2 dicembre 1804, Napoleone Imperatore dei Francesi
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Persino il filosofo tedesco Friedrich Hegel, il precursore del marxismo, si innamora di lui scrivendo: “Ho visto l’imperatore – quest’anima del mondo – uscire dalla città per andare in ricognizione. È veramente una sensazione meravigliosa vedere un simile individuo che, concentrato qui su un punto, seduto a cavallo, si estende sul mondo e lo domina.” L’Imperatore è Napoleone Bonaparte che il 2 dicembre del 1804, nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi, si incoronò Imperatore dei Francesi. Napoleone – basta il nome – dominerà gran parte della storia dell’Europa del XIX secolo e influenzerà idee e movimenti a venire.
Lui “l’Uom fatale” di cui la terra non saprà se una “simile orma di piè mortale la sua cruenta polvere a calpestar verrà” era figlio dell’Isola di Corsica, l’isola data da Genova alla Francia di Luigi XV per questioni di debiti. Giovane restò affascinato dalle idee del grande patriota corso Pasquale Paoli che aveva studiato a Napoli e che fece la guerra ai francesi e fondò la Repubblica, la Repubblica di Corsica, che per prima al mondo ebbe una Costituzione democratica e moderna scritta in Italiano la lingua che Paoli considerava la “lingua colta”.
Quando la Repubblica di Corsica fu sopraffatta e la sua costituzione stracciata, il giovane Bonaparte nonostante il grado di luogotenente del regio esercito francese conseguito presso la scuola militare di Parigi, continuò a non nutrire amore per i francesi che considerava gli oppressori della sua Corsica e arriverà a scrivere: “Francesi, non paghi di averci portato via tutto ciò che ci era caro, avete anche corrotto i nostri costumi. La situazione attuale della mia patria, e l’impossibilità di mutarla, sono dunque un nuovo motivo per fuggire una terra in cui sono obbligato per dovere, a lodare uomini che per virtù dovrei invece odiare.”.
Forse fu a causa della disistima versi i suoi compatrioti corrotti che Napoleone non appoggerà più Pasquale Paoli quando questi tornato in Corsica dall’esilio tenterà una nuova rivoluzione per l’indipendenza. Anzi lo combatterà e lo sconfiggerà e da amico di Robespierre, che intanto era divenuto il padrone della Francia rivoluzionaria e repubblicana, metterà a segno una serie di brillanti successi militari che oltre al grado di generale gli faranno conquistare la stima e l’ammirazione dei più alti gradi militari e del Direttorio della Francia del terrore.
Il grande e inaspettato successo della Campagna d’Italia dove sconfiggerà gli austriaci e i piemontesi gli apriranno la porta per avere tutta la Francia ai suoi piedi. Ma l’ammirazione verso il giovane generale repubblicano valicò i confini di Francia e persino il grande musicista e compositore Ludwig van Beethoven gli dedicò una delle sue più belle composizioni la sinfonia n. 3, la famosa ‘”Eroica”. Beethoven, poi, cancellerà la dedica quando Napoleone si proclamò imperatore. Ecco, Napoleone Bonaparte imperatore dei Francesi. Ma poteva essere diversamente dopo che il mondo intero fu ai suoi piedi? “…Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno; scoppiò da Scilla al Tanai, dall’uno all’altro mar…”.
Il 2 dicembre del 1804, nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi Papa Pio VII benedisse le insegne imperiali con le quali Napoleone Bonaparte fu incoronato Imperatore dei Francesi. “Dio me l’ha data, guai a chi la tocca” dirà ponendosi la corona sulla testa nel Duomo di Milano quando fu proclamato Re d’Italia. Fu imperatore e re non più per grazia divina ma per volontà di popolo. Un imperatore e un re che desidererà tornare a vivere come un privato cittadino nel momento della caduta e della resa. Ma questo gli fu pusillanimemente negato dagli inglesi che senza ammetterlo sapevano che un re tale rimane anche se privo di regno. Il suo regno ancora dura nelle opere, nei codici, negli studi militari. E il poeta canterà: “… dov’è silenzio e tenebre la gloria che passò. Bella Immortal! benefica Fede ai trionfi avvezza! Scrivi ancor questo, allegrati; ché più superba altezza al disonor del Gòlgota giammai non si chinò…”.
(Franco Seccia/com.unica 2 dicembre 2018)