Ce lo chiede l’Europa: Italia e Grecia ancora nel mirino di Bruxelles
La Commissione Ue, scrive oggi Repubblica, avrebbe chiesto all’Italia di approvare subito, entro il 22 febbraio, una parte della manovra correttiva da 3,4 miliardi. Tra dieci giorni, infatti, verrà pubblicato il rapporto sul debito italiano e, senza un segnale concreto, potrebbe scattare la procedura d’infrazione. L’ex premier Matteo Renzi ha chiamato Pier Carlo Padoan per invitarlo alla direzione del Pd di lunedì. Contestualmente ha chiesto al ministro dell’Economia di non cedere alle richieste di Bruxelles e di non mettere nuove tasse (La Stampa). I fulmini dei fedelissimi dell’ex premier si scaricano però sui funzionari del Mef, sottolinea ancora il quotidiano di Torino. “Al Mef non aspettavano altro che aumentare le tasse, durante i mille giorni sono stati compressi nella loro iniziativa, per tre anni hanno provato ad alzare l’iva e sono stati respinti al mittente”, ironizzano. Ed invece la soluzione non sono né nuove accise né una manovra da 3,5 miliardi: prima si tratta per ottenere una correzione dell’0,1, invece dell’0,2, poi l’1,5 miliardi che restano, è il ragionamento del Pd, si possono facilmente ottenere senza manovra con il recupero dell’evasione e alla luce dei dati finali del pil che potrebbero riservare, sono convinti al Nazareno, sorprese positive.
Sui conti italiani si è fatto sentire anche il numero uno della Banca centrale tedesca Jens Weidmann che ha attaccato ancora: “Su deficit e competitività ha deluso le aspettative”. Segnali positivi per l’economia italiana arrivano dai dati sulla produzione industriale che a dicembre fanno segnare un +6,6%. Guardando ai dati dell’intero anno corretti per gli effetti di calendario (+1,6%) si registra una crescita del 3,7% per i beni strumentali mentre per i beni al consumo la variazione è nulla.
Intanto si è sbloccata la trattativa tra i creditori internazionali e la Grecia. Ue e Fmi hanno trovato una posizione comune e hanno chiesto al governo di Tsipras un nuovo piano di interventi da 3,6 miliardi. Atene per ora prende tempo ha rifiutato perentoriamente altre misure di austerity su pensioni e livello di esenzione dalle imposte e ha definito le proposte del Fmi «assurde» e «non democratiche». Sono così emerse – scrive il Sole 24Ore – profonde divisioni non solo tra eurozona e Fmi ma anche all’interno dello stesso comitato esecutivo del Fondo monetario a Washington, sempre tra europei e resto del mondo. Quanto ai ministri delle Finanze dell’eurozona sono sempre più sotto pressione per trovare un’intesa alla loro prossima riunione del 20 febbraio.
(com.unica, 11 febbraio 2017)