Nel suo discorso dal palazzo della Generalitat il presidente Puigdemont ha risposto a distanza alle parole di re Felipe, accusandolo di aver “deluso i catalani” e ignorato la volontà espressa nel voto del 1° ottobre. Ha ribadito l’intenzione di “portare avanti il nostro sogno” ma si è anche detto aperto a ipotesi di mediazione (LaVanguardia).

Il premier Rajoy, negli ultimi tre giorni criticato dai leader degli altri partiti per la “mancanza di leadership”, ha replicato che non ci può essere negoziato senza rispetto della legge. Le prossime mosse del governo centrale non sono ancora chiare, ma a favorire un dialogo tra le parti potrebbero pensarci cardinali e arcivescovi di Madrid e Barcellona.

Domani il capo dei Mossos d’Esquadra sarà interrogato a Madrid: è indagato per sedizione perché i suoi uomini non avrebbero impedito il voto, disobbedendo all’ordine della magistratura. Il governo centrale ha anche annunciato l’invio di due convogli dell’esercito a Barcellona (LaStampa). Lunedì mattina il parlamento catalano si riunirà in sessione plenaria per proclamare unilateralmente l’indipendenza. Ma la tempistica non è così certa, scrive El Paìs.

Intanto la forte tensione politica trascina giù i titoli delle banche catalane, la borsa iberica chiude in ribasso e anche Piazza Affari ne risente (Sole24Ore).
*Occupazione, dazi, Pil: quanto costa a Barcellona separarsi (IlFoglio).

Intanto il vicepresidente della commissione europea Timmermans si è schierato dalla parte del governo di Madrid e di quello che ha definito un “uso proporzionato della forza” (PoliticoEu).

(com.unica, 5 ottobre 2017)

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