Sport e disabilità: Bebe Vio, Martina Caironi e Alex Zanardi al Museo di Storia della Medicina di Padova
Tre storie, tre esempi, tante emozioni: il mondo dello sport paralimpico, degli atleti e delle tecnologie più innovative viene raccontato a partire da lunedì 8 ottobre al MUSME, il Museo di Storia della Medicina di Padova, che si arricchisce della nuova importante installazione dedicata a Sport, Tecnologia e Disabilità. Per la prima volta tre meravigliosi campioni, Martina Caironi, Bebe Vio e Alex Zanardi, hanno deciso di “esporsi” in un museo italiano, il MUSME, mettendo a disposizione i supporti con cui hanno vinto gare di livello mondiale: la gamba con cui Martina si è sempre allenata per diventare la donna con protesi più veloce al mondo; il braccio usato da Bebe sia nel corso degli allenamenti che nelle gare, dal gennaio 2010, dopo la malattia, ai Mondiali di Budapest dell’ottobre 2013; la handbike con cui Alex ha vinto l’Oro alle Olimpiadi di Londra nel 2012. Accanto ai tre oggetti-simboli saranno esposte le video testimonianze dei tre protagonisti che raccontano la loro passione ed esperienza.
Lo sport, grazie anche alla testimonianza di questi atleti paralimpici, rappresenta in quest’ottica l’antidoto all’apatia e all’isolamento, lo strumento migliore per una riabilitazione fisica e psicologica, che ridà passione e fiducia e favorisce il confronto con gli altri. È da qui che nasce il concetto, caro al Presidente della Fondazione MUSME, Francesco Peghin, dello “sport come veicolo e medicina per il superamento di ogni barriera”. Una medicina che permette spesso di (ri)diventare protagonisti della propria vita.
Obiettivo del MUSME è, infatti, proiettare una visione inclusiva della società, che restituisca qualità alle nostre esistenze e dia valore alle persone, alla loro volontà, al loro impegno, alla loro resilienza. Alla base del progetto c’è un’apertura verso tutti i campioni del quotidiano, che affrontano situazioni difficili, spesso in condizioni di estrema fragilità. Con loro e con diverse associazioni il Museo s’impegna a costruire una rete di rapporti attraverso incontri, presentazioni e momenti di dialogo, avendo già instaurato, in questa occasione, un’importante sinergia con il Comitato italiano paralimpico della regione Veneto. Attraverso questa operazione che coinvolge, oltre ai tre grandi sportivi, anche l’Università di Padova, parte del Comitato scientifico museale, il MUSME pone, inoltre, l’attenzione sull’importanza del progresso medico-tecnologico nel campo delle protesi per disabili affinché queste siano sempre più accessibili a tutti.
Dietro al coraggio e alla forza di tre singole personalità c’è una collettività di ricercatori, discipline, studi che ogni giorno sviluppa e porta avanti delle ricerche per il miglioramento della vita di tutti coloro che si trovano in condizioni di disagio. Questi straordinari supporti all’attività motoria, le protesi di Bebe Vio e di Martina Caironi, gli apparati biomeccanici come la handbike di Alex Zanardi, richiedono oramai un’interdisciplinarietà complessa e sforzi congiunti al servizio di tutti. Come osservano Laura Nota, professore associato di Psicologia dello sviluppo e psicologia dell’educazione e Delegata all’Inclusione e Disabilità, e Arturo Natali, professore ordinario in Bioingegneria Industriale, “il lavoro di creazione di questi dispositivi richiede la condivisione di competenze relative al mondo della fisica, della chimica, della biologia, dell’ingegneria, della medicina e della psicologia… Dietro a una protesi si nascondono ore di analisi sperimentale e computazionale al fine di perseguire un risultato ogni volta migliore, per ridare a una persona funzionalità che potevano sembrare irrimediabilmente perdute”. Lo confermano le parole degli atleti: “Una bellissima sensazione, non è facile da spiegare, perché per chi perde l’uso di una gamba, tornare a correre e riuscire ad andare veloce, sentire l’aria sul viso è un’emozione straordinaria”, dice infatti Martina Caironi, pluricampionessa olimpica, la donna con protesi più veloce al mondo. Aggiunge Bene Vio: “da amputata non sapevo che avrei potuto riprendere a fare sport. Gli amputati non sanno di avere queste possibilità. Volevo tirar fuori i disabili dalle case, allontanarli dalla tv e portarli a divertirsi”, spiega la campionessa mondiale di scherma. E poi, Zanardi: “quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa. È stato questo a permettermi di iniziare a trasformare quanto era accaduto in un’opportunità”.
Questi tre grandi atleti dimostrano quindi che, attraverso la forza veicolata dallo sport e l’innovazione in campo medico e tecnologico, diventa possibile gestire e superare eventi negativi, traumi, malattie, menomazioni che, al di là della disabilità fisica, interessano tutti. Compito del Museo è promuovere e diffondere una cultura della sensibilizzazione ai valori della solidarietà, del coraggio e della determinazione, perché insieme si possono vincere le sfide più improbabili.