L’analisi di Adam Smulevich per “Avvenire“. La città si appresta ad accogliere un torneo davvero particolare: le Maccabiadi, le cosiddette “Olimpiadi ebraiche”.

L’ultima suggestione, la più affascinante, è a tinte rosa. E ogni giorno che passa il colore si fa più intenso, una realtà sempre più concreta all’orizzonte. Ancora pochi giorni infatti e si saprà se Gerusalemme sarà davvero la città di partenza del prossimo Giro d’Italia, possibilità trapelata nelle scorse settimane. La volontà politica c’è, e non è poco. Resta da vedere se l’incastro riuscirà, se ci si troverà in modo definitivo d’accordo sulla proposta, se le altre candidature non risulteranno almeno altrettanto degne di attenzione. Ma i segnali che puntano verso il Medio Oriente sono senz’altro incoraggianti.

Città sacra per le tre religioni monoteiste, Gerusalemme è da vari anni anche un punto di riferimento per gli appassionati di diverse discipline sportive. Merito in particolare di un sindaco, Nir Barkat, che coltiva da sempre la passione per l’agonismo e che molte risorse ha investito perché la città più amata e complessa al mondo potesse fregiarsi di questa specificità. Una conferma arriva dalle diverse migliaia di persone che ogni mese di marzo partecipano alla Maratona. Quarantadue chilometri e 195 metri incastonati in un contesto unico, con un suggestivo passaggio anche all’interno della Città Vecchia, che lo stesso Barkat affronta a passo spedito, consapevole della necessità di veicolare un messaggio di impegno e vitalità per una città capace non soltanto di vivere l’eredità del passato ma anche di proiettarsi, coinvolgendo il più possibile le diverse anime che la compongono, verso il futuro.

«Affrontare e gestire i conflitti è la nostra sfida di ogni giorno. Una sfida le cui ricadute sono evidentemente globali» ha sottolineato Barkat in occasione di un suo recente intervento a Roma. Nel solco di questo principio anche la Maratona non si è mai fermata. Persino davanti ad evidenti minacce per l’ordine pubblico, che altrove forse avrebbero impedito il regolare svolgimento di una competizione sportiva. Nel 2011 si corse ad esempio all’indomani di un attentato mortale contro civili israeliani, come se niente fosse successo. In gara quel giorno c’erano anche Aldo e Giovanni del celebre trio comico, entrambi appassionati di podismo. Nel 2015, un altro super testimonial contagiato dalla stessa passione: Gianni Morandi. Mezza maratona per lui, corsa con il consueto piglio e con un largo sorriso sul volto. Per celebrare questa inedita sgambata anche un memorabile “C’era un ragazzo…” improvvisato poche ore dopo nella sinagoga italiana, su richiesta dei presenti.

Ha scelto Gerusalemme anche Simone Pianigiani, l’artefice di pagine indimenticabili nella pallacanestro senese. Il ritorno in patria (all’Olimpia Milano) è stato appena ufficializzato, ma i mesi trascorsi alla guida dell’Hapoel saranno difficili da dimenticare. Un titolo nazionale conquistato al termine di una intensa cavalcata, un rapporto sanguigno instauratosi con la città e la tifoseria. «Da domani sarò per sempre un vostro sostenitore» ha annunciato qualche tempo fa nel corso di una conferenza stampa convocata per chiudere questa pagina. La vittoria del campionato è il primo tassello di un progetto ambizioso.

L’Hapoel punta infatti in un prossimo futuro alla conquista dell’Eurolega, impresa già riuscita più volte al Maccabi Tel Aviv. Mai Gerusalemme si è potuta vantare di un tale onore. Ed è tutto fuorché una speranza remota, complici gli investimenti a monte e l’alto tasso tecnico dei giocatori in rosa. Tra cui Amar’e Stoudemire, che dopo tanti anni in Nba ha puntato su nuove motivazioni.

Gli investimenti sono rilevanti anche per quanto riguarda il ciclismo stesso. Già nell’ottobre 2013, su iniziativa del Giro d’Italia, fu infatti organizzata una Gran Fondo con starter d’eccezione Andrea Bartali. Il figlio del grande Gino, recentemente scomparso, fu coinvolto per legare in modo ideale Sport e Memoria. Due valori che sono al centro di questo nuovo sforzo, con vista anche sullo Yad Vashem. Dal 2013 il ciclismo ha fatto passi da gigante in Israele. E nata ad esempio una squadra professionistica, la Israel Cycling Academy, che oltre a partecipare ad alcuni giri minori si è imposta all’attenzione dell’opinione pubblica per disparati motivi. Tra questi, un rapporto fortissimo con la vicenda di Ginettaccio campione di umanità. Merito del giovane team manager, Ran Margaliot, che ha voluto che i suoi ragazzi percorressero (sia nel 2016 che nel 2017) la strada del coraggio. E cioè il tratto tra Firenze e Assisi che Bartali affrontò sulla sua bici, più volte, per portare assistenza e documenti falsi agli ebrei braccati dal nazifascismo.

Sono valori forti quelli testimoniati anche da un’altra esperienza che nasce a Gerusalemme. Il locale Roma Club calcistico porta infatti avanti da anni progetti nel segno dell’inclusione, che coinvolgono giovani cristiani, ebrei e musulmani. Insieme con il pallone tra i piedi, ambasciatori di speranza, per dire no all’odio e all’indifferenza. Un modello che è oggetto di vari studi e approfondimenti e che è vitale in una città che ha fatto purtroppo parlare più volte per le intemperanze razziste di gruppi non così irrilevanti di tifosi del Beitar.

Gerusalemme capitale dello sport e del dialogo si appresta intanto ad accogliere un torneo davvero particolare: le Maccabiadi. Le cosiddette “Olimpiadi ebraiche”, nate nel 1932 in un’epoca di gravi turbolenze per l’Europa, preludio ai drammi che sarebbero presto seguiti, rappresentano da sempre un evento nell’evento. Diecimila partecipanti dai cinque continenti (ci sarà anche l’Italia) e quasi duemila medaglie da assegnare. Un momento di aggregazione che ha evidentemente un profilo identitario ben preciso. Ma che, questa la filosofia dei Giochi, non può non pensarsi in un rapporto costante con le identità “altre” e con la società non ebraica nel suo insieme. E’ questa la forza di Gerusalemme, nonostante i tanti intoppi e le tante criticità quotidiane. Un insieme di mondi diversi, in relazione costante, chiamati anche per questo a parlarsi e conoscersi sempre di più. Lo sport, linguaggio universale per eccellenza, può essere l’alleato ideale.

(Adam Smulevich, AVVENIRE 6 luglio 2017)

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