I capi di Stato e di governo di Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Italia e Giappone volano oggi verso il Canada dove domani si apre il G7.  Il G7 di quest’anno (8-9 giugno) è ospitato da un Trudeau che fa del multilateralismo il suo fiore all’occhiello. Purtroppo però le aspettative per il vertice sono tutt’altro che positive. Lo scorso 1 giugno infatti Trump ha esteso anche al Canada e ai paesi Ue i dazi americani su acciaio e alluminio. Per la prima volta nella sua storia, il G7 rischia dunque di non riuscire nemmeno ad adottare un comunicato finale congiunto. L’Italia, nono paese esportatore a livello mondiale, con un surplus commerciale da 42 miliardi di euro all’anno, l’Italia ha un chiaro interesse nazionale nel puntare a un commercio internazionale libero, equo e basato sul multilateralismo. Il Presidente Conte, al suo esordio tra i grandi della terra, potrebbe esprimere l’intenzione di migliorare la percentuale italiana di implementazione degli accordi (in genere più bassa di quella degli altri membri), valorizzando i punti della sua agenda di governo più vicini ai 5 principali temi del summit: investimenti e crescita equa, lavori del futuro, uguaglianza di genere, energia pulita e ambiente, sicurezza mondiale (Ispi).

Ma quello che si tiene a Charlevoix si preannuncia tra i vertici più tesi di sempre e potrebbe concludersi per la prima volta senza neppure l’adozione di un comunicato congiunto. Dopo il fallimento del G7 finanziario della scorsa settimana, la Cancelliera Merkel ammette: “È evidente che abbiamo un problema sugli accordi multilaterali, ci aspettano discussioni dure” (Politico). A dividere Usa e alleati è in primis la questione commerciale: dopo l’imposizione dei dazi americani su acciaio e alluminio, l’Ue è pronta a tassare i prodotti americani seguendo l’esempio di Canada e Messico. Sul tema, fanno sapere fonti del governo canadese, il presidente di turno Trudeau manterrà una linea inflessibile, ma anche Trump non sembra intenzionato a fare alcun passo indietro (Reuters).

Alla vigilia del meeting, i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito sono tornati a premere anche sul dossier Iran, rinnovando il “rammarico” per la scelta degli Usa di uscire dall’accordo e chiedendo che le aziende europee siano esentate dalle sanzioni per chi commercia con Teheran (Abc). Dopo la decisione di Donald Trump di portare gli Stati Uniti fuori dall’intesa del 2015, Washington ha imposto delle condizioni draconiane allo scopo di concludere un “nuovo accordo” molto più ampio, volto a contenere le ambizioni nucleari del paese, ritenuto destabilizzante nella regione. Viceversa, gli Usa si sono detti pronti a imporre nuove sanzioni economiche. Ma per gli alleati occidentali e del Gruppo 5+1, l’intesa funziona e va mantenuta. Inoltre, Teheran starebbe mantenendo fede agli impegni, senza derogare dall’accordo. Lo fa, secondo la Francia, anche quando annuncia l’intenzione di aumentare la propria capacità di arricchimento dell’uranio, come richiesto dalla Guida suprema Ali Khamenei (Askanews).

(com.unica, 7 giugno 2018)

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