Vola l’export italiano agroalimentare in Cina che nel 2017 segna un +15% e supera i 448 milioni di euro in valore. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Istat divulgata martedì scorso in occasione dell’entrata in vigore dei superdazi cinesi nei confronti di 128 beni importati dagli Stati Uniti, tra i quali carne di maiale, vino e frutta, per un totale di 3 miliardi di dollari, in risposta alla “mossa protezionistica” decisa dal presidente Donald Trump su acciaio e alluminio.

Il Made in Italy – sostiene Coldiretti – potrebbe avvantaggiarsi delle tensioni tra i due giganti dell’economia mondiale con l’export agroalimentare in Cina rappresentato nell’ordine dal vino che con 130 milioni di euro registra un balzo del 29% delle vendite nel Paese asiatico, dall’olio d’oliva che con 37 milioni di euro segna una crescita del 25%, dai formaggi che aumentano del 27% seppur con un valore ancora limitato di 16 milioni di euro e infine la pasta che sale del 14% vicino ai 23 milioni di euro.

Per quanto riguarda specificatamente i prodotti Usa interessati dall’aumento dei dazi va sottolineato che in Cina è stato rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane che teneva fermo quel mercato dal 1999 mentre per quanto riguarda la frutta fresca – continua Coldiretti – l’Italia può esportare al momento in Cina solo kiwi e agrumi anche se il lavoro sugli accordi bilaterali per pere e mele è ad uno stadio avanzato e potrebbe aprire opportunità, dopo lo “stop” alle forniture statunitensi. Si tratta di superare – spiega la Coldiretti – barriere tecniche cinesi che riguardano molti prodotti del Made in Italy come l’erba medica disidratata.

Particolarmente rilevanti sono le opportunità offerte al vino Made in Italy dalla Cina che per effetto di una crescita ininterrotta nei consumi è entrata nella lista dei cinque Paesi che consumano più vino nel mondo ma è in testa alla classifica se si considerano solo i rossi. Gli Stati Uniti – sottolinea ancora Coldiretti – hanno infatti esportato vino in Cina per un valore di 70 milioni di euro in aumento del 33% nel 2017 e si collocano al sesto posto nella lista dei maggiori fornitori, immediatamente dietro all’Italia. In realtà l’estendersi della guerra dei dazi tra i due giganti dell’economia mondiale ai prodotti agroalimentare apre scenari inediti e preoccupanti nel commercio mondiale anche con il rischio di anomali afflussi di prodotti sul mercato comunitario che potrebbero deprimere le quotazioni. Una situazione che – conclude Coldiretti – va attentamente monitorata per verificare l’opportunità di attivare, nel caso di necessità, misure di intervento straordinarie.

Condividi con