Il giorno dopo l’assemblea del Pd, lo strappo di fatto c’è già ma non si deve dire. Oggi la direzione del partito dà il via al Congresso.

Nonostante l’ultimo tentativo di mediazione – Andrea Orlando dichiara di essere pronto a candidarsi in nome dell’unità – il governatore della Toscana Enrico Rossi annuncia un nuovo gruppo parlamentare di fuoriusciti di sinistra a sostegno di Paolo Gentiloni e la minoranza Pd conferma di disertare la direzione del partito convocata oggi, ma sottolinea: “Non è affatto detto che questo certifichi la scissione: al momento non si può dire nulla perché niente è ancora consumato” (Repubblica). Resta l’enigma del governatore della Puglia Michele Emiliano, che ancora non ha chiarito la sua posizione. Sul Corriere della Sera c’è già un primo elenco di persone pronte a lasciare il Nazareno per la “Cosa Rossa”, a cominciare dai fedelissimi storici dell’ex segretario Bersani: tra gli altri Gotor, Stumpo e Zoggia.

Tra coloro che non vogliono rassegnarsi all’ineluttabile strappo c’è in prima fila Enrico Letta che, in un post su Facebook scrive: “Guardo attonito al cupio dissolvi del Pd. Mi dico che non può finire così. […] Proprio nel momento in cui il nostro Paese appare lacerato e in cerca di nuove ispirazioni per uscire dalle secche nelle quali si trova. Oggi non ho altro che la mia voce, e non posso fare altro che usarla così, per invocare generosità e ragionevolezza. No, non può finire così”. Analoga posizione ha espresso Romano Prodi, fondatore dell’Ulivo e del Pd: “È un suicidio, non posso rassegnarmi: ho fatto decine di telefonate” (Repubblica). Sceglie il silenzio invece Giorgio Napolitano, che del governo Prodi 1 fu ministro dell’Interno. Ma l’ex capo dello Stato non vede spazi per la scissione, non la condivide, non arriva nemmeno comprenderla. Per questo viene considerato uno dei principali sponsor della candidatura di Andrea Orlando alla segreteria, che significa tenere dentro al Partito democratico un profilo e una storia. 

(com.unica, 21 febbraio 2017)

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