Il sogno matto e la guerra solitaria di un ardito cavaliere errante
Il 16 gennaio 1605 venne pubblicata la prima parte del celebre romanzo spagnolo Il Fantastico Cavaliere Don Chisciotte della Mancha (El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha) di Miguel de Cervantes Saavedra.
Nel Don Chisciotte, opera letteraria immortale del periodo d’oro della cultura spagnola, Cervantes coniuga elementi del romanzo epico-cavalleresco con quelli più tipicamente picareschi, legati al mondo della gente più povera, umile, diseredata, costretta ad arrangiarsi e a sopravvivere con ogni mezzo. L’autore stesso ebbe un’esistenza avventurosa e travagliata – fu militare di carriera, fu catturato dai corsari, conobbe la schiavitù e il carcere ad Algeri – e scrisse la maggior parte delle sue opere in età matura, quando raggiunse una certa tranquillità. Egli aggregatosi alla flotta cristiana, a ventiquattro anni partecipò alla battaglia di Lepanto contro i Turchi, di ritorno dalla quale fu ricoverato all’ospedale di Messina per le ferite riportate e la perdita dell’uso della mano sinistra. Sembra che abbia lavorato alla prima stesura del Don Chisciotte durante la convalescenza.
Il pretesto narrativo da cui partì il romanzo fu il ritrovamento da parte di Cervantes al mercato di Toledo di un manoscritto in arabo dello storico musulmano Cide Hamede Benengeli, in cui erano narrate le vicende di Alonso Quijana, un hidalgo ossessionato dalla lettura dei romanzi cavallereschi. Nella storia, Alonso, alto, magro, con baffi spioventi e occhi sognanti, finisce per perdere il senso della realtà e viene travolto da una sorta di pazzia. Le sue fantasticherie presero corpo: dopo aver assunto il nome di Don Chisciotte della Mancha e indossato armi arrugginite – un elmo ricavato dal catino di un barbiere e una spada con l’elsa di cartone – in sella ad un cavallo vecchio e malandato ribattezzato Ronzinante, lasciò la sua casa per vivere come un cavaliere errante, pronto a difendere i più deboli. Trascinò nella sua follia Sancho Panza, un contadino del posto piccolo e grassottello, amante del cibo e assolutamente legato alle cose concrete, che nominò suo scudiero e dedicherà le sue imprese a una dama, una semplice contadina, forse una prostituta, che lui trasfigurerà in una gran signora, Dulcinea del Toboso. Si fece ordinare cavaliere da un oste di campagna, che ai suoi occhi appariva come il signore di un castello. Dopo alcune disavventure – in cui scambiò i mulini a vento per giganti dalle braccia rotanti, i burattini con i demoni e un gregge di pecore per un esercito arabo – tornò a casa, dove gli amici cercarono di farlo rinsavire bruciando tutti i romanzi cavallereschi in suo possesso, causa della sua follia. Don Chisciotte imperterrito si rimise in viaggio con il fedele Sancho e si avventurarono in altre situazioni da cui uscirono inevitabilmente malconci. Alla fine venne indotto ad abbandonare l’esistenza del cavaliere errante con uno stratagemma: un amico si finse il Cavaliere Della Bianca Luna e lo sfidò a duello. Lo sconfisse e gli impose di deporre le armi. Don Chisciotte si ammalò per la bruciante disfatta, tuttavia si ravvide e rientrò in sé. Morì poco dopo, serenamente, nella sua casa esclamando : “io sono nato per vivere morendo!”.
Don Chisciotte potrebbe sembrare un eroe comico, in realtà è una figura pervasa di malinconia, un personaggio generoso e di nobili sentimenti, che incarna il problema di fondo dell’esistenza, la lotta eterna degli uomini contro la realtà che infrange i sogni e i progetti. La sua battaglia è destinata alla sconfitta, finisce spesso malmenato, umiliato, deriso, ma i valori di lealtà, coraggio e fedeltà per i quali si batte a tutti i costi fanno di lui un vero eroe. Ne è una prova la straordinaria fortuna con cui è stato accolto il romanzo da lettori di ogni tempo e di ogni Paese. L’opera ha inoltre ispirato numerose composizioni musicali e trasposizioni cinematografiche.
Cervantes volle in un certo senso ridicolizzare i romanzi cavallereschi, soprattutto quelli di importazione francese che tanto avevano successo in Spagna. Gli eroi dei romanzi venivano esaltati in maniera illogica e incomprensibile, quando la stessa attenzione non veniva data ai soldati reali, spesso abbandonati a sé stessi, non riconosciuti nel loro valore, poveri e dimenticati da tutti. La leggenda vuole che lo stesso Cervantes abbia trascorso gli ultimi anni della sua vita in prigione per non aver potuto pagare alcuni debiti e che proprio in carcere abbia scritto il Don Chisciotte.
(Nadia Loreti, com.unica 16 gennaio 2017)