Sono stati in 4.500 a rispondere all’invito della prima edizione del Festival delle Migrazioni – Siediti vicino a me, partecipando dal 20 al 23 settembre 2018 a Torino alla quattro giorni di appuntamenti sui temi della migrazione, della convivenza e del dialogo condiviso, tra gli spazi di San Pietro in VincoliSermig – Arsenale della PaceScuola Holden e Cottolengo. Il festival, organizzato nell’ambito del programma di eventi di Terra Madre IN, è ideato dalle Compagnie torinesi A.C.T.I. Teatri Indipendenti, AlmaTeatro e Tedacà, con il sostegno di Regione Piemonte, Fondazione Piemonte dal Vivo e Compagnia di San Paolo, con il patrocinio della Città di Torino e il patrocinio dell’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte, in collaborazione con Sermig – Arsenale della Pace, Scuola Cottolengo, Scuola Holden e associazioni che si occupano di migrazione presenti sul territorio. 

Tra spettacoli teatrali, workshop tematici, reading, concerti, momenti di convivialità e laboratori, i 27 eventi in programma hanno sempre registrato il tutto esaurito, a testimonianza di come pur essendo alla sua prima edizione il festival sia stato accolto dal pubblico con entusiasmo e partecipazione. La realizzazione del festival è stata possibile grazie a 60 persone tra staff, tecnici e volontari impegnati per un anno e mezzo di lavori, coinvolgendo 50 ospiti e 130 artisti provenienti da 25 Paesi diversi. Questi numeri si sono tradotti, nel corso della quattro giorni, in occasioni di condivisione e di confronto. Ne è un esempio la Cena delle cittadinanze di sabato sera che ha riunito alla stessa lunghissima tavolata allestita presso l’ex Cimitero di San Pietro in Vincoli più di 500 persone provenienti da ogni parte del mondo, che hanno condiviso il cibo portato da casa, scambiando tra vicini di posto pasta al forno con riso somalo con uvetta e spezie; e che dopo hanno ballato sulle note afro-jazz dei Kora Beat. Grande emozione per le due voci femminili del festival: giovedì sera la scrittrice e cantante Gabriella Ghermandi, ha incantato il pubblico della Scuola Holden con l’Atse Tewodros Projects, un concerto che mette in dialogo artisti etiopi e italiani, raccontando con la musica storie della tradizione etiope. A chiudere il festival è stata Ottavia Piccolo con lo spettacolo Occident Express accompagnata dall’Orchestra multietnica di Arezzo: in scena la storia vera di Haifa, anziana donna irachena che nel 2015 percorre 5.000 km per sottrarre la nipotina alla guerra.

Il pubblico è intervenuto numeroso anche alla rappresentazione dell’opera da camera Katër i Radës. Il naufragio basato su un testo di Alessandro Leogrande, prodotto dalla Biennale di Venezia e realizzato da Koreja Cantieri Teatrali; così come ha affollato San Pietro in Vincoli in occasione dell’irriverente spettacolo I Veryferici, attraverso cui gli Shebbab Met Project raccontano in provocatoria la vita nelle periferie di diverse città. Ottima inoltre la partecipazione agli incontri, che hanno proposto approfondimenti e punti di vista diversi sul tema della migrazione: da quello sul caporalato e le lotte intraprese contro lo sfruttamento con Yvan Sagnet a Frontiere rivali, frontiere solidali sul contrastato passaggio in Francia dei migranti, a Quelli che se ne vanno. La nuova emigrazione italiana con Enrico Pugliese, per trattare di un altro tipo di esodo: quello dei giovani italiani. A chiudere la serie di incontri lo scrittore indiano Amitav Ghosh che domenica ha presentato La Grande Cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile, in dialogo con l’etnopsichiatra Roberto Beneduce.

Il Festival delle Migrazioni – Siediti vicino a me è un invito collettivo a incontrarsi per riflettere sulle resistenze culturali, sulla convivenza, sul concetto di comunità e accoglienza, che vede in dialogo la popolazione italiana autoctona, le persone di diverse provenienze che da anni sono residenti qui e sono diventate cittadine italiane, le seconde e terze generazioni, chi da poco è arrivato nella nostra città e vive nei centri di seconda accoglienza, tutti da considerarsi come soggetti culturali attivi del nostro territorio.  Il Festival è anche un dialogo contro la paura, un’occasione per combattere l’idea che il fenomeno migratorio sia comparso improvvisamente in tempi recenti. Allo stesso tempo raccontare le storie dei protagonisti di tali migrazioni è un modo per rendere il fenomeno meno astratto e dar loro un’identità, per evitare facili semplificazioni e strumentalizzazioni. 

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