Jean-Michel Basquiat, pittore nero in un mondo di arte bianca
Le opere del grande artista americano esposte al Chiostro del Bramante a Roma
A Roma, al Chiostro del Bramante, fino al 30 luglio, sono esposte le opere di Jean-Michel Basquiat, una mostra d’arte che indaga le origini e l’importanza dei graffiti e della Street Art. Cento i lavori esposti, tra serigrafie, ceramiche, acrilici, oli, disegni, alcuni realizzati in collaborazione con Andy Warhol, opere realizzate tra il 1981 e il 1987, provenienti dalla preziosa collezione di Jose Mugrabi.
Jean-Michel Basquiat, sofferto pittore afro-americano, i cui lavori, a quasi trent’anni dalla sua morte, avvenuta per overdose di droga il 12 agosto 1988 all’età di 27 anni, continuano a “parlare” e ad incantare il pubblico di ogni dove.
A lanciarlo i muri di New York, le prime superfici su cui imprimerà i tratti della sua arte, muri sempre più vicini alle più rinomate gallerie d’esposizione. La sua febbrile attività artistica prende forma nell’arco di una sola decade, tuttavia il corpus delle sue opere ha lasciato un segno che ha fatto epoca. La vita di Basquiat si trova ad attraversare un passaggio storico nella storia dell’arte, con l’affermazione della Pop Art, di cui Andy Warhol era il massimo interprete, e del Neo Espressionismo. Quando nacque Basquiat, nel 1960, il decennio della Pop Art era appena iniziato. Nel 1979 si affermò come personaggio artistico, i suoi lavori, arricchiti da frasi criptiche, tappezzavano i muri degli spazi pubblici di Manhattan ed erano firmati SAMO, acronimo di Same Old Shit. in realtà non era un artista di graffiti vero, non aveva mai disegnato e scritto coi caratteri Bubble sui vagoni dei treni o sui muri della metropolitana, le stelle del graffitismo del tempo non considerano Basquiat un membro del loro gruppo. Alla fine era un artista nero che sopravviveva con l’etichetta del writer per imporsi come “pittore nero” in un mondo di arte bianca.
La nascita della sua carriera ha coinciso con lo sviluppo del mercato dell’arte, delle piccole gallerie dell’East Village, con l’espansione di Soho, le grandi esposizioni di West Broadway: le case d’asta erano sempre più affollate, i collezionisti investivano fior di dollari in opere d’arte. Il movimento neo espressionista aveva riportato in auge il tema del figurativismo. Per un artista contemporaneo il successo coincideva con un immediato riconoscimento del suo lavoro, opportunamente valorizzato da un’esposizione organizzata nel posto giusto dalle persone giuste. Fama e avidità, erano i segreti del successo nel mondo dell’arte degli anni ottanta e la carriera di Basquiat si mosse bene in entrambi i fronti: era diventato il pupillo di Andy Warhol e, nota non trascurabile, era il primo artista contemporaneo afro-americano ad essere diventato una star internazionale.
La sua arte è pervasa dall’identità nera, non in modo apertamente politico, quanto rivolta piuttosto al significato di essere un uomo nero nella società contemporanea. Il suo stile rimanda alla tradizione estetica afro-americana: i tamburi degli uomini neri venduti come schiavi, la chiamata di Dio, le risposte del Vangelo, i ritornelli delle canzoni blues, la musica jazz, ma soprattutto l’uso ironico del testo o meglio il depennamento, la “cancellazione” del testo, in una sorta di ritmo, come se i cori, le ripetizioni, le testimonianze, le parole, i suoni, facessero parte di versi Rap. Le immagini dei suoi dipinti sono frammentate e decostruite. Nei corpi spettrali, si esprime la presenza divenuta assenza, un buco nell’anima attraversato dalle parole che vengono rigurgitate fuori.
Nonostante i forti riferimenti razziali nel suo lavoro, Basquiat era più in contatto con il mondo dei bianchi che con la cultura nera. Non aveva conosciuto la segregazione razziale e il razzismo che avvertiva era più sottile, venato di indignazione, perché sapeva di far colpo sugli altri non perché nero, ma perché era un nero abbigliato con costosi abiti da bianco. Chiedeva, desiderava attenzione per la sua arte, non voleva essere considerato solo un pittore nero, un elemento esotico da esibire. Cadde nella spirale della droga. Solitario e alienato, ossessionato dal bisogno di produrre, dalla fame insaziabile di soldi contanti per acquistare droghe di ogni tipo, fu sfruttato dai mercanti d’arte, cinici e navigati “giocatori” che seppero usare a proprio vantaggio, come fonte di profitto, il bisogno di approvazione, la creatività sofferta. In un momento particolare come la seconda metà del XX secolo, la vita di Basquiat, la sua morte, aprono la strada, diventano precursori di quel modo di vivere in cui lo scandalo incontra la tragedia. Quanto aveva riempito di energia la sua arte, gli rese impossibile sopravvivere al sistema.
“Una notte stavamo fumando erba ed io dissi qualcosa sul fatto che fosse sempre la stessa merda, The Same Old Shit. SAMO, giusto? Immaginatevi: vendere pacchi di SAMO! È così che iniziò, come uno scherzo tra amici, e poi crebbe.» (Jean-Michel Basquiat).
(Nadia Loreti, com.unica 24 luglio 2017)