E in Turchia arrivano gli autobus per sole donne
Nelle città più religiose si fa strada la separazione di genere. L’analisi di Marta Ottaviani (da La Stampa)
Nella «Yeni Türkiye», la Nuova Turchia, sempre più devota, di Recep Tayyip Erdogan, iniziano a proliferare i luoghi per sole donne. Mezzi di trasporto, alberghi, feste, persino scuole e ricevimenti ufficiali. Una tendenza che per il momento si sta manifestando soprattutto nelle città più conservatrici dell’Anatolia, dove Erdogan e il suo Akp, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, che guida il Paese dal 2002, hanno il bacino di voti più importante. Ma che sembra sempre più il risultato di un’agenda politica precisa.
L’ultimo scandalo, solo in ordine di tempo, viene dalle città di Malatya, dove dal mese prossimo entreranno in funzione gli «autobus rosa». L’idea era stata suggerita nel lontano 2002 dalle donne del Partito Islamico della Felicità (Saadet Partisi), una formazione fondata dal padre politico di Erdogan, Necmettin Erbakan, ma era stata rapidamente bocciata in quello che, solo 15 anni fa, era un altro Paese. A giugno, il Comune di Bursa, una delle città più religiose del Paese e con un glorioso passato ottomano, aveva annunciato l’introduzione di vagoni in metropolitana per sole donne. L’iniziativa ha provocato la protesta da parte dell’opposizione, ma la replica dell’amministrazione, ovviamente targata Akp, è stata che il provvedimento era stato varato per «soddisfare una richiesta della cittadinanza».
Sembrano lontani i tempi in cui la formula «haremlik-selamlik», letteralmente locali divisi per donne e uomini, sembrava solo un’idea imprenditoriale per attirare turisti dal Medioriente. Correva l’anno 2007, la Turchia sembrava navigare con il vento in poppa verso la piena democratizzazione e verso l’ingresso in Unione europea. L’allora premier Erdogan era acclamato da molti come un sincero riformatore e i timori dell’opposizione laica sembravano, nella migliore delle ipotesi, esagerati. Ma era già possibile vedere i primi segnali di una società che stava cambiando. Nelle maxi strutture sulla costa mediterranea, con piscine, spa e discoteche rigorosamente separate, ci andava anche la nuova borghesia religiosa che ha preso sempre più potere economico in Turchia durante l’era Erdogan. Oggi in tutte le principali città sono presenti ristoranti dove donne e uomini mangiano in sale diverse e saloni per le feste, soprattutto matrimoni e sunnet (la circoncisione) che prevedono la separazione dei sessi.
Del resto, ormai, è arrivata anche «la benedizione» delle istituzioni. A maggio, il presidente del Parlamento, Ismail Kahraman, lo stesso che il mese prima aveva dichiarato che la nuova costituzione «non doveva essere laica», ha organizzato due iftar, la cena che rompe il digiuno del Ramadan, una per i deputati uomini e l’altra per le colleghe donne.
Dai primi segnali di separazione dei sessi non si salva nemmeno la scuola. A ottobre dell’anno scorso, a Mersin, nel Sud del Paese, in una scuola media, il preside aveva dato ordine che le studentesse e gli studenti non sedessero una di fianco all’altro. In un liceo di Konya, la città più religiosa della Turchia, dove si trova la tomba del Sufi Mevlana, sul sito di un liceo è stata pubblicata l’avvertenza che «nell’anno scolastico 2017-2018 le lezioni proseguiranno con le ragazze separate dai ragazzi». Il sindacato scuola (Egitim-Sen) ha parlato di «situazione vergognosa e di laicità in pericolo».
(Marta Ottaviani/La Stampa 25 agosto 2017)