“La Finlandia ha autorizzato nuove licenze per l’invio di pezzi di ricambio per veicoli negli Emirati Arabi Uniti. Nonostante le precedenti promesse della coalizione di governo, la Germania ha autorizzato nuove vendite di equipaggiamento militare all’Arabia Saudita. La situazione in Spagna è ancora più contraddittoria. Otto giorni dopo aver annunciato la cancellazione della vendita di bombe, il governo spagnolo ha fatto marcia indietro in seguito alle forti pressioni interne e da parte dell’Arabia Saudita. […] Gli Usa e il Regno Unito, i due principali fornitori di armi, si sono mostrati decisi, non soltanto a fornire l’attrezzatura utilizzata per bombardare la popolazione e distruggere le infrastrutture civili ma anche a garantire il loro fondamentale supporto tecnico-logistico all’aviazione militare saudita”.

Questo è quanto riporta la nuova pubblicazione di Amnesty International dal titolo “La situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2018 e le prospettive per il 2019” sulla drammatica questione della vendita di armi alla “coalizione sunnita” composta da Bahrein, Egitto, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi e Arabia Saudita e guidata da quest’ultima, al fine di combattere gli houthi, i “ribelli” sciiti sostenuti dal governo di Teheran. 

Nello Yemen, teatro del conflitto, da quasi quattro anni si sta consumando una delle guerre più sanguinarie di tutto il Medio Oriente, che, oltre a causare decine di migliaia di morti tra i civili, ha condotto il Paese a una gravissima carestia che sta provocando tutt’ora ulteriori vittime, specialmente bambini. Tenuto per anni sotto silenzio dai principali media mondiali, il conflitto sta sfociando sempre più in una catastrofe umanitaria – secondo quanto denunciato dagli attivisti di Amnesty International – a causa dell’invio da parte dei Paesi occidentali – in particolar modo Usa e Regno Unito – di sofisticate apparecchiature militari del valore di miliardi di dollari alla coalizione sunnita, sostenitrice della fazione del presidente yemenita Abd Rabbih Mansur Hadi, deposto dopo il colpo di Stato del 2012 ma di fatto l’unico presidente dello Yemen riconosciuto dalle potenze occidentali. Una guerra dimenticata, ignorata dall’opinione pubblica, che ha gettato un intero Paese, il più povero del mondo arabo, sotto bombardamenti indiscriminati e violente rappresaglie senza fine. 

Una catastrofe silenziosa che Amnesty International porta alla luce ne La situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2018 e le prospettive per il 2019, esortando gli attivisti di tutto il mondo – e non solo – “a fare pressione su governi e aziende” e sollecitando gli Stati a “rispettare i loro obblighi, sanciti dal Trattato sul commercio delle armi, e a sospendere qualsiasi fornitura di armi, munizioni, tecnologia e assistenza militare impiegata nel conflitto nello Yemen”, usando “la loro influenza in quanto attori chiave nella regione per spingere le forze della coalizione a rispettare i loro obblighi sanciti dalle norme internazionali sui diritti umani e dal diritto umanitario. In caso contrario, gli Stati rischiano di rendersi complici delle violazioni e dei crimini di guerra compiuti in un conflitto che non ha soltanto ucciso e mutilato decine di migliaia di civili ma che ha anche sfollato milioni di persone e gettato il paese sull’orlo di una catastrofica carestia”.

com.unica, 18 gennaio 2019

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