Viaggio in Molise, tra le bellezze degli eredi dei Sanniti
Lo scrittore Goffredo Palmerini ci fa riscoprire le meraviglie del Bel Paese
In un fine gennaio con luminose giornate di sole partiamo di buonora da L’Aquila verso il Molise, la più piccola regione d’Italia dopo la Val d’Aosta. Siamo sull’antica “via degli Abruzzi”, il tragitto che sin dal Medioevo collegava Firenze con Napoli, passando per Perugia, L’Aquila, Sulmona, Isernia e Capua. Le catene montuose del Gran Sasso, del Sirente e della Majella, imbiancate e brillanti di neve, ci fanno da cornice. E’ uno spettacolo che non finisce mai di stupire l’imponente splendore di questi monti d’Abruzzo. Da Sulmona la strada prende ad inerpicarsi con una serpentina di curve fino all’altopiano delle Cinquemiglia. Un vasto pianoro verde e una cordonatura di boschi accompagnano la strada in rettilineo, fino a Roccaraso. Poi si scende verso Castel di Sangro, ultimo centro abruzzese prima d’entrare in Molise, regione ricca di storia, di borghi arroccati su monti e colline come piccoli presepi, di eremi e monasteri, di antiche vestigia.
Una trentina di chilometri, in un paesaggio incantevole, e siamo ad Isernia. La città ha il centro storico allungato su uno sperone roccioso, tra due valloni dove scorrono torrenti che alimentano più giù il fiume Volturno. Molto antica è la città, in questa terra dei Sanniti Pentri, il coraggioso popolo che osò sfidare Roma in tre guerre. Il suo cuore è la Piazza Celestino V con la splendida Fontana Fraterna, del XIV secolo. Colonnine e capitelli disegnano la fontana come una magnifica loggia. La Cattedrale e la chiesa di S. Maria Assunta sono da vedere, come da visitare è il Museo civico, che conserva epigrafi lapidee e sculture d’epoca sannita e romana, nonché reperti di età paleolitica rinvenuti nella vicina area archeologica. Ricca la gastronomia, che affida alle carni di maiale, agnello e capretto il trionfo del gusto, insieme a piatti di legumi, pasta lavorata a mano e minestre con i sapori del luogo, insieme al sapido Pentro d’Isernia, un vino d’eccellente fattura, che fa il paio con il Biferno rosso e bianco. Lasciamo la città capoluogo di provincia per raggiungere Venafro, incantevole cittadina nella valle del Volturno, al confine occidentale del Molise. Anch’essa antico centro sannita, poi romano, offre numerosi spunti d’interesse nella Cattedrale, a struttura romanica con influenze gotiche, con la zona absidale costruita con materiale lapideo proveniente dal vicino teatro romano. Ben conservati gli affreschi all’interno del tempio. Degni inoltre di visita il Castello Pandone, la Torre medievale, le chiese e il Verlasce, struttura ellittica dell’antico anfiteatro, che risaltano sull’impianto ortogonale della città contornato da cinta muraria. Venafrum fu ameno luogo di villeggiatura, citato da Cicerone, Plinio e Orazio.
Riprendiamo il viaggio verso Campobasso. Non prima, però, d’una sosta a Bojano, cittadina alle falde dei boscosi monti del Matese. Leggendaria l’origine di Bovianum. Il mito della sua fondazione la vuole sorta nel VII secolo a.C. quando nel Ver Sacrum un toro che guidava la migrazione dei Sabini si fermò qui, generando le genti che poi furono sannite. Un mito diventato ora tradizione popolare con la suggestiva rievocazione in costumi. Il luogo nel 290 a.C. fu teatro dell’ultima cruenta battaglia che portò l’esercito romano, al comando di Curio Dentato, alla definitiva vittoria sui Sanniti nella terza guerra con l’orgoglioso popolo italico. Significativa è la Cattedrale di Boiano, edificata nel 1080, con facciata in pietra sulla quale spiccano il portale e il rosone duecenteschi. Nelle vicinanze anche la chiesa di S. Erasmo, con magnificente portale gotico e tre bifore, mentre nel chiostro sono murati stemmi e reperti lapidei romani e altomedievali. Altre chiese di epoche diverse e palazzi gentilizi adornano la cittadina, sita presso le sorgenti del Biferno. A una ventina di chilometri da Bojano merita una visita l’area archeologica di Saepinum, presso l’attuale Sepino. L’area quadrangolare conserva tratti delle mura della città romana, rafforzate da torri circolari, i cui resti risalgono all’età augustea. A ridosso della cinta muraria, dove si aprono quattro porte principali, c’è il teatro, mentre sul foro affacciano alcuni edifici pubblici e la basilica, della quale resta il colonnato. Fuori le mura la necropoli, con il mausoleo di Ennio Marso.
Eccola Campobasso, la città capoluogo della regione, erta sul colle. Non sarebbe questo il tempo per apprezzarne la tradizione più suggestiva, nella festa del Corpus Domini, giorno della Processione dei Misteri, con i portatori e i figuranti delle scene di sacra rappresentazione. Bisognerebbe scegliere quel giorno per apprezzare intensamente Campobasso. La città moderna è nella parte pianeggiante, mentre sul colle dominato dal Castello Monforte la città antica di probabile origine longobarda, caratteristica nell’intrico di vie e scalinate che arrancano verso la sommità dell’erta dove insiste la possente fortezza, dalle mura merlate e i torrioni angolari, ricostruita a metà Quattrocento. E’ davvero intrigante perdersi nel reticolo viario della città vecchia per ammirarne singolarità e dettagli architettonici. Vi si trovano le chiese duecentesche di S. Giorgio, con campanile a bifore e affreschi trecenteschi, e S. Bartolomeo, con bel portale. Interessante la chiesa di S. Antonio Abate, con preziosi altari lignei e tele di Francesco Guarino, figura di spicco nella pittura napoletana del Seicento. Consigliabile una visita al Museo del Presepio, con presepi in miniatura dall’Italia e dal mondo, i più antichi risalenti al Settecento. Da segnalare l’insigne produzione di coltelli, forbici e accessori, una vera arte che ha l’eccellenza in Campobasso e Frosolone, in provincia d’Isernia.
Ci lasciamo alle spalle Campobasso mentre si scende verso il mare, la strada volteggiando sulle giogaie delle colline che già ostentano le chiome degli ulivi, che qui danno un olio eccellente. A metà percorso verso la costiera dell’Adriatico si fa una sosta a Larino, cittadina agricola con accattivanti scorci medievali e resti archeologici della Larinum romana, con un anfiteatro del II secolo d.C. e una villa dalla quale provengono i tre splendidi mosaici esposti nel Palazzo Ducale. A fine maggio, nella festività del patrono S. Pardo, centinaia di carri inghirlandati di fiori e impreziositi di coperte ricamate, trainati dai buoi percorrono le vie di Larino fino a sera, quando alla luce delle torce s’alza la melodia del “carrese”, antico canto della tradizione contadina e pastorale. Non lontano, a sud, c’è Ururi, un borgo da secoli abitato da un’antica colonia di Albanesi, una vera enclave culturale che conserva gelosamente, da mezzo millennio, lingua costumi tradizioni e riti religiosi dell’Albania, da cui fuggirono per sottrarsi alla persecuzione dei Turchi.
Ancora un po’ di strada ed ecco Termoli, bella città sul mare, con il suo bel porto da dove partono traghetti per le isole Tremiti. Il grazioso centro storico sta su un promontorio di roccia che affaccia sul porto, su spiaggette e insenature. Guarda verso il mare pure la splendida facciata del Duomo, del XII secolo, tra le più belle espressioni d’architettura romanica nella regione. Impreziosita da lesene, archi e bifore, la facciata ha un magnifico portale. Belle anche l’abside e una fiancata della chiesa, come notevoli sono l’interno e la cripta. Poco più su si trova il Castello, una piramide tronca sulla quale si eleva una torre. L’intero promontorio è munito di mura robuste, fatte edificare da Federico II a difesa del porto e della città. La parte nuova, ordinata e ricca di verde, è più su del centro storico, mentre non lontano dal litorale, in una chiesa dismessa, c’è la Galleria civica che espone opere d’arte contemporanea e ospita esposizioni di arti figurative.
Lasciata Termoli, seguiamo la statale adriatica fino a San Salvo, per risalire lungo la valle del fiume Trigno che scende dall’Appennino. La valle, anche nella stagione invernale, propone cromie mutevoli e il paesaggio è denso di richiami. Il fiume alimenta una vegetazione che nella bella stagione sarà rigogliosa di verde. Risaliamo il costone meridionale della valle fino a Trivento, centro con l’antica sede vescovile risalente all’anno Mille. La Cattedrale, dedicata ai Santi Celso, Nazario e Vittore, fu costruita sui resti d’un tempio di Diana. Molto bella è la cripta paleocristiana, a piccole navate, che contiene il sepolcro di S. Casto con un bassorilievo della SS. Trinità tra due delfini. Interessanti il Castello ducale e la lunga scalinata che in 365 gradoni conduce alla piazza del Duomo. L’antica Trivento dei Sanniti Pentri diventò municipio romano, Terventum, nel I secolo a.C. Nelle vicinanze sono state rinvenute ville rustiche di epoca romana dove si producevano olio e vino. Abbiamo ancora un’altra tappa da fare, ad Agnone. Mentre riprendiamo il viaggio risalendo la valle, indicazioni stradali segnalano la diramazione per S. Angelo Limosano. Non abbiamo tempo per una visita, ma solo per rammentare che nel 1209 là nacque Pietro Angelerio, il monaco benedettino che il 29 agosto 1294 diventò papa Celestino V a L’Aquila, nella Basilica di Collemaggio, dove prese la tiara davanti a 200mila pellegrini, come le cronache dell’epoca raccontano. Fu una figura importante per la spiritualità del tempo, insieme a Francesco d’Assisi e a Gioacchino da Fiore, con i suoi gesti rivoluzionari, come l’istituzione della Perdonanza – il primo giubileo della cristianità – e le dimissioni dal soglio pontificio a cinque mesi dall’elezione. Un gesto che nel 2013 papa Benedetto XVI avrebbe replicato.
Siano infine arrivati ad Agnone, magnifica cittadina d’origine sannita rinomata per la millenaria arte della fusione di campane, che rintoccano in mezzo mondo, e per l’arte orafa. Famosa l’antica fonderia Marinelli, che appunto risale all’anno Mille, tra le poche che hanno il privilegio di fregiarsi dello stemma pontificio. La città ha preziosi monumenti, come la parrocchiale di San Francesco, con il pregevole portale gotico sormontato da un rosone, e le chiese di S. Emidio, S. Antonio Abate, S. Amico, S. Nicola, S. Pietro, Santa Maria a Majella, Santa Croce ed altre fuori le mura. Pregevole anche l’architettura civile, nei palazzi gentilizi e nel teatro italo-argentino, costruito nella prima metà del Novecento con le offerte degli agnonesi emigrati in sud America. Famoso il caciocavallo di Agnone, insieme alle scamorze tipico esempio della tradizione casearia del Molise, che vanta anche una vasta gamma di formaggi ovini e caprini, un’eccellente produzione di pasta alimentare, di olio e vini di qualità, di salumi tipici e di coltivazione del tartufo. Il nostro viaggio finisce a Pietrabbondante, suggestivo borgo del quale non vi parliamo, ma che già nel nome evoca la ricchezza di meraviglie e sapori del Molise, terra con tante curiosità da scoprire e da apprezzare, senza inutile fretta.
Goffredo Palmerini*, com.unica ottobre 2018
*L’articolo è stato già pubblicato sul numero WINTER 2018 del magazine i-Italy, attualmente in distribuzione in decine di migliaia di copie a New York, Washington, Boston, Miami, Los Angeles, San Francisco. La bella rivista trimestrale, diretta da Letizia Airos, dopo i servizi sull’Abruzzo, sul Gargano, su Matera e la Basilicata, sul Garda bresciano, sulla Calabria jonica, sulla Sicilia barocca, con questo sul Molise (a cui sono state dedicate 8 pagine) continua così l’intrigante viaggio lungo il Bel Paese per interessare i lettori americani – il magazine è in lingua inglese – alle meraviglie dell’Italia.
**Nella foto in alto Campobasso, Castel Monforte.