La collaborazione fra l’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifn), l’Università degli studi di Bari ‘Aldo Moro’ (Uniba), l’Università di Brescia (Unibs) e il Consorzio per lo sviluppo di sistemi a grande interfase (Instm) – ha permesso di arrivare alla prima misura record di una singola molecola di proteina, usando un transistor di dimensioni millimetriche. Un lavoro frutto di un approccio interdisciplinare coordinato da Luisa Torsi docente all’Università di Bari e condotto dal responsabile Cnr-Ifn di Bari, Gaetano Scamarcio, con un team di chimici, fisici ed ingegneri formato da Cinzia Di Franco del Cnr, Giuseppe Mangiatordi, che prenderà servizio al Cnr a dicembre, Eleonora Macchia, Kyriaki Manoli, Brigitte Holzer, Domenico Alberga e Gerardo Palazzo di Uniba, Fabrizio Torricelli e Matteo Ghittorelli di Unibs. Un successo quindi tutto italiano.

Lo studio promette di poter diagnosticare patologie progressive non solo prima che i sintomi si manifestino, ma addirittura appena l’organismo produce i primi bio-marcatori specifici. Una potenziale rivoluzione per la diagnostica medica che, attualmente, si basa su tecnologie che rivelano al più centinaia di migliaia di marcatori. Nature Communications ha pubblicato il lavoro e Nature ha pubblicato su questa innnovativa tecnologia SiMoT un “technology highligth”“La prima evidenza sperimentale della misura di concentrazioni bassissime di proteine fino al limite record di una singola molecola è stata possibile usando un transistor di dimensioni millimetriche. È una ricerca alla quale abbiamo lavorato per oltre due anni ed è una grandissima soddisfazione vederla decollare”, sottolinea Gaetano Scamarcio del Cnr-Ifn. “Il risultato promette ricadute strategiche di grande rilevanza per il futuro della diagnostica medica, poiché le dimensioni e la struttura del dispositivo ne consentono la produzione su vasta scala a costi contenuti. Il dispositivo è robusto ed affidabile e pertanto facilmente impiegabile fuori dal laboratorio.”

“La nuova tecnologia, battezzata SiMoT (Single-Molecule with a Transistor), si basa su strati auto-assemblati e bio-funzionalizzati di spessore nanometrico, inglobati in dispositivi di grande area compatibili con lo sviluppo di prototipi di facile uso anche fuori dai laboratori di ricerca”, ricorda Luisa Torsi di Uniba. “La sensibilità della tecnologia SiMoT, in grado rivelare un singolo bio-marcatore, è talmente elevata da non poter essere migliorata oltre; si tratta, pertanto, di un record mondiale assoluto. Questo risultato – sottolinea – è stato raggiunto grazie all’enorme amplificazione del segnale ottenuta integrando nel un transistor bio-elettronico un film che simula la membrana cellulare. L’intuizione è arrivata osservando che alcune cellule, attraverso la propria membrana, sono in grado di riconoscere singole proteine come i ferormoni. In termini tecnici si può inoltre affermare che la rivelazione SiMoT è ‘selettiva’ in quanto vede solo il bio-marcatore specifico di interesse, ed è ‘label-free’ poiché diretta e non mediata da altre molecole. Inoltre, è una piattaforma generale che può essere facilmente adattata alla rivelazione di uno specifico bio-marcatore, per esempio un antigene. Per farlo, è sufficiente integrare nel dispositivo l’anticorpo che riconosce l’antigene di interesse”.

“La medicina di precisione ha bisogno di strumenti sempre più sensibili e performanti che consentano di applicare le tecnologie più avanzate nella pratica clinica quotidiana: la digitalizzazione dell’analisi dei bio-marcatori che li quantifica a livello della singola molecola è dunque la nuova frontiera. La tecnologia SiMoT promette quindi di essere un prezioso strumento che consentirà ai clinici di associare il più piccolo aumento di un determinato bio-marcatore, alla progressione della patologia. Sarà forse addirittura possibile identificare il momento preciso in cui un organismo passa dall’essere ‘sano’ al divenire ‘malato’ aumentando enormemente la capacità di curare le patologie attraverso metodi di trattamento tempestivi, specifici e mirati. L’elevatissima sensibilità di SiMoT potrà essere utile anche per tenere sotto controllo le recidive, per esempio dopo l’asportazione di un tumore; ma anche per limitare l’uso di procedure invasive come le biopsie permettendo la rilevazione di marcatori in fluidi biologici facilmente accessibili come il sangue, l’urina o anche la saliva nei quali i marcatori sono presenti a concentrazioni bassissime”, conclude Scamarcio.

Si prevede che la tecnologia SiMoT possa quindi contribuire al miglioramento della qualità della vita e della longevità delle generazioni a venire contribuendo, al contempo, alla riduzione della spesa sanitaria.

(com.unica/aise 14 settembre 2018)

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