Le lettere cruciali tra il filosofo, Tania Schucht e Sraffa originate da “Due mondi” del regista Ewald André Dupont.

Due mondi è un film uscito nella sale italiane nel 1931. Racconta la storia di un amore impossibile. L’autore, l’ebreo tedesco Ewald André Dupont, è un regista famoso. Il film è ambientato durante la prima guerra mondiale in una cittadina occupata dagli austriaci, poi dai russi. Durante la Pasqua si accendono scontri nel quartiere ebraico: tra le vittime c’è Nathan, figlio di un orologiaio. Stanislaus, un tenente mandato a ripristinare l’ordine, salva da uno stupro Esther, sorella di Nathan. Quando i russi riconquistano il paese, il tenente ferito è salvato dalla ragazza, che convince il padre a nasconderlo nel ghetto. I due giovani si innamorano, ma i rispettivi genitori si alleano per impedire il matrimonio. Tatiana (Tania) Schucht, sorella maggiore di Giulia, moglie di Antonio Gramsci, vede il film e si riconosce nella protagonista, uscendone sconvolta.

Riemergono le memorie dell’odio antiebraico sperimentato nell’infanzia. A Gramsci, detenuto in carcere, scrive di essere convinta che l’antisemitismo sia eterno: nessun dialogo fra «i due mondi» le sembra possibile. Gramsci reagisce con durezza, chiamandosi fuori da ogni distinzione, in nome delle sue origini: «Al contrario dei cosacchi, i sardi non distinguono gli ebrei dagli altri uomini». Tania si rivolge per un parere dirimente a Piero Sraffa, antifascista, emigrato a Londra. Sraffa ne approfitta per dire un’altra cosa, di cui Gramsci in carcere non può essersi accorto e cioè la tragedia in cui gli ebrei si stanno avviando nel momento in cui massimo è il loro consenso al regime dopo la legge sui culti ammessi del 1931. Ne scaturisce uno dei triangoli epistolari più rilevanti della cultura italiana del Novecento. Stupisce che gli studiosi di questa corrispondenza non abbiano sentito il bisogno di cercare e, soprattutto, vedere Due mondi. Un film dimenticato. Abbiamo trovato una copia presso la Cineteca Nazionale-Centro Sperimentale di Cinematografia in Roma. La versione italiana – altra scoperta importante – fu adattata per il nostro pubblico da un critico letterario assiduo frequentatore delle sale cinematografiche, Giacomo Debenedetti, che lavorava alla Cines. Lo stesso Debenedetti scrisse con ammirazione di questo film, subito dopo la stesura di Svevo e Schmitz, ebraicamente il saggio suo più controverso. Al suo arrivo a Torino Gramsci aveva abitato in piazza Carlina, cuore del vecchio ghetto cittadino. Forse per questa vicinanza nei Quaderni del carcere troviamo pagine assai importanti dedicate alla storia degli ebrei d’Italia nel Risorgimento.

Dialogando a distanza con Piero Sraffa, ma anche con Arnaldo Momigliano e Cecil Roth, Gramsci rifletterà sul processo «parallelo» che nell’Ottocento aveva reso liberi cittadini della Nuova Italia tanto gli ebrei quanto i sardi, i napoletani, i toscani, i veneti. Di qui, secondo lui, la natura più lieve dell’antisemitismo, rispetto a quello osservato a Vienna o a Mosca. La odierna riscoperta di Due mondi aiuterà a riconsiderare pagine assai dei Quaderni che non sono invecchiate e più in generale servirà a considerare sotto nuova luce il rapporto fra Gramsci e la questione ebraica, troppo in fretta archiviato dagli storici.

Alberto Cavaglion, La Stampa, 27 aprile 2017

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