La lunga (e misteriosa) storia degli Statuti di Anticoli
È stata annunciata a Fiuggi, ad opera di una benemerita istituzione culturale locale, la scoperta di una copia degli antichi Statuti Anticolani (1410) coevi della Menorah di Via del Macello nel ghetto ebraico della città. Si tratta di una copia (forse seicentesca), da noi già visionata nel marzo 2012, conservata nella Biblioteca del Senato dal gennaio 1972, colà pervenuta, si dice in forma anonima, e mai catalogata.
Il documento originale è scomparso da Fiuggi da tempo immemore come è scomparsa la loro trascrizione, passata per le mani del notaio Floridi e don Celestino Ludovici. Il parroco emerito di San Pietro ne conservava solo alcune paginette (trascritte dalla copia detenuta dalla famiglia Verghetti) riguardanti le regole per le feste dei santi e le regole disposte per la gestione del mercato, riportate poi nel suo “Storia di Anticoli”.
Nella tarda prossima primavera la Fondazione Levi Pelloni racconterà la “bizzarra storia” di questo documento che avrebbe infiammato la penna di Umberto Eco, in un convegno presso la Biblioteca Angelica di Roma in occasione dell’uscita della seconda edizione di “Storia di Anticoli” di don Celestino Ludovici.
Gli Statuti Anticolani
Di notevole rilievo nella storia di Anticoli sono gli Statuti, quelle norme, cioè, che ne regolarono la vita civile, religiosa e le attività. I primi Statuti di Anticoli risalgono al 1410 come conferma Stefano Porcari, il cospiratore contro il governo papale, impiccato a Castel Sant’ Angelo, il 9 gennaio 1453, per ordine di Nicolò V 159. Stefano Porcari era Rettore della provincia di Campagna e Marittima, per volontà di papa Nicolò V e risiedeva a Ferentino. Il 15 febbraio 1448, egli, quale “rector generalis Campaniae et Marittimae pro Sancta Romana Ecclesia” approvava e sanzionava gli Statuti del Comune ed Università di Anticoli. Ci è stato possibile rinvenire presso la famiglia Verghetti di Fiuggi, che ne è la proprietaria, una copia cartacea del “Liber Statutorum
Terrae Anticuli in Campaniae apud Hernicos”. Tale copia, che non porta data, dovrebbe essere la riproduzione delle originali pergamene, andate distrutte nell’incendio dell’Archivio Comunale, avvenuto sulla fine del secolo XV.
Il libro degli Statuti anticolani incomincia con una invocazione alla SS. Trinità“In nomine Sanctissimae et Individuae Trinitatis”.
Il libro degli Statuti è suddiviso in 5 parti o libri.
Il 1° libro “Tabula mercedis” prende il titolo dalla prima norma ed ha con le sue 29 rubriche carattere amministrativo, essendo diretto a disciplinare la nomina e le funzioni del Vicario, dei vari alfierali, quali i Sindacatori del Vicario, il Sindaco, gli Statutari, il Camerario, i Comistrabili, i Terminatori.
Il 2° libro “de ufficio custodum”, che trae la sua denominazione dal contenuto della prima norma in esso compresa, si compone di 87 rubriche e disciplina la custodia e la manutenzione delle mura, delle porte, delle strade, la conservazione delle piantagioni e dei pascoli, il divieto di provocare incendi e altro ancora.
Il terzo libro “De tabernis”, suddiviso in 61 rubriche, riguardava la vendita delle merci, del vino nelle taverne, dell’olio, del pesce, delle carni nei macelli. Si occupa dei mulini e della mulinatura, nonché dello svolgimento del mercato in genere, dei pesi e delle misure163.
Il 4° libro “Causarum Criminalium” è costituito da 68 rubriche e tratta delle cause criminali, cioè dei delitti e delle procedure penali.
Il 5° “Causarum Civilium”si compone di 19 rubriche e tratta delle cause civili, relative a danni arrecati ai beni altrui, delle relative responsabilità e del processo civile in genere.
Il Codice e ciascuna delle norme statutarie porta in calce la “confirmatio”, contenente una serie di atti notarili, che sanziona l’autenticità e l’esecutorietà.
Gli antichi Statuti a cura di Stefano Porcari, per incarico di Nicolò V, ricevettero approvazione ed esecutorietà in Ferentino, il 22 maggio 1466 ad opera di Giovanni Battista De Marco, divenuto rettore della provincia di Campagna e Marittima, dopo la morte di Porcari.
Riportiamo di seguito la formula di approvazione al Liber Statutorum:
In nomine Domini. Amen.
Infrascripta Statuta et Ordinanza, seu plebiscita Communis et Universitatis Castri Anticuli, edita in parte, ac reformata de licentia, auctoritate et decreto Mag.ci D. Stephani Porcarij, Equitis Romani Provinciarum Campaniae et Maritimae pro Sancta Romana Ecclesia, et SS. D.N.D. Nicolao, divina Providentia, Papae Quinti Rectoris generalis ex deliberazione Consilij, ac adunantia dictae Universitatis per infrascriptos probos viros Nandrum Petrollum, Alexandrum Ciarletti Sindacum, Dominicum Philippi, Colam Andream Blasi, et Andream Cole Valli Commestrabilis, nec non reformatores de consensu, assensu, ac etiam voluntate Nobilis set Circumspecti Viri Notarij Antonij Not. Nicolai de Verulis pro Sancta Roma Ecclesia et praedicti SS.
Papae Vicarj dicti Castri Anticoli ad honorem statutum pacificum et tranquillum praedicti Domini Nostri Papae, et eius in officio canonice protestatione praemissa, quod si aliquid infrascriptorum reperiretur portasse secus praedicta, vel aliter ordinatis, quod ex nunc prout, ex tunc nullius esista roboris innitiatis et pro non editis habeatis166.
Datum Ferentini 22 maii 1466. Ioannes Baptista de Marco.
Dallo Statuto sappiamo che il Vicario esercitava il governo di Anticoli insieme ad altri ufficiali. Ciascuno con incarico distinto e dovevano collaborare con lui al buon governo di Anticoli.
Le feste dettate dalla Statuto di Anticoli
Nel libro degli Statuti Anticolani, inoltre, vi è riportato l’elenco completo delle feste che il popolo di Anticoli doveva osservar. Quelli che venivano meno all’osservanza di queste feste comandate dello Statuto venivano multati con 12 denari. Da questo elenco veniamo a sapere che oltre i giorni festivi del Signore, della Vergine, degli Apostoli ed Evangelisti, lo erano anche gli anniversari dei Santi titolari delle Chiese anticolane. Questi i santi contenuti nell’elenco: San Martino, San Silvestro, San Domenico, Sant’Antonio abate, Santo Stefano, Dedicazione dell’antica Chiesa di San Pietro, San Sebastiano, Sant’ Eleuterio, San Rocco, San Giovanni Battista, San Michele, San Giorgio, San Marco e Marcelliano, San Biagio , San Lorenzo, San Nicola, Santa Caterina, San Leonardo, Santa Lucia il cui culto era ed è tuttora nella chiesa collegiata di San Pietro, Conversione di San Paolo, Sant’Agata.
Il 31 agosto 1492 Alessandro VI dei Borgia concedeva in feudo Anticoli al cardinale Ascanio Sforza e questi riformò, confermò ed approvò, a nome del nome del Papa, gli Statuti al Castello di Anticoli, il 26 giugno 1503.
Riportiamo di seguito la formula di riforma, di conferma e approvazione del “Liber Statutorum”:
Riformatio super electionem officialium Communis Castri Anticoli fraus committratis, nec suspicio aliqua lis inter civis oriatur, Statutum, Decretum deliberatum et ordinatum fuit per egregios viros deliberatum Ioannis Cole Felicem Antonii et Ioannem Ioannis Iuliae communiter in publica audentia castro praedicta pro Ill.mo et Rev.mo in Cristo Pred., et D.D. Ascanio Maria Sforza Cardinali vice comite S.R. Ecclesia Vice Cancellario D.mo, et perpetuo commendatario Castri Anticoli. Quod statuarij nunc electis et in futurum eligenti non possint, nec valeant eligere aliquos officiales in ipso Castro, nisi et duntaxat semel tantum pro semestre, Statuto aliquo in contrario loquente non abstante.
Suprudictum Statutum in omni eius parte approbo et confirmo, ego Petrus comis Bonomensis pro Ill.mo et Rev.mo in Christo Patris D.D. Ascanio Maria Cardinalis Sforza vice-comite S.R. Ecclesiae vice-cancellario commistarius et in fidem manu propria me subscrispsi ac sigillum meum apposui.
Nos Franciscus et S. Cecilia presbiter cardinalis Cusentinus, ac Ill.mi D. Ioannis Ducis Nipesinos Tutor supradictum Statutum iuxta illius seriem, et tenorem per praesentes confirnmamus, approbamus et observari mandamus contrariis non abstantibus quibuscunque. Datum Romae in Palatio Apostolico, die 26 Iunii 1503: Pontificatus Domini nostri Alexandri Papae VI.
Ita est: Petrus Cardinalis Cosentinus Tutor. Manu propria.
Gen:Fulcinos Segretaris.
Nel Medioevo per Statutum si intendeva quella norma o serie di norme sancite dagli “organi costituzionali” in vigore all’epoca e nei singoli territori. Una serie di regole giuridiche che disciplinavano molteplici aspetti della vita quotidiana, sia nell’ambito pubblico che privato. Erano così regolamentati comportamenti e situazioni, cariche ed istituzioni, nonché previste pene per i trasgressori.
La legislazione statutaria dei Comuni e, conseguentemente la loro autonomia normativa, rappresentò un fenomeno di proporzioni vastissime e raffigurò la più celebre forma di codificazione dello “ius proprium”. Ogni Comune fu il risultato dell’evoluzione vissuta dalle singole collettività nei secoli anteriori e presentò caratteri di originalità: il Comune si poneva come ente autonomo, titolare di potere normativo e lo statuto fu definito come il diritto proprio di ciascun popolo. Città comunali, ma anche feudi signorili disponevano di statuti. In quest’ultimo caso anziché le magistrature cittadine erano gli stessi feudatari che le promuovevano. In genere disciplinavano in dettaglio situazioni comunemente diffuse e che interessavano la comunità.
Gli statuti quindi differivano da una località all’altra. Rappresentavano, dal punto di vista giuridico, una specificazione o un dettaglio rispetto allo ius commune, come era definito il diritto romano, inteso come normativa di applicazione generale e non speciale. Tale corpus, tuttavia, ispirava gli stessi statuti che, comunque, potevano prevalere sulla normativa generale. Lo Statuto continuò a trovare applicazione nella prassi negoziali e contrattuali e fu oggetto di riforme ed adattamenti ancora in pieno Settecento. In seguito alla loro completa abrogazione, attuata con l’introduzione dei codici napoleonici,gli statuti riacquistarono efficacia, almeno per brevi periodi, in alcuni stati italiani della restaurazione, in particolare Regno di Sardegna e Stato Pontificio.
Va a questo punto ricordato il ferentinate Antonio Floridi, notaio, giudice e giureconsulto, nato nella seconda metà del XV secolo, quale compilatore degli Statuti del libero Comune di Guarcino, confermato da Leone X il 12 giugno 1513, di Colonna e di Anticoli di Campagna. La carta statutaria di Colonna, Statuta castri Golumnae venne redatta nel 1510 su volere di Camillo Colonna ed inizia con un’ampollosa prolusione scritta in un latino estremamente raffinato.
Sono divisi in tre parti: Libri civilium causarum; Libri dannorum datorum; Libri maleficiorum; la seconda e la terza sono precedute da brevi cenni sulla necessità della punizione.
Lo Statuto di Anticoli di Campagna presenta molte affinità con quello colonnese, dato che entrambi si riferivano a terre feudali. L’enfiteusi del castello di Anticoli fu acquistata dai Colonna nel 1517 per 2500 ducati d’oro e sarebbe restata in loro possesso feudale fino al 1816.
Le maggiori peculiarità delle norme contenute nello Statuto anticolano sono dovute al fatto che riguardano una terra spesso data in concessione dalla Camera Apostolica a titolo vicariale, enfiteutico e feudale, e differiscono quindi da quelle dei liberi Comuni, chele norme “expulsa baronum”, cioè quelle volte ad allontanare dal paese coloro che avessero avuto intenzione di attentare alle libertà comunali. I concetti di autonomia e di libertà per i liberi Comuni laziali, e in tono minore anche per “l’Universitas civium Anticolana”, erano così radicati che veniva proibito ai Vicari e ai Podestà di affiggere stabilmente le insegne della loro autorità e del loro casato, a differenza di quanto avveniva nei Comuni toscani o umbri.
(com.unica 4 febbraio 2017 – dal libro “Storia di Anticoli” di don Celestino Ludovici)