Incontro con la pianista Maria Di Pasquale

Abbiamo incontrato a Roma Maria Di Pasquale, pianista e clavicembalista, interprete ed arrangiatrice di musiche di grandi compositori della musica classica e moderna – ha lavorato per esempio con Ennio Morricone –, ma che propone anche delle proprie composizioni, ricche come lei di fascino, femminilità e bravura senza fine. Profonda conoscitrice di diverse culture, viaggiatrice non soltanto nelle interpretazioni musicali, possiede un vasto bagaglio di esperienze professionali, umane e culturali.

Maestro o professoressa Di Pasquale – da anni è docente “AFAM – Alta Formazione Artistica Musicale” in Musica da Camera, “Prassi esecutiva e repertorio” -: frugando nella Sua carriera troviamo fior di concerti come solista, in duo, quartetto, orchestra. Dalla musica classica ai laboratori per bambini. Uno studio continuo durato decenni come “alunna” ed altri decenni passati a suonare in Italia ed all’estero. Il Suo mondo è estesissimo e non per niente viene considerata esploratrice degli universi sonori.

Anzitutto via il “Maestro” o la “professoressa”. E’ quel che dico spesso ai miei alunni: le categorie che più mi interessano sono “pianista”, “donna”, “persona che vuole conoscere di continuo”, ed essendo difficile chiamare qualcuno in questi modi, va bene se mi chiama Miriam.

Miriam? semmai Maria

No “Miriam” per favore. Le anticipo la domanda seguente: Miriam perché è un punto d’arrivo di uno dei tanti percorsi che ho scelto nella vita. Tornare al passato perché Miriam è il nome basilare delle “Marie” transnazionali. E’ vero che da parecchio insegno e da alcuni anni sono docente presso la “Fondazione Milano – Scuola Claudio Abbado”, oltretutto si tratta della scuola che ho frequentato e dove ho ottenuto i miei primi diplomi: le prime conquiste contro chi non ci aveva creduto. Sono poi partita dalla mia città, Milano, per continuare a studiare anche altrove, come in Austria, Svizzera, Francia. Oggi continuo il percorso “da alunna” attraverso i miei allievi di qualsiasi età, ma non solo: anche a casa mi esercito ogni giorno. Suonare è un esercizio incessante. La musica, le sonorità, sono iniziate agli albori della vita, sviluppandosi poi attraverso la storia. Fra i percorsi continui vi sono la ricerca di un’ottima interpretazione, ma anche la possibilità di amalgamare la propria sensibilità condita con l’esperienza, per ottenere un perfetto remake che porti lo spettatore a comprendere brani difficili per le proprie conoscenze. E quanto è difficile collocare ogni propria emozione ed ogni sentimento sullo spartito. Si vorrebbe ricominciare da capo ogni brano perché sembra sempre non esaustivo.

Come se fosse un quadro?

Esattamente: qualsiasi opera d’arte non accontenta l’artista: non per niente le tonalità si trovano sia in pittura che in musica ed in entrambi i significati si vorrebbero modificare assieme ai colori o alle note. Che si tratti di principi armonici o di chiaro-scuri, vi sono sempre quegli accordi in una gerarchia di equilibri che dovrebbero suggellare i pensieri dei “creatori”, ma che non vi riescono mai sufficientemente per l’enorme velocità con la quale si vuole imprimere sullo spartito come su di una tela, il proprio pensiero, la propria visione delle cose, dei fatti, degli animi, delle passioni.

Fra i suoi progetti, nel contesto direi di come amerebbe farsi chiamare, vi è “Alma e le altre”. Può parlarcene?

Con una sensibilità riconosciuta come superiore, “Alma e le altre” si fanno carico del dramma umano ma anche del senso della vita che disturba la società contemporanea. La maggior parte di loro si sente intimamente libera e sfrutta questa libertà per scoprire e conoscere, specialmente in un momento storico nel quale l’arte in tutte le sue forme si arricchisce di novità e di avanguardie. Alma Schindler Mahler è un esempio sopra a tutti, la sua è una vera e propria sete di espressione, musicale, certo, ma anche relazionale, in ogni possibile senso. Si tratta di curiosità nella sua forma più pura e di esplorazione di varie tonalità dell’anima. A tutte queste donne incredibili è stato storicamente riservato uno spazio insufficiente, che prescinde totalmente dal loro valore. Questo progetto che porto avanti da anni, parla di 15 compositrici di 9 nazionalità diverse.

Per quanto riguarda invece “Allegro con Saudade”?

Si tratta di un concerto di “Musica colta Brasiliana” del periodo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, riproposti con arrangiamenti moderni, che ha avuto la sua Première nel febbraio 2016 a Roma. Molti di questi autori sono musicisti emigranti italiani con un patrimonio di formazione musicale classica europea, che si sono fatti contaminare dai suoni, dai ritmi, dai colori della terra che li ha accolti. Allegro con Saudade è un viaggio musicale che parte dalla musica classica di oltre un secolo fa per arrivare all’odierno, inconfondibile, stile brasiliano. Il titolo dello spettacolo utilizza due parole a loro modo uniche, universali e intraducibili. Allegro è un termine della lingua italiana, ma è ancora di più un’indicazione musicale, un colore dell’interpretazione artistica, ed è in italiano perché la nostra è la lingua della musica, usata in ogni parte del mondo. Saudade è una parola portoghese, legata strettamente all’anima e alla natura della cultura brasiliana, intraducibile se non usando più concetti: mancanza, malinconia, nostalgia. Insieme, rappresentano nella loro unicità e nel loro incontro la natura di ciò che stiamo cercando. Nel corso del concerto vengono eseguiti brani di Villa Lobos e Camargo Guarnieri, Ernesto Nazareth e Radames Gnattali, che hanno saputo creare una vera e propria matrice nazionale del tutto unica e originale.

Sicuramente ha in mente un nuovo progetto …

Certo che sì, altrimenti non mi guarderei più davanti allo specchio: un musicista deve imparare e trasmettere di continuo, incessantemente: un compito ed un dovere che è – senza prendere in giro nessuno, ma anzi intendendo rimarcarne la serietà – “nei secoli fedele”. Ultimo dei miei progetti (almeno fino a stamane) “Musicaust”. Per le ricorrenze legate al Giorno della Memoria ho eseguito quest’anno a Verona, assieme alla violinista Estera Kawula, un concerto di autrici che hanno vissuto durante il periodo della Shoah: alcune deportate, altre “solamente” discriminate e nascoste. Non soltanto la difficoltà di essere donna in mondo maschilista, ma la “colpa di essere ebrea”. Non si è trattato di un omaggio alle vittime ma di una presa di coscienza collettiva del fatto che l’uomo è stato capace di questo, la consapevolezza di quello che è accaduto e che non deve più ripetersi. Il progetto si è successivamente sviluppato grazie al giornalista Davìd Baumann col quale abbiamo integrato musica e testi, fotografie e riproduzioni di opere d’arte. “Musicaust” farà parte di un più ampio progetto dal titolo “Ebrei per caso” che comprenderà anche delle mostre di artiste sempre vissute in quegli anni bui per l’umanità.

“M” come “Maestro”, “M” come “Miriam”. Una personalità dolce ma con la stessa intensità graffiante quando porta avanti le proprie idee. Dalle mille esperienze anche sofferte, all’insegnamento di valori antichi ma sempre essenziali per il corretto proseguo della cultura e dell’umanità. Il pianoforte della Di Pasquale echeggia anche le urla dei deportati ed i bambini che soffrono per quelle carenze che troppo spesso ci vedono ancora distanti. In un mondo “civilizzato” le donne restano ancora emarginate. Grazie per far risuonare queste urla in note che si tingono di colore per uscire dall’oscurità.

Massimiliano Gold, comunica 11 ottobre 2018

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