aree palustri e zone con giardini ornamentali.
Dopo il disastro la Regione Lombardia intentò una causa penale contro l’ICMESA. Nel 1980 si raggiunse un accordo con il presidente del Consiglio d’Amministrazione dell’azienda multinazionale Givaudan, per il risarcimento di 103 miliardi e 634 milioni di lire, di cui 7 miliardi per il Governo italiano, 40 miliardi alla Regione Lombardia per le opere di bonifica, 23 miliardi per la ricerca e la sperimentazione. I danni subiti dai privati furono liquidati dalla Givaudan tramite l’ufficio di Milano: in tre anni furono risarcite 7000 pratiche per un valore complessivo di 200 miliardi di lire. Uno studio pubblicato nel 2008 ha evidenziato che nonostante fossero trascorsi trent’anni dal disastro di Seveso, esistessero ancora effetti sulla popolazione, soprattutto le alterazioni ormonali neonatali a carico del TSH, responsabili di difetti fisici e intellettuali durante lo sviluppo. Il disastro di Seveso accese i riflettori sulla sicurezza sui posti di lavoro, soprattutto nelle fabbriche e favorì l’introduzione di norme più severe.
(Nadia Loreti/com.unica 10 luglio 2016)