Il Ventennio che ha scosso la Francia
“I nuovi volti del fascismo” di Enzo Traverso (Ombre Corte). La recensione di David Bidussa.
Con questo libro, inquieto, Enzo Traverso propone un laboratorio di analisi, ricco di contenuti, generoso negli spunti, non dogmatico, aperto alla curiosità. Traverso, infatti, si impegna prima di tutto a descrivere i contorni di una crisi complessiva (politica, culturale, sociale, ma anche intellettuale) in cui la parola fascismo risulta più deviante che non capace di dare risposte. È la Francia degli ultimi venti anni il luogo attraverso cui l’autore sviluppa le sue riflessioni: dai primi anni 90 all’inizio della seconda presidenza Mitterrand, fino al 2013 quando si avvia la presidenza triste di François Hollande. In quel ventennio molti degli elementi che segnano il linguaggio e lo scenario che hanno fatto tornare in auge la parola fascismo in Europa si presentano in forma più precisa che in altri Paesi europei.
Sono gli anni dell’ascesa del Front National, prima di Jean-Marie e poi di Marine le Pen; gli anni della crisi del gollismo e dei socialisti francesi; gli anni della malinconia, e quelli della rabbia, prima delle banlieue tra il 2005 e il 2007 (ai tempi di Nicolas Sarkozy ministro degli Interni); poi della Francia profonda, contro la globalizzazione: ma anche gli anni della paura, del Paese scosso dalla trafila di terrorismo e di attentati a partire da quello del 7 gennaio 2015 (attacco alla redazione di «Charlie Hebdo») fino al Bataclan e alla promenade di Nizza. La Francia, per Traverso, è quello scenario (soprattutto nelle emozioni) in cui misurare il senso della crisi di questo nostro tempo. Uno scenario in cui la parola fascismo è molto abusata perché diventa uno strumento che le destre rovesciano sulle sinistre; un concetto che le destre e molti a sinistra assumono e propongono per leggere le pulsioni e i movimenti dei diversi mondi della propria immigrazione, soprattutto quella proveniente dai Paesi arabi; lo sfondo su cui si valutano tutti i fallimenti del processo di integrazione seguito alla decolonizzazione e all’arrivo di centinaia di migliaia di arabi delle ex colonie, mai davvero inclusi.
Ne emerge un Paese che ha ripercorso la storia delle discriminazioni, del suo antisemitismo, con un profondo percorso di riflessione pubblica sul proprio passato, mentre non ha mai fatto davvero i conti con le discriminazioni nei confronti degli arabi e degli islamici. Un Paese che chiede l’integrazione, ma che non è capace di sopportare le differenze e che fa fatica a misurarsi con una società multiculturale. Allo stesso tempo è un Paese che ha visto negli ultimi quindici mesi saltare o modificare radicalmente il quadro politico strutturale della Quinta Repubblica, attraverso tre passaggi: i) crisi del partito gollista; 2) lo smembramento del mondo variegato della sinistra, anche di quella tradizionale; 3) la nascita di «En Marche», contemporaneamente il segno di una stabilità e il suo contrario. «En Marche», infatti, da una parte conferma percorsi di formazione della lasse dirigente (ovvero l’Ena; da lì viene Emmanuel Macron); dall’altro testimonia della crisi della forma partito (paradossalmente l’unico partito a mantenere questo aspetto è proprio il Fn di Marine Le Pen).
In breve un’idea di politica diretta che ha i tratti della piazza, mentre conserva quella tradizionale della competenza dell’alta politica. Doppia dimensione in cui la disintermediazione s’incontra con la delega fiduciaria. Allo stesso tempo un movimento la cui piattaforma è centrata sui temi tradizionali della storia politica francese, come dimostra il testo fondativo del movimento «Mon contract avec la Nation». Ciascuno di questi diversi attori, osserva Traverso, oggi vien spesso ricondotto o assimilato al fascismo. La realtà, è più complicata, sostiene. «La mia sensazione – conclude – è quella di una grande incertezza. Non sappiamo ancora immaginare un mondo nuovo e diverso. Tuttavia sappiamo che la pentola bolle e rovescerà il coperchio. Ci saranno grandi cambiamenti; bisogna prepararsi. Poi le parole verranno da sole». Non è detto che la parola fascismo sia quella più adatta a descriverlo e a classificarlo.
David Bidussa/ IL SOLE 24 ORE DOMENICA, 18 febbraio 2018