L’intellettuale fu tra i primi a studiare i film. Ma era dalla parte sbagliata.

Atto primo. Anno 1935, Maurice Bardèche (1907-1998) e Robert Brasillach (1909-1945) pubblicano in Francia un libro per l’epoca assolutamente eccezionale: L’histoire du cinéma. Il libro viene quasi subito tradotto negli Usa, a cura del Museum of Modern Art di New York. Del resto introduce idee potenti, innovative, come quella che poi connaturerà buona parte della storia del cinema francese, del «Regista come artista». Nel 1935 Bardèche e Brasillach sono già chiaramente due intellettuali di destra ma il loro approccio alla questione della cinematografia è tutt’altro che ideologico. Brasillach ha già idee antisemite, giusto per fare un esempio, ma la sua ammirazione per Charlie Chaplin è sincera e totale in un periodo in cui già Céline lo definiva «Il gran pioniere dell’imperialismo ebreo».

Atto secondo. In piena Repubblica di Vichy Brasillach ha assunto posizioni sempre più filotedesche e antisemite. Ne risente pesantemente anche la nuova versione della Histoire du cinéma. Ripubblicata nel 1945, contiene un peana al cinema nazista e un inasprimento delle polemiche razziali. Oltre a riflessioni su come modellare il cinema francese su quello nazionalsocialista. Non saranno queste posizioni, ma le sue delazioni a mezzo stampa a far finire sotto processo e condannare a morte Brasillach dopo la liberazione. Di sicuro però nella damnatio memoriae che ha colpito il capo redattore di “Je suis partout” (rivista simbolo del collaborazionismo coi nazisti) è finita anche questa pionieristica storia del cinema, che all’epoca della prima edizione ebbe un enorme valore culturale. Se ne occupa Claudio Siniscalchi, che insegna Storia e critica del cinema alla Lumsa, nel numero in libreria di Rivista di Politica diretta da Alessandro Campi.

Nel suo articolo Quando l’ideologia invade lo schermo. Histoire du cinéma (1935-1945) di Maurice Bardèche e Robert Brasillach ricostruisce due percorsi di politicizzazione. In primis quello dei due autori della Histoire e poi quello dei critici seguenti che hanno ignorato il valore della prima redazione del testo solo per preconcetto ideologico. Il risultato è una disamina attenta e pacata che riconosce a Bardèche e Brasillach i loro meriti culturali e le loro intuizioni. E anche i loro limiti: faticavano ad esempio a rendersi conto dell’importanza del sonoro che allora era una novità. Indubbiamente però furono i primi intellettuali ad innamorarsi del cinema e a propagandarlo. Si paragonavano a quei primi greci che assistevano ai mitici spettacoli di Tespi, il leggendario inventore del teatro: «Noi conosciamo i Tespi del cinema, e le loro opere. Prima che siano completamente scomparse dalla memoria dei contemporanei, questo libro si sforza di descriverle». E fu uno sforzo pionieristico che non può essere giudicato col senno del poi. Anche se fu un poi veramente infame.

Matteo Sacchi, IL GIORNALE, 27 aprile 2017

Condividi con