Annotazioni e impressioni di lettura sul libro di Goffredo Palmerini

NAPOLI – “L’Italia nel cuore”, per un napoletano quale io sono, evoca le corrispondenze, i racconti dei grandi e illustri viaggiatori dell’Ottocento e del primo Novecento, attratti dal fascino di Partenope, del suo passato, di superfetazioni greche, romane, di dominazioni che la città ha inglobato senza perdere la sua storica specificità. Il ponderoso volume firmato da Goffredo Palmerini suscita anche invidia per non poter esibire di Napoli, ma non l’ha fatto ancora, altrettanta dovizia di personaggi ed eventi incolonnati in grandi numeri che li includano strutturalmente.

L’Italia nel cuore” è come un inno nazionale al merito del Paese, alla solidarietà, all’accoglienza dei migranti, al sentimento collettivo che, fatta eccezione per minoranze intolleranti, ha origine nella memoria delle nostre migrazioni nel mondo. L’Italia è legittimamente orgogliosa, esempio di generosa accoglienza dei migranti costretti a lasciare le loro terre martoriate da guerre sanguinose, feroci tirannie, da fame e quasi nessuna tutela sanitaria. Non c’è possibile confronto con il resto dell’Europa e l’estremo opposto è il filo spinato srotolato lungo i confini di Paesi membri che non fanno nulla per meritare l’accoglienza nella Comunità e le risorse ricevute dalla Ue: Ungheria, Polonia, in parte l’Austria.

A chi in Italia partecipa alla gara dell’espulsione dal nostro Paese e la quantifica in mezzo milione, seicentomila migranti, la storia ha il dovere di ricordare il numero di connazionali emigrati in fasi successive dal Paese economicamente in ginocchio: sono milioni e milioni, quasi 30 in cento anni. Non meno convincente dovrebbe essere il dato dell’ultimo censimento degli italiani che oggi vivono in altri Paesi. Sono quasi 5 milioni – Rapporto Italiani nel Mondo 2017, Fondazione Migrantes -, beninteso quelli che conservano la cittadinanza italiana ed hanno diritto al voto. Il numero più alto in Argentina, poi nell’ordine in Germania, Svizzera, Francia, Brasile, Belgio, Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia, per fermarci ai primi dieci. Ma la vera dimensione degli italiani emigrati e oriundi è ben più rilevante del dato riferito alla cittadinanza, stimata attualmente intorno agli 80 milioni. Per la maggior parte si tratta di eccellenze che il mondo accoglie e valorizza. In passato hanno contribuito all’esodo il Veneto, l’Abruzzo, le regioni del Sud, principalmente Sicilia e Campania, territori economicamente arretrati.

Come accade in questo esordio del terzo millennio per i profughi africani, anche i nostri espatriati in successive fasi storiche, coincidenti con crisi economiche epocali, hanno cercato lavoro e fortuna sopportando disagi, discriminazioni, ghettizzazioni, prima di omologarsi ai Paesi ospitanti e di integrarsi completamente, fino ad occupare ruoli istituzionali di massimo livello, posizioni preminenti nei campi della scienza, dell’arte, dell’imprenditoria.

Chi guarda lontano sa che nel tempo il fenomeno riguarderà anche l’Italia, in generale l’Europa. Già adesso il popolo dei migranti contribuisce con un apporto interessante alla nostra economia e, dato non irrilevante, rallenta la tendenza all’invecchiamento degli italiani, con la nascita dei suoi figli. Già tanti immigrati, specialmente africani, sono inseriti nel sistema italiano del lavoro – molti in condizioni disumane -, frequentano le nostre scuole, lavorano nelle nostre fabbriche e in molti casi si adattano a svolgere mansioni che i nostri connazionali rifiutano perché gravosi o mal retribuiti.

Goffredo Palmerini sta dalla loro parte, consapevole della dimensione mondiale del fenomeno e dei tanti abruzzesi emigrati. L’autore del volume “L’Italia nel cuore” è un personaggio di straordinaria poliedricità e di sorprendente universalità. Potrebbe apparire secondario, ma per chi come me si occupa di comunicazione, i dati che sto per citare hanno il carattere dell’eccezionalità. Pensate che per promuovere questo incontro, il comunicato stampa da lui redatto è stato pubblicato da 20 testate, di cui una argentina e una brasiliana. Altre particolarità: “L’Italia nel cuore” ha ricevuto 58 recensioni internazionali nei seguenti Paesi: Argentina 3, Australia, Brasile 3, Canada 6, Cile, Danimarca, Germania 2, Lussemburgo 3, Messico, Perù, Polonia, Repubblica Dominicana 2, Spagna 2, Stati Uniti 10, Sud Africa, Svezia, Svizzera 3, Uruguay 2, Venezuela 11. E ancora da 11 testate on line italiane, 37 abruzzesi, da 9 agenzie di stampa internazionali, 4 quotidiani, 7 periodici.

Questi dati rivelano antica e attuale contiguità dell’opera di Palmerini con il tema dell’emigrazione, di cui è uno stimato operatore internazionale e sottolineano le relazioni culturali che intrattiene con personalità di spicco in Paesi come gli Stati Uniti, l’Argentina, il Brasile, il Canada, il Venezuela, terre di grandi flussi migratori degli italiani.

Avrei voglia di citare con Palmerini tutti gli uomini e le donne abruzzesi raccontate dall’autore del volume “L’Italia nel cuore”, soggetti di una folta e prestigiosa rappresentanza all’estero, ma occorrerebbe ben altro spazio per non dimenticare alcuni degli innumerevoli scrittori, musicisti, scienziati, esponenti di istituzioni internazionali e persone semplici che hanno acquisito meriti speciali in tutti i campi, per generosità, altruismo, competenze.

Goffredo Palmerini, lo testimonia la sua biografia, è come dicevo una personalità poliedrica. Ha rivestito incarichi amministrativi per la città natale, L’Aquila, da assessore e vice sindaco, poi si è affermato come scrittore e giornalista. Ha pubblicato i libri “Oltre confine”, “Abruzzo Gran Riserva”, “L’Aquila nel mondo”, “L’Altra Italia”, “L’Italia dei sogni”, “Le radici e le ali” e questo imponente “L’Italia nel cuore”. Per l’attività letteraria e di giornalista ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Di recente il Premio internazionale di giornalismo “Gaetano Scardocchia” e il Premio “Maria Grazia Cutuli”. In passato Palmerini è stato insignito del prestigioso Premio “Nelson Mandela” per i diritti umani. Come ho accennato, è un apprezzato studioso di migrazioni, autore e componente del Comitato scientifico del Dizionario enciclopedico delle migrazioni italiane nel mondo. Se merita un titolo aggiuntivo, è quello globale di ambasciatore dell’Abruzzo nel mondo.

Due colte presentazioni introducono il lettore a “L’Italia nel cuore”. Scrive Luisa Prayer, musicista di fama su Palmerini: “E’ innamorato delle storie che racconta, delle persone che incontra, perché capace di una meravigliosa disposizione interiore, aperta, disinteressata, pronta a gioire dei successi dei protagonisti dei suoi reportage”. Carla Rosati, docente universitaria, dice nella Prefazione: “Palmerini, in questo suo ultimo lavoro, ci prende per mano e ci accompagna in giro per il mondo…ci fa attraversare la sua terra…descrive paesaggi magici…annota con finezza di scrittura sensazioni ed emozioni”.

Il libro presentato a Napoli nello Spazio eventi dell’editore Guida, preceduto da una nota dell’autore, propone 60 capitoli e in appendice 9 scritti di autorevoli recensori. Per avere un’idea seppure approssimativa – ma il libro va letto con l’attenzione che merita – cito il numero sorprendente di nomi elencati da Palmerini in uno degli indici: sono 320 le persone che fanno parte della sua narrazione. Un capitolo speciale del volume porta il lettore negli Stati Uniti, dove l’autore incontra personalità abruzzesi affermate in tutti i campi della cultura e della scienza e dov’è conservata la memoria delle migrazioni italiane di cui musicisti, medici, ricercatori e amministratori italo americani sono discendenti.

Noi napoletani andiamo fieri degli innamoramenti per la nostra città, raccontata dai grandi viaggiatori come Goethe, da musicisti di fama. Riconosciamo alla nostra gente eccellenze che si sono affermate nel mondo: poeti, scrittori, drammaturghi. Ricordiamo a chi considera le criticità di Napoli che tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo successivo la città poteva esibire oltre cento primati in tutti i campi dell’economia, delle scienze, delle arti. L’operazione di Palmerini somiglia, per l’Abruzzo, a questo genere di riconoscimenti, che nella stagione attuale si manifesta con lo straordinario merito dell’accoglienza ai migranti, della negazione di ogni forma di razzismo, di una forte e sentita solidarietà.

L’opera complessiva a favore delle emigrazioni di Palmerini svela, in parallelo con Napoli, il ruolo dell’Abruzzo, della terra provata dalle catastrofi naturali, di un’umanità per questo temprata, tenace, intraprendente. E stimola il desiderio che si moltiplichino le iniziative come “L’Italia nel cuore”, per ciascuna delle venti regioni del Paese.

Mi piace concludere con una annotazione sulla ricchezza della documentazione fotografica del volume e, da giornalista, con due domande all’autore. Quale futuro per le aree dell’Italia centrale colpite più volte nel tempo dal terremoto e quali garanzie che la ricostruzione, dov’è possibile, avvenga con sistemi antisismici, con piena trasparenza degli appalti. In altre parole, cioè, come vigilano gli abruzzesi sulla loro terra? Vigiliamo, risponde Palmerini, e non c’è motivo per non credergli.

L’Italia nel cuore” di Goffredo Palmerini (One Group Edizioni, 2017) è stato presentato a Napoli il 23 febbraio 2018 presso lo Spazio Eventi dell’editore Guida. All’incontro, moderato da Regina Resta, presidente Verbumlandiart, sono intervenuti portando il saluto l’ospite, Diego Guida, e Annella Prisco, presidente del Centro Studi Michele Prisco. Sono seguiti gli interventi dei relatori Carlo Roberto Sciascia, critico d’arte, Salvo Iavarone, presidente ASMEF, Luciano Scateni, giornalista e scrittore, e l’autore. Quello qui pubblicato è il contributo che Luciano Scateni ha svolto nel corso dell’evento di presentazione.

Luciano Scateni*, 27 febbraio 2018

*Giornalista professionista, scrittore, pittore, vive e lavora a Napoli. È stato sindacalista della CGIL e, nel 1975, addetto stampa del sindaco di Napoli Maurizio Valenzi, caporedattore del quotidiano “Paese Sera” responsabile dell’edizione della Campania. In Rai, dal 1980 ha ricoperto i ruoli di caposervizio, di inviato, radio-telecronista e, per tredici anni, di conduttore del TG3 Campania.

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