Donald Trump e il senso del potere
Il nuovo presidente americano e l’economia: saprà mantenere le promesse fatte in campagna elettorale? Un’analisi di Robert J. Shiller, Premio Nobel e professore di Economia alla Yale University.
Il neo Presidente americano Donald Trump ha fatto una campagna elettorale fondata in parte sulla proposta di tagliare drasticamente le tasse a coloro che percepiscono un reddito elevato, una fascia di persone che spesso ha anche un’educazione elitaria. Eppure il sostegno più entusiasta tendeva a provenirgli da coloro con reddito medio e senza prospettive di crescita, nonché un basso livello di istruzione. Come si spiega tutto questo?
La vittoria di Trump appare chiaramente derivare da un senso di impotenza economica, o dalla paura di perdere potere, diffusi tra i suoi sostenitori. Per loro, il suo semplice slogan, “rendere l’America di nuovo grande”, risuona come “rendere TE di nuovo grande”: il potere economico sarà dato alle masse, senza nulla togliere a chi ha già raggiunto il successo.
Coloro che si trovano sul versante negativo della crescente disuguaglianza economica in generale non vogliono politiche pubbliche che assomiglino ad elemosine. Essi in genere non vogliono che il governo renda il regime fiscale più progressivo, con l’imposizione di pesanti tasse sui ricchi, per dare i soldi a loro. La ridistribuzione appare umiliante. Essa sembra contrassegnata dal fallimento. Trasmette una sensazione di instabilità. Ci si sente come intrappolati in un rapporto di dipendenza, che potrebbe crollare da un momento all’altro.
I disperatamente poveri possono accettare l’elemosina, perché sentono di doverlo fare. Ma coloro che si considerano almeno della classe media, non desiderano niente che abbia il sentore di carità. Al contrario, essi vogliono che gli venga restituito il loro potere economico. Vogliono avere il controllo della loro vita economica.
Nel ventesimo secolo, i comunisti avevano politicizzato la disuguaglianza economica, ma si erano assicurati che il loro programma non fosse in alcun modo interpretato come la creazione di elemosine o carità per i meno fortunati. Era di fondamentale importanza per i comunisti prendere il potere con una rivoluzione, attraverso la quale i lavoratori si sarebbero uniti, avrebbero agito, e si sarebbero sentiti legittimati a detenere il potere.
Anche i sostenitori di Trump chiamano il suo trionfo una rivoluzione, sebbene la violenza – almeno in campagna elettorale – si sia limitata ad ingiurie ed insulti. A quanto pare, è stata comunque tanto odiosa da ispirare quei sostenitori che considerano l’aggressività un segno di potere.
Certo non solo in America la gente desidera un senso di realizzazione professionale, piuttosto che semplicemente i soldi per vivere. In nessun paese in genere sembra giusto rispondere alla crescente disuguaglianza economica con l’imposizione di pesanti tasse sui ricchi ed il trasferimento del denaro agli altri. Ciò appare come un cambiare le regole alla fine del gioco.
Nel loro recente Taxing the Rich: A History of Fiscal Fairness in the United States and Europe, Kenneth Scheve di Stanford e David Stasavage della New York University utilizzano due secoli di dati sulle aliquote fiscali e sulla disuguaglianza di reddito per esaminare i risultati in 20 paesi. Essi hanno scoperto che i governi avevano poca o nessuna propensione a rendere le tasse più progressive all’aumentare delle disuguaglianze a lordo delle imposte.
Katherine Cramer, autrice di The Politics ofResentment, ha acquisito una migliore comprensione riguardo a questo esito nel Wisconsin, dove, come Trump, il governatore dello stato, Scott Walker, è diventato popolare tra gli elettori della classe operaia. Dopo essere stato eletto nel 2010, Walker ha tagliato le imposte sui redditi più elevati, si è rifiutato di aumentare il salario minimo statale al di sopra del minimo federale, ed ha respinto gli scambi di assicurazione creati nel 2010 dalla sottoscrizione della riforma sanitaria da parte del presidente Barack Obama, di cui potrebbero beneficiare le persone a basso reddito. Walker, invece, ha promesso misure in grado di togliere potere ai sindacati, azioni di solito percepite come suscettibili di abbassare il reddito della classe operaia.
Cramer ha intervistato gli elettori rurali della classe operaia nel Wisconsin, cercando di capire perché hanno sostenuto Walker. I suoi intervistati hanno posto l’accento sui loro valori rurali e l’impegno per il duro lavoro, fonte di orgoglio personale e di identità. Ma hanno anche sottolineato il loro senso di impotenza nei confronti di coloro che considerano ingiustamente avvantaggiati. La studiosa ha concluso che il loro sostegno per Walker, nell’evidenza del declino economico, ha rispecchiato la rabbia e il risentimento estremi nei confronti delle persone privilegiate delle grandi città, che, prima di Walker, li avevano ignorati, se non per tassarli. E le loro tasse sono andate, in parte, a pagare l’assicurazione sanitaria e piani pensionistici dei dipendenti statali, i benefici che essi stessi spesso non potevano permettersi. Essi volevano quel potere e quel riconoscimento, che Walker sembrava offrire loro.
Questi elettori sono anche quasi certamente preoccupati per gli effetti del rapido aumento delle tecnologie informatiche rispetto a posti di lavoro e redditi. Le persone economicamente di successo di oggi tendono ad essere gli esperti di tecnologia, non quelli che vivono nel Wisconsin rurale (o in qualunque altro posto simile). Questi elettori della classe operaia sentono ridursi l’ottimismo economico; eppure, poiché ammirano la propria gente e difendono i propri valori, vogliono rimanere dove sono.
Trump parla la lingua di questi elettori; ma le sue proposte fino ad oggi non sembrano affrontare il problema del sotteso spostamento di potere. Egli pone l’accento sul taglio delle tasse nazionali, cosa che egli afferma potrà scatenare una nuova ondata di imprenditorialità, e sulla rinegoziazione degli accordi commerciali in senso protezionistico, per mantenere posti di lavoro in America. Ma è improbabile che tali politiche spostino potere economico verso quanti hanno avuto relativamente minor successo. Al contrario, gli imprenditori possono sviluppare anche modi più intelligenti per sostituire posti di lavoro con computer e robot, e il protezionismo può generare ritorsioni da parte di partner commerciali, instabilità politica e, in ultima analisi, forse anche guerre calde.
Per soddisfare i suoi elettori, Trump deve trovare il modo di ridistribuire il potere sul reddito, non solo il reddito in sé, e non solo mediante tasse e spesa. Egli ha espresso solo idee limitate a questo proposito, come sovvenzionare la scelta della scuola per migliorare l’istruzione. Ma potenti forze economiche come l’innovazione tecnologica e la riduzione dei costi di trasporto a livello mondiale sono state tra i principali fattori di crescente disuguaglianza in molti paesi. Trump non può cambiare questa realtà.
Se coloro che non hanno le competenze richieste dall’economia attuale rifiutano interventi ridistributivi, è difficile capire come Trump possa riuscire a farli stare meglio. Sembra altamente improbabile che la rivoluzione di Trump, così come è stata presentata finora, possa fornire ciò che i suoi sostenitori vogliono veramente: un aumento del potere economico dei lavoratori.
Robert J. Shiller, Project-Syndicate 23 novembre 2016