“La paura e l’odio si nutrono dello stesso cibo”
Una recente intervista a La Stampa del filosofo Bauman, scomparso oggi all’età di 91 anni: la xenofobia in Europa e negli Stati Uniti figlie della nostra cronica incertezza.
La paura è il demone più sinistro del nostro tempo», ammoniva già anni fa il filosofo polacco Zygmunt Bauman. A guardare il mondo occidentale, che dagli Usa all’acciaccata Europa, pare aver ceduto alle pulsioni più rabbiose quasi si fosse «mediorientalizzato», gli spettri evocati dal teorico della società liquida nonché una tra le menti più acute del pensiero contemporaneo assumono dimensioni epiche.
Dallas ma anche gli episodi xenofobi ripetutisi nel Regno Unito dopo la Brexit e, nell’Italia porto dei migranti, il rifugiato nigeriano ucciso a Fermo. Professor Bauman, stiamo passando dall’età della paura a quella dell’odio?
«Non c’è alcun passaggio dalle paure nate dalla nostra cronica incertezza all’esibizione di odio a Dallas o ai mini pogrom avvenuti dopo la Brexit nelle strade inglesi: sono contemporanei, solo di rado li sperimentiamo separatamente. Paura e odio hanno le stesse origini e si nutrono dello stesso cibo: ricordano i gemelli siamesi condannati a trascorrere tutta la vita in compagnia reciproca: in molti casi non solo sono nati insieme ma possono solo morire insieme. La paura deve per forza cercare, inventare e costruire gli obiettivi su cui scaricare l’odio mentre l’odio ha bisogno della spaventosità dei suoi obiettivi come ragion d’essere: si rimpallano a vicenda, possono sopravvivere solo così».
C’è consequenzialità tra la diffusione dell’«hate speech» (incitamento all’odio) e le nuove tensioni etniche e razziali?
«La loro coincidenza non è casuale ma neppure predeterminata. Come ogni alleanza è una scelta politica. Per quanto stiamo vivendo la scelta è stata dettata dalla simultaneità di due fenomeni. Il primo, individuato dal sociologo tedesco Ulrich Beck, è la stridente discrepanza tra l’essere stati assegnati a una “situazione cosmopolita” in assenza di una “consapevolezza cosmopolita” e senza gli strumenti adatti a gestirla. Il conseguente scontro tra strumenti di controllo politico territorialmente limitati e poteri extraterritoriali incontrollabili e imprevedibili ha prodotto la “deregulation” multi-direzionale delle condizioni di vita e ha saturato le nostre esistenze di paura per il futuro nostro e dei nostri figli. Quella paura era e resta una trinità avvelenata, l’incontro di tre sentimenti ossessionanti, ignoranza, impotenza e umiliazione. I poteri distanti e oscuri che ci condizionano vanno al di là del nostro sguardo e della nostra influenza, così come le nostre paure si muovono tra forze che siamo incapaci di addomesticare o contenere. Se non sappiamo respingere queste forze che minacciano tutto quanto ci è caro, non potremmo almeno tenerle a distanza, interdire loro l’accesso alle nostre case e ai luoghi di lavoro?».
Non potremmo, professore?
«L’afflusso massiccio e senza precedenti di rifugiati è il secondo fenomeno a cui accennavo e ha contribuito a dare a questa domanda una risposta credibile e “di buon senso” seppure falsa e fuorviante, una risposta elevata a rango di dogma da aspiranti politici che vi annusano la chance di un forte sostegno popolare. È balsamo per le anime tormentate: le paure senza sbocco e perciò tossiche non possono riversarsi sulle loro vere cause – forze poderose e così distanti da essere immuni al nostro risentimento – ma possono facilmente e tangibilmente rovesciarsi su chi appare e si comporta da straniero, dagli ambulanti ai mendicanti. Le aggressioni etniche e razziali sono la medicina dei poveri contro la propria miseria. La loro efficacia si misura non dal fatto che risolvano la fragilità della vita ma dal dare temporaneo sollievo al tormento psicologico dell’impotenza e dell’umiliazione».
La paura, certo. Ma non hanno responsabilità anche la diffusione delle armi in Usa, l’inanità europea sui migranti, Internet?
«Queste non sono cause: facilitano, anche molto, le azioni che quelle cause producono. Internet e i “social” possono servire altrettanto efficacemente all’inclusione come all’esclusione, al rispetto e al disprezzo, all’amicizia e all’odio. La responsabilità di scegliere ricade direttamente sulle nostre spalle di navigatori. Possiamo usare lo stesso coltello per tagliare pane o gole: a qualsiasi uso lo destini, chi lo tiene lo vuole affilato. Il web affila gli strumenti ma noi ne scegliamo l’applicazione».
È ancora «sonno della ragione»?
«Come diceva il filosofo tedesco Leo Strauss, ci sono sempre stati e ci saranno sempre degli inattesi cambiamenti di punto di vista che modificano radicalmente il sapere precedente: ogni dottrina, per quanto definitiva sembri, sarà prima o poi soppiantata da un’altra. L’hanno già detto altri, il tribalismo è la risposta al perché le differenze tra gruppi della popolazione siano sempre ridotte a un rapporto inferiore/superiore».
(Francesca Paci/La Stampa, 22 luglio 2016)