Nonostante il fallimento alle urne, dove i Conservatori hanno perso la maggioranza assoluta, Theresa May ha avuto il placet dalla regina Elisabetta per formare un governo di minoranza. Un esecutivo funzionale, ha detto la premier, a “rispettare la promessa della Brexit e dare sicurezza al Paese in questo momento critico”. A sostenere il nuovo governo saranno i dieci parlamentari del Democratic Unionist Party, partito unionista dell’Irlanda del Nord. Fondato nel 1971, il Dup ha posizioni conservatrici rispetto a omosessuali, aborto, clima ed ha fatto campagna per una “soft” Brexit (Guardian). Non darà vita a una vera coalizione con i Tories, ma garantirà loro un appoggio voto per voto: si tratta di n’intesa che si preannuncia precaria e rischiosa per i conservatori secondo molti commentatori.

May per il momento ha riconfermato i ministri chiave del suo precedente esecutivo: Boris Johnson agli Esteri, Amber Rudd agli Interni, Philip Hammond alle Finanze, Michael Fallon alla Difesa e David Davis per la Brexit (Repubblica). Una soluzione a tempo in attesa che i Conservatori trovino un nuovo leader, scrive il Corriere “Theresa May resta al suo posto ma non resta al potere”: la frase di un alto esponente conservatore riassume la situazione al vertice del governo britannico. La premier esce con le ossa rotte da un’elezione che lei stessa aveva voluto per accrescere la sua maggioranza, ma che le si è ritorta contro come un boomerang: le urne hanno restituito un Parlamento in cui nessun partito è in grado di governare da solo. Hubris, avrebbero detto i greci, tracotanza: inesorabilmente punita dal Destino”.  L’esito del voto dovrebbe spingere la premier a ammorbidire la sua posizione su Brexit. Il negoziato continuerà come da programma, ha assicurato May, che però secondo il Financial Times si trova in una posizione di debolezza, in mezzo tra i filo-europeisti e gli euroscettici del suo partito.

L’esito del voto e la conseguente incertezza ha provocato un forte scettiscismo nei mercati, con il crollo della sterlina e una diminuzione dei rendimenti dei titoli di Stato britannici, scrive oggi il Sole 24 Ore. Per Michael Sullivan, cio dell’International Wealth Management del Credit Suisse, l’esito delle elezioni danneggia la posizione del Governo britannico sulla Brexit e questo però potrebbe indurre Londra ad avere un approccio più pragmatico. Dal punto di vista dei conti pubblici, il voto, con la rimonta dei Laburisti, segnala che gli elettori vogliono la fine dell’austerità e forse il vento potrebbe cambiare anche su questioni quali le tasse societarie (che potrebbero salire) e il potere delle grandi multinazionali. La sterlina potrebbe fare da cuscinetto agli shock e se dovesse scendere nella fascia bassa degli 1,20 dollari potrebbe essere attraente. La Borsa non beneficerà necessariamente del calo della valuta, perché ci sono maggiori rischi in vista sulla Brexit e, appunto, sulle tasse. La Banca di Inghilterra, in questo contesto, potrebbe essere più accomodante.

(com.unica, 10 giugno 2017)

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