L’omaggio di New York al Neorealismo italiano
Dal 6 settembre all’8 dicembre, la Grey Art Gallery, museo delle belle arti della New York University, con grandi spazi espositivi in Washington Square, ospita la mostra “NeoRealismo: The New Image in Italy, 1932-1960”. Attraverso 180 scatti di 60 artisti italiani, la rassegna analizza, per la prima volta in maniera approfondita, il ruolo cruciale della fotografia nel Neorealismo italiano, solitamente associato a rappresentazioni cinematografiche e letterarie, analizzando il percorso del medium fotografico dal realismo in epoca fascista fino ad arrivare alle soglie del boom economico, che cambierà completamente lo scenario culturale. L’esposizione, curata da Enrica Viganò e organizzata da ADMIRA di Milano, si arricchisce di pubblicazioni originali di rotocalchi, libri fotografici, cataloghi, poster, oltre che di spezzoni tratti da film diretti da Vittorio De Sica, Roberto Rossellini e Luchino Visconti, solo per citare alcuni tra i tanti registi presentati in mostra.
“Non avrei potuto desiderare un modo migliore per celebrare i 21 anni di Admira!” afferma Enrica Viganò, curatrice della mostra. “Da quando è nata Admira nel 1997, la mission principale è stata quella di far conoscere la fotografia italiana nel mondo. I nostri eccellenti fotografi si sono più che meritati questo straordinario traguardo: una stagione di eventi dedicati alla fotografia italiana del dopoguerra nella città che più onora l’arte fotografica e che più incide sul suo mercato: New York. Oltre alla New York University, partecipano alla rassegna il museo più prestigioso, il Metropolitan Museum of Art e la Howard Greenberg Gallery. Direi che è proprio una consacrazione a tutti gli effetti”.
Lynn Gumpert, direttore della Grey Art Gallery, dichiara: “Il cinema neorealista è molto apprezzato negli Stati Uniti e siamo molto lieti di far conoscere un altro lato di questo fenomeno culturale, portando questa importante mostra alla Grey che, come Museo d’arte universitario, si concentra su gruppi di lavoro sottorappresentati ma culturalmente rilevanti”.
Il Department of Italian Studies della New York University ha messo a punto un programma di eventi collaterali che ha il suo fulcro alla Casa Italiana Zerilli – Marimò, dove verranno proiettati integralmente film del neorealismo, introdotti da poster e foto di scena originali, ma verranno organizzate anche tavole rotonde con eminenti docenti americani specializzati in cultura italiana.
Il MET – The Metropolitan Museum of Art proporrà – dal 18 settembre 2018 a 15 gennaio 2019 nello spazio Johnson Galleries al secondo piano del museo – una selezione delle opere dei fotografi del dopoguerra italiano, recentemente acquisite per la collezione permanente. Fino ad oggi l’autorevole museo, che ha costruito una collezione fotografica enciclopedica di grande rilievo, non possedeva opere di autori italiani del ‘900. Come dichiara la curatrice del Department of Photography del MET, Beth Saunders: “Finora l’Italia nella nostra collezione era rappresentata da splendide stampe dei fotografi italiani dell’800 e da qualche sporadica incursione nel XX secolo. Ora abbiamo un corpus di un centinaio di opere, un nucleo su cui impostare una seria ricerca sulla produzione di immagini nel periodo del Neorealismo”.
A chiudere il cerchio, molti degli stessi autori saranno in mostra alla Galleria Howard Greenberg, dal 13 settembre al 10 novembre, in una collettiva intitolata The New Beginning for Italian Photography, 1945-1965. Spunti e approcci diversi che nascono dalla mostra principale sul NeoRealismo alla Grey Art Gallery, dove si sviscerano le origini e i variegati sviluppi dell’uso della fotografia come strumento di comunicazione, prima al servizio del fascismo e poi al servizio della democratizzazione.
Il percorso espositivo della mostra è suddiviso in cinque capitoli che riflettono momenti storici e criteri diversi del complesso fenomeno neorealista e si apre con il Realismo in epoca fascista. Nel 1932 al Palazzo delle Esposizioni di Roma si inaugurò l’Esposizione della rivoluzione fascista, in cui il linguaggio fotografico, comprensibile a tutti, era ampiamente utilizzato per raggiungere il popolo analfabeta, ed è risultato fondamentale per una mostra allora visitata da 4 milioni di persone. L’uso delle immagini per supportare la propaganda fascista consegnò agli italiani un nuovo mezzo di comunicazione di massa, sfruttato dal regime attraverso l’Istituto LUCE per illustrare le “verità” del Duce, ma adoperato anche da alcuni fotografi impegnati a documentare di nascosto la situazione di arretratezza in cui versava il paese. Tra questi spiccano Luciano Morpurgo, Giacomo Pozzi-Bellini, Pasquale De Antonis.
La mostra passa quindi a esplorare, nella sezione Miseria e ricostruzione, il periodo successivo la fine della seconda guerra mondiale che vedeva l’Italia in una condizione di profonda prostrazione economica e di devastazione materiale ma che, al tempo stesso, iniziava a respirare un’atmosfera di euforia e di rinascita. Fotografi come Tullio Farabola, Aldo Beltrame, Giuseppe Bruno, Mario Carbone, Roberto Spampinato colgono i volti e gli scenari di una nazione liberata dalla dittatura, in cui tutto è ancora difficile, faticoso, quasi impossibile, ma che vibra di vitalità popolare e di speranza.
La sezione Indagine etnografica dimostra come la fotografia abbia svolto un ruolo essenziale nei tentativi di stabilire un’identità collettiva nell’Italia del dopoguerra, un paese frammentato, tutto da scoprire – dalle zone rurali alle città, dal Nord al Sud – con forti squilibri economici e sociali, un paese che vuole risollevarsi e affermarsi. Sono i fotografi italiani tra cui Franco Pinna, Ando Gilardi, Renzo Chini, Nino Migliori, Enzo Sellerio, Arturo Zavattini e molti altri, a far conoscere l’Italia a se stessa, mostrandone le tante, diverse anime con una forza ed una efficacia che segnano la vetta più alta dell’intera esperienza neorealista. È l’epoca d’oro delle campagne fotografiche di indagine sociale ed etnografica, dei grandi reportage da tutte le regioni d’Italia, della fotografia di strada che documenta la vita vera.
Nell’Italia del dopoguerra, la sempre più ampia diffusione della carta stampata che utilizza la tecnica del rotocalco permette di offrire al grande pubblico dei veri foto-racconti, con il ruolo del fotografo che diventa finalmente parte integrante della macchina editoriale. L’uso del mezzo fotografico nei giornali è analizzato nel capitolo Fotogiornalismo e rotocalchi che si concentra sui lunghi reportage per le numerose testate che cavalcavano l’urgenza di conoscere quelle che Italo Calvino chiamava “quelle Italie, sconosciute le une alle altre”. Professionisti come Carlo Cisventi, Mario Dondero, Federico Patellani, Caio Garrubba, Cacilia Mangini, Tino Petrelli, Lamberti Sorrentino, Fulvio Roiter, Marisa Rastellini, Antonio e Nicola Sansone e tanti altri, erano inviati a raccogliere testimonianze visive per un pubblico di lettori fedele e “affamato”.
La mostra si chiude idealmente con la sezione “Tra arte e documento” che presenta le opere di quelli che allora erano ancora fotoamatori, quali Tranquillo Casiraghi, Pietro Donzelli, Paolo Monti, Mario Giacomelli, Mario Ingrosso, Ugo Zovetti, Nino De Pietro, Cesare Colombo, Alfredo Camisa, Mario Cattaneo, Stefano Robino, protagonisti della scena culturale dell’epoca. Infatti, tra il 1943 e il 1960 si discusse molto sul valore creativo della fotografia e del suo futuro. Per alcuni il neorealismo rappresentava una rigida restrizione dell’espressione che soffocava il potenziale creativo del fotografo. Altri ritenevano che se la fotografia non avesse mantenuto un legame con la vita reale e si fosse intrisa di un forte senso civico, avrebbe rischiato di diventare un esercizio formale. I dibattiti che ne scaturirono, gettarono le basi per il futuro della critica fotografica in Italia.
L’edizione inglese del catalogo “NeoRealismo: The New Image in Italy, 1932-1960”, pubblicato da Del Monico Books•Prestel, in co-edizione con Admira Edizioni, conterrà un testo inedito del regista Martin Scorsese, appassionato del neorealismo italiano, e contributi di Gian Piero Brunetta, professore di Storia e critica del cinema all’Università degli Studi di Padova, Bruno Falcetto, professore del Dipartimento di Letteratura, Filosofia e Linguistica all’Università degli Studi di Milano, Giuseppe Pinna, storico dell’arte, ed Enrica Viganò, curatrice della mostra e del libro, già pubblicato nelle edizioni italiana, spagnola e tedesca.
(com.unica, 6 agosto 2018)