Berlino e Bruxelles non perdono il vizio di dare ordini all’Italia
Alta tensione sui veicoli di Fca e sulla richiesta di una manovra correttiva da 3,4 miliardi. La risposta di Delrio e di Padoan.
Lite tra Italia e Germania sul caso delle emissioni inquinanti dei veicoli di Fca. Berlino ha chiesto al gruppo italiano di ritirare dal mercato tre modelli (500X; Jeep Renegade e Doblò). Bruxelles ha rincarato la dose invitando il governo a fornire “risposte convincenti” pena una procedura di infrazione. Secca la risposta del ministro del Trasporti Graziano Delrio: “Non si danno ordini a un Paese sovrano, sono accuse irricevibili”. Anche dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda la risposta è stata molto dura: “La Germania pensi a Volkswagen”. Ieri, dose rincarata. Con un messaggio anche per la Ue che ha rilanciato l’avvertimento: Bruxelles «attende dal 2 settembre risposte convincenti», se non arriveranno «in tempi brevi» scatterà la procedura d’infrazione. “Come noi non abbiamo detto niente su Volkswagen, dobbiamo richiedere ed esigere la regola del rispetto – ribadisce Delrio al Tg1. Non si danno ordini a un Paese sovrano, non accettiamo imposizioni per le campagne elettorali altrui. Queste sono le relazioni tra buoni vicini che si rispettano, noi non abbiamo niente da nascondere, per questo i dati sono a disposizione della commissione europea che ha messo in piedi una camera di mediazione”.
Da Bruxelles arriva anche il richiamo sui conti pubblici con la richiesta di una manovra correttiva da 3,4 miliardi. Fonti del ministero dell’Economia avrebbero già avviato una trattativa con l’Ue per evitare una procedura di infrazione. Il ministro Pier Carlo Padoan non si sbilancia: “Manovra bis? Vedremo se sarà il caso di prendere misure ulteriori per rispettare gli obiettivi – dice – Ma la via maestra per abbattere il debito è la crescita: e questa resta la priorità del governo” ha detto ieri a SkyTg24. «Siamo impegnati a discutere con la Ue e siamo disponibili a mettere in atto le misure necessarie» a evitare una procedura d’infrazione sul debito ma «senza mettere a rischio la crescita con misure restrittive» ha ribadito il viceministro dell’Economia Enrico Morando al Sole 24Ore, che ha aggiunto: si tratta non di «manovra correttiva» ma di «misure di aggiustamento, senza penalizzare la crescita e senza ostacolare il contrasto alla povertà e all’eccesso di disuguaglianze». Una posizione confermata dal ministro degli Esteri, Angelino Alfano, che ha dichiarato: «Non c’è la disponibilità a fare una manovra che comprima o deprima la crescita, che è il bene essenziale al quale stiamo rivolgendo tutta l’attenzione».
Quasi a confermare le tesi di Bruxelles ieri è arrivato anche il rapporto del Fondo monetario internazionale, che ha tagliato le stime di crescita per l’Italia: +0,7% nel 2017 e +0,8% nel 2018. Il governo aveva previsto +1% e +1,1%. Il Fondo ha invece confermato le stime di crescita mondiali per il 2016 e il 2017. Il Pil globale crescerà quest’anno del 3,4%, per accelerare nel 2018 a +3,6%. L’istituto ha rivisto al rialzo le stime per le economie avanzate, che cresceranno quest’anno dell’1,9%, 0,1 punti percentuali in più rispetto alle stime precedenti, e nel 2018 del 2,0%, +0,2 punti percentuali.
(com.unica, 17 gennaio 2017)