Arrestati due leader indipendentisti a Barcellona, tensione sempre più alta.

I magistrati spagnoli hanno ordinato ieri l’arresto di Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, leader a capo di due grandi associazioni dell’indipendentismo catalano, con l’accusa di sedizione per le manifestazioni pacifiche di Barcellona a fine settembre (La Vanguardia). Evita invece il carcere il capo dei Mossos d’Esquadra Josep Lluís Trapero, sottoposto però a un regime di libertà vigilata. “Lo Stato prova a provocare, ma le persone non cadono nella provocazione”, ha detto il portavoce  del governo indipendentista Jordi Turull, sostenendo di comprendere “l’indignazione” dal momento che i due dirigenti, Jordi Cuixart e Jordi Sanchez, non hanno fatto altro che – secondo lui – lanciare appelli a manifestazioni pacifiche. “La Spagna imprigiona dei dirigenti usciti dalla società civile per aver organizzato manifestazioni pacifiche. Noi abbiamo di nuovo, tristemente, dei prigionieri politici”, ha dichiarato su Twitter il presidente catalano Carles Puigdemont.

Alla richiesta del governo centrale di un chiarimento sull’indipendenza o meno della Catalogna, il presidente della Generalitat Puigdemont ha replicato offrendo due mesi di dialogo (Guardian). Il governo di Madrid non ha accettato la risposta e ha prorogato l’ultimatum fino a giovedì (Corriere). 

Intanto sulla Brexit forse qualcosa si muove. Durante una cena di lavoro a Bruxelles, la premier britannica Theresa May e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker hanno concordato sulla necessità di maggiori sforzi per un accordo sulla Brexit. May ha anche chiamato il presidente francese Macron per cercare di ammorbidire le sue posizioni sul tema. Ma Francia e Germania rimangono per la linea dura (Politico).

C’è preoccupazione nelle cancellerie europee anche per l’esito delle elezioni austriache. Angela Markel ha fatto gli auguri al vincitore delle elezioni austriache Sebastian Kurz sottolineando però che la sua forza politica “non è un esempio da imitare per la Germania” (Ansa) Con il prossimo governo, probabilmente spostato a destra, Vienna si troverebbe vicino alle posizioni del gruppo di Visegrad formato da Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia.

(com.unica, 17 ottobre 2017)
 

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