Sotheby’s: la passione per Modigliani vale 157 milioni di dollari
L’ambiziosa opera di Amedeo Modigliani ‘Nu Couché (Sur Le Côté Gauche)’ (89,5×146,4 cm), è stata venduta per oltre 157 milioni di dollari – circa 132 milioni di euro – presso la sede di Sotheby’s a New York. Una cifra da capogiro, se si pensa che il quadro, quando venne esposto inizialmente presso la Galerie Berthe Weill di Parigi nel 1917, non ebbe molta fortuna. L’opera fu immediatamente ritirata dalle autorità francesi che la considerarono “troppo oscena” per essere esposta in pubblico.
Il dipinto, considerato il più grande mai realizzato da Modigliani, fa parte della serie di nudi commissionata a Modigliani dal commerciante d’arte francese Léopold Zborowski e oggi conservati nei principali musei del mondo, come ad esempio il Guggenheim Museum di New York e la Courtald Gallery di Londra. Nu couché (sur le coté gauche), che rappresenta l’unico nudo orizzontale di Modigliani a contenere l’intera figura femminile all’interno della tela, fa parte delle 22 opere totali di nudi femminili sdraiati dipinti dall’artista durante gli anni che hanno preceduto la Prima Guerra Mondiale.
Modì, come era soprannominato Amedeo Modigliani, nacque a Livorno nel 1884 da una famiglia ebrea. Studiò dapprima nella sua città, poi, incoraggiato dalla madre frequentò le Accademie di Roma, Firenze e Venezia. Quando giunse a Parigi nel 1906, si unì a un gruppo di artisti cosmopoliti di Montmartre – tra i quali artisti ebrei scacciati dall’Europa centrale e dalla Russia come Soutine, Lipchitz, Kisling, Pascin, Chagall – ed espose sette opere al Salon d’Automne. In quel periodo dipingeva con una tecnica che tradiva la sua tendenza verso l’Art Nouveau, con colori però più scuri e tristi. La permanenza a Parigi lo spinse ad assumere un orientamento che, nonostante le influenze locali, emerse con una propria personalità, dalle forti suggestioni cézanniane e con quelle tracce di elegante languore che spiccherà caratteristico nelle successive opere dell’artista. Il suo successo continuò, ma sopraggiunse una crisi fisica ed estetica. Quando era molto giovane ebbe un attacco di tifo e due accessi di pleurite, che lo condussero alla tubercolosi. Gli eccessi, le droghe, il vino e l’assenzio, nonché gli stenti che patì a Parigi lo indebolirono. Nel 1909 conobbe Brancusi e si avvicinò alla scultura, soprattutto alle forme semplici ed espressive della scultura primitiva. Le sue teste erano scolpite direttamente nella pietra: alcune con i tratti rozzi che rispettavano il blocco originale al punto da essere definite incompiute, altre invece erano eleganti, allungate, con i tratti stilizzati. Agli inizi della prima guerra mondiale tornò a dedicarsi alla pittura, con uno stile limpido ed essenziale. Grazie all’esperienza scultorea acquisì una nuova sensibilità plastica e cromatica, il colore liberato dalla sua funzione accessoria, divenne costruttivo, calibrato per dare forma e forza all’immagine. La figura umana costituì il suo soggetto preferito: dipinse quasi esclusivamente nudi di donne e ritratti. Nelle ultime opere, nei nudi soprattutto, si coglie una sottile grazia botticelliana, mentre le figure si allungano, insieme malinconiche e voluttuose, e la composizione perde di volume.
Il soprannome Modì – che suona curiosamente come la parola francese “Maudit” – “maledetto”, è una coincidenza che calza a pennello con i panni dell’artista bohémien, un personaggio solitario, bello lunatico e anticonformista, lucido protagonista delle sue ricerche, una figura che in seno all’arte italiana rappresenta un capitolo unico ed originale, a sé stante: “Quello che cerco non è né la realtà né l’irrealtà, ma l’inconscio, il mistero dell’istinto nella razza umana.” Attraverso la sua visione, l’artista si misura non con la natura, ma con l’ideale classico del corpo umano. I suoi punti di riferimento per sviluppare il suo personale stile espressivo sono Matisse e Picasso, evitando però di appartenere ad un genere, ad una corrente. Quello che cercava di penetrare era il segreto della percezione della figura umana, la sua espressività e la relazione che si instaurava tra artista e modella, caratterizzata da un’acuta profondità psicologica.
La vita di Modigliani precipitò nel disordine, nella miseria, nella malattia. Ma la sua arte raggiunse uno stile pieno e inconfondibile. Il periodo che va dal 1915 alla sua morte, avvenuta nel 1920, è ricca di splendide opere: ritratti di volti cari, amici, e di modelli occasionali, come la gente umile che stimolava la sua umanità e la malinconica vena artistica, le zingare, le portinaie, le servette, le bambine. Più che nei ritratti, la tensione che Modigliani ricercava nel rapporto con i modelli traspare e si percepisce nei nudi, le opere più sorprendenti lasciate dall’artista. Qui l’esaltazione del corpo umano e l’amore per la donna raggiungono l’apice, in una intima glorificazione dell’anima e dei sensi.
La purezza espressiva della sua opera venne immediatamente riconosciuta dalla critica dopo la sua morte e intorno a Modigliani si formò la leggenda dell’artista geniale, passionale e disperato. La sua figura rimase però isolata anche dopo la sua morte, l’influenza che esercitò sull’arte successiva era soltanto una sterile imitazione dei suoi motivi esteriori, perché si era sempre rifiutato di etichettare e ingabbiare la sua arte in una corrente o in un manifesto programmatico.
Nel 1919, un anno prima della sua morte, durante un soggiorno in Costa Azzurra, Modigliani dipinse quattro paesaggi, un tema del tutto assente dalla sua opera. Un motivo di alberi in primo piano sullo sfondo di case. Si tratta di dipinti essenziali, piuttosto scarni, forse tentativi di dare una direzione alla sua futura ricerca.
Nadia Loreti, com.unica 25 maggio 2018