Il Pil al palo: l’Italia non cresce, dati Istat al di sotto delle aspettative
Da una stima preliminare dei Istat relativi all’andamento economico nel secondo trimestre del 2016 si apprende che il Pil italiano è rimasto invariato rispetto ai tre mesi precedenti, con una crescita di appena lo 0,7% su base annua. L’Istat spiega che la variazione congiunturale del prodotto interno lordo è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dei servizi e di una diminuzione in quello dell’industria. Nello stesso periodo, ricorda l’Istituto di Statistica, il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,6% nel Regno Unito e dello 0,3% negli Stati Uniti, mentre ha segnato una variazione nulla in Francia. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,2% nel Regno Unito, dell’1,4% in Francia e dell’1,2% negli Stati Uniti. Nel complesso, secondo la stima diffusa il 29 luglio scorso, il Pil dei paesi dell’area Euro è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dell’1,6% nel confronto con lo stesso trimestre del 2015.
Il ministero del Tesoro in una nota ha spiegato che lo stop era atteso e che dipende da fenomeni come la minaccia del terrorismo, la crisi dei migranti e la Brexit. Ma i conti, fanno sapere i tecnici del governo, sono sotto controllo, come evidenziato dall’andamento del fabbisogno del settore statale. Si sottolinea anche il fatto che diverse fonti di Governo, compreso il Mef, avevano già segnalato che le stime di crescita formulate ad aprile con il Def sarebbero state messe in discussione da questo nuovo scenario. È tuttavia evidente che questi risultati appaiono al di sotto delle attese, anche di quelle più pessimistiche e che l’obiettivo di crescita dell’1,2% fissato per il 2016 diventa assai difficile da raggiungere. “Presenteremo per il 27 settembre la nota di aggiornamento del Def, a quel punto vedremo in che situazione ci troveremo. Non c’è dubbio che sulla base di questi dati appare difficile conseguire l’obiettivo di crescita che era fissato per il 2016, cioè l’1,2%”, afferma il viceministro all’Economia, Enrico Morando. “Inevitabilmente – aggiunge – sarà possibile che si determinino maggiori difficoltà nella definizione delle scelte. O meglio, bisognerà tenere conto di questo andamento nella definizione delle scelte che riguardano il 2017 e gli anni successivi”.
Al di là del solito ottimismo di facciata questi dati non possono non mettere in stato di allarme Matteo Renzi, il cui futuro a capo del governo non può che essere legato a una ripresa dell’economia. Il premier non a caso si prepara a chiedere all’Ue più flessibilità per una manovra espansiva in autunno. Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, intervistato dalla Stampa, chiede a Bruxelles maggiori sconti sul deficit anche per creare le condizioni indispensabili per la crescita, che dovrà ripartire necessariamente – come ha osservato ieri il ministro delle Infrastrutture Del Rio – con investimenti in opere pubbliche e riqualificazione degli edifici.
(com.unica, 13 agosto 2016)