La valle del Raiale: natura incontaminata e gioielli poco conosciuti dell’arte abruzzese
Domenica 23 settembre ho avuto il piacere di accompagnare un gruppo di persone proveniente dalla costa abruzzese (in gran parte insegnanti, tra i quali il professor Fernando Tammaro, botanico a lungo attivo nell’Università dell’Aquila). La visita, organizzata dalla professoressa Agnese Petrelli, presidente della sezione abruzzese dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia (A.I.I.G.), aveva per destinazione la ridente valle del Raiale.
La prima tappa, a Paganica, è stata quella alla Chiesa di San Giustino, antichissima, in stile tipicamente romanico, dalla scarna e severa bellezza che invita al raccoglimento.
Dopo una breve visita alla villa comunale e a Palazzo Dragonetti, si è fatto sosta alla Madonna d’Appari, vero gioiello incastonato nella roccia e lambito dalle acque di un gorgogliante ruscello. Nel cinquecentesco portale principale, la lunetta raffigura una Madonna col Bambino, mentre nella lunetta del portale laterale, a due passi dal ruscello, compare una bella immagine di Sant’Anna con la Vergine Bambina. A poca distanza, sulla stessa parete, si scopre un antico disegno scolpito nella roccia dal profondo significato simbolico.
La piccola fiabesca chiesa riserva al visitatore, appena dentro, un’autentica ed insospettata fantasmagoria di colori : dalle volte e dalle pareti emana un profluvio di luce, degno di una chiesa rinascimentale fiorentina.
Una stupenda Crocifissione e scene della vita di Maria, attribuiti a Francesco da Montereale, affrescano la volta del Presbiterio, mentre sulla parete destra un pregevole affresco raffigurante una Comunione agli apostoli nell’ultima cena – opera del figlio del suddetto Francesco – fa da sfondo ad un’edicola semicircolare con imbotte a cassettoni e archivolto riccamente inghirlandato. Altri affreschi, sulla parete di destra, raffigurano Sant’Antonio e San Bernardino da Siena, molto popolare nelle chiese dell’Aquilano.
Unico dipinto ad olio, una grande e bella tela di fine cinquecento all’inizio della parete di sinistra, attribuita al pittore aquilano Pompeo Mausonio: Madonna del Rosario, inquadrata nei 15 pannelli dei Misteri, che molto ricorda la Madonna di Pompei.
Di fronte a tanta bellezza si rimane letteralmente avvinti, e quasi non ci si staccherebbe da questo piccolo angolo dove pare che natura, fede e poesia si siano date appuntamento.
Abbiamo risalito la valle e ci siamo portati ad Assergi, antico castello medievale che mostra in bella vista le mura di cinta sapientemente ristrutturate. Attraversando l’antica porta d’ingresso, siamo giunti alla piazza del borgo, bella sotto un cielo terso, con al centro una fontana dove un tempo le donne attingevano l’acqua con le conche di rame che poi portavano agilmente sulla testa. Sullo sfondo, la Chiesa Santa Maria Assunta, con la sua luminosa facciata in levigata cortina a pietra concia, il portale finemente romanico, il leggiadro gotico rosone e il superbo campanile a vela.
Un grande storico dell’arte, che visitò la chiesa agli albori del secolo scorso, disse che essa parlava tante lingue per quanti erano gli stili architettonici che si erano succeduti nel corso della sua vita quasi millenaria. All’originario romanico, si sovrappose nel ‘700 il ridondante barocco, che ne seppellì in sconce colate di stucco la sobria eleganza degli interni luminosamente affrescati, e pretese di rimodellare colonne e rialzare pericolosamente la volta centrale. Solo la facciata non si ebbe la sfrontatezza di toccare, mentre si rimurò dall’interno il rosone e la gotica finestra sopra l’abside. Ci vollero due sostanziali e coraggiosi interventi, tra gli anni ‘60 e i primi ‘70 del secolo scorso, per rimuovere la settecentesca pesantezza estetica e statica, e riscoprire, insieme ad un delicato pur se a tratti frammentario manto decorativo, affreschi di pregio, databili tra il XIV° e XV° secolo, alcuni dei quali attribuiti a Francesco da Montereale e Saturnino Gatti, protagonisti di primo piano, insieme a Silvestro dell’Aquila e al grande Cola dell’Amatrice, del Rinascimento aquilano.
Oggi la Chiesa Parrocchiale di Assergi si offre in tutta la mistica e sobria eleganza che acquisì nel Quattro-Cinquecento, con due asimmetriche cappelle riscoperte, e con alcuni caratteri riferibili al primo gotico (presenti nell’involucro murario e nelle luci), che abbelliscono l’ambiente senza comprometterne l’originaria traccia romanica, che resiste nella forma larga e a tutto sesto delle arcate e nell’abside, semicircolare e di modesta grandezza.
Opere artisticamente pregevole è l’altare lapideo dedicato a San Franco, protettore di Assergi, raffigurato in una elegante statua lignea quattrocentesca contornata da bozzetti che ricordano episodi salienti dell’esistenza terrena del santo eremita. Vicino all’altare maggiore, si può ammirare uno stupendo tabernacolo in pietra policroma del 1502 che sposa felicemente il gotico e il rinascimentale, mentre dall’altro una piccola edicola lignea in stile barocco incornicia una graziosa immagine di Madonna con Bambino.
Tutto questo ed altro hanno potuto ammirare gli attenti e qualificati visitatori. Non è stato possibile, per motivi tecnici, scendere nella cripta, autentico gioiello nel gioiello, antichissima, parlante il linguaggio misterioso del Medio Evo. In essa due opere d’arte, l’argentea urna contenente le ossa di San Franco (opera di Giacomo di Paolo da Sulmona) e la statua lignea raffigurante una misteriosa donna coronata su cui è fiorito, attraverso i secoli, un’affascinante racconto popolare (regina del Cielo o regina della Terra ?), diretta erede, quanto a stile scultoreo, della cosiddetta scuola francese “Ile de France” potrebbero, da soli, giustificare un’ intera sala museale.
La mattinata è terminata con un pranzo conviviale, seguito da una breve visita al Santuario di San Pietro della Genca, dedicato a San Giovanni Paolo II°. La singolare giornata è terminata con la promessa, strappata ai visitatori della Costa, di tornare in questa affascinante Valle del Raiale, angolo d’Abruzzo all’ombra del vecchio Gran Sasso, tra valli amene, acque chiare e antiche suggestive chiese.
Un figlio di Assergi, direttore didattico e poeta tra le due guerre, dedicò alla Chiesa di Santa Maria Assunta un commosso sonetto, scritto nel 1931:
DAVANTI ALLA CHIESA DI ASSERGI
Commosso un canto a l’arte sua vetusta
scioglier vuole un tuo figlio, bella chiesa
sorgente dalla roccia: il tempo resa
t’ha ognor più sacra e ognora più venusta.
Nei secoli, di gloria fosti onusta
e meta di fedeli: a tua difesa
sorser le mura del Castel che offesa
non permisero a tua grandezza augusta.
Passar generazioni in pia preghiera
fra le svelte tue tre, ampie navate
che cantici ascoltaro e nenie tristi.
Qual madre, il giorno e ne la bruna sera
accogli ancor le genti affaticate:
alle ingiurie dei secoli resisti !
(Silvio Lalli)
Giuseppe Lalli, com.unica 1 ottobre 2018