Pesce, carne, legumi, verdure. Ma anche pasta, frutta secca, dolci, senza dimenticare le indispensabili “bollicine”. Nei primi nove mesi del 2018, l’offerta di produzioni biologiche made in Italy si è ulteriormente arricchita grazie all’aumento degli operatori che possono fregiarsi del bollino verde “Bio”. Quasi 4.500 unità in più quelle agricole e ittiche da inizio anno, che portano a oltre 62mila il totale complessivo delle imprese Bio operanti in Italia. La mappa aggiornata delle imprese con certificazione biologica è il risultato dell’intesa tra ACCREDIA, Unioncamere e InfoCamere – operativa dal 2017 – che ha reso disponibili i dati dell’Ente di certificazione attraverso le visure del Registro delle imprese delle Camere di Commercio.

LA MAPPA DELLE IMPRESE “BIO”
Molto più di una moda passeggera, la vocazione alla produzione rispettosa dell’ambiente ha conquistato negli ultimi anni una platea sempre più ampia di imprese. Delle 62.364 aziende certificate, rilevate a settembre scorso, 27mila (il 43,5%) sono state accreditate dal sistema di certificazione nazionale solo negli ultimi quattro anni. Per la maggioranza, si tratta di realtà localizzate nel Mezzogiorno (il 54,1%), più del doppio di quelle con sede al Nord (il 25%) e quasi tre volte quelle del Centro Italia (il 20,9%). Più della metà (il 55,3%) delle imprese certificate si concentra in sole cinque regioni con la Sicilia in testa (14,1), seguita dalla Calabria (13,9), dalla Puglia (11,3), dall’Emilia Romagna (8,6) e dalla Toscana (7,5).  L’84% opera direttamente nel settore agricolo, fattore da cui discende l’accentuata fragilità organizzativa di questi operatori: quasi 3 realtà su 4 (il 72,5% del totale) sono infatti imprese individuali e il 9,8% società semplici. Soltanto l’8,4% ha una veste giuridica più “robusta” (tante sono le società a responsabilità limitata) e ancor meno (il 2,2) sono cooperative. Dall’analisi della governance, il mondo dell’imprenditorialità Bio si caratterizza per una marcata presenza di imprese femminili (le aziende guidate da donne sono il 28,7% del totale) e giovanili (11,4% la quota delle “under 35”). In entrambi i casi quote più elevate delle rispettive medie nazionali.

LA CERTIFICAZIONE BIOLOGICA
In una parola (per giunta ormai abbreviata) si celano significati complessi, qualcosa di più di un nome su un’etichetta e più vicina a una filosofia che ha l’ambizioso obiettivo di tutelare la salute salvaguardando l’ambiente. L’agricoltura biologica sfrutta infatti la naturale fertilità del suolo con lo scopo di rispettarla e favorirla ricorrendo a interventi limitati. Questa particolare tipologia di agricoltura, inoltre, ha lo scopo di promuovere la biodiversità ed escludere l’utilizzo di prodotti di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere) e di organismi geneticamente modificati (OGM). L’agricoltura biologica è disciplinata a livello comunitario dal Regolamento CE 834/2007 e dai successivi regolamenti di applicazione relativi alla produzione biologica e all’etichettatura per quattro categorie di prodotti: prodotti agricoli vivi o non trasformati; prodotti agricoli trasformati destinati a essere usati come alimenti; mangimi; materiale da propagazione vegetativa e sementi per la coltivazione. La certificazione “Bio” è un attestato che garantisce il rispetto di rigidi requisiti atti a evitare o ridurre la “contaminazione” da parte dell’uomo. L’organismo di certificazione di prodotto è responsabile per la verifica della conformità del prodotto ai requisiti fissati per la certificazione, alle norme tecniche volontarie o ad altri riferimenti normativi. La certificazione di prodotto è basata sulla fiducia sullo specifico processo di fabbricazione. Questo assunto implica l’estensione di tale situazione di conformità nel tempo.

com.unica, 3 gennaio 2019

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