[ACCADDE OGGI]

Il 16 aprile 1971 il Giornale d’Italia pubblicò ampi stralci di un rapporto riservato al Ministro dell’Interno, il democristiano Franco Restivo, a firma dell’allora Prefetto di Milano Libero Mazza in cui fra l’altro si affermava: “I disordini verificatisi sabato 12 dicembre u.s. (siamo nel 1970 – N.d.R.) in questa città con luttuose, se pure accidentali, conseguenze, sono da considerare i prodromi di altri eventi ben più gravi e deprecabili che possono ancora verificarsi in conseguenza del progressivo rafforzamento e proliferazione delle formazioni estremiste extra-parlamentari di ispirazione “maoista” (Movimento Studentesco, Lotta Continua, Avanguardia Operaia, ecc.) … Tutti questi movimenti, che hanno la loro “centrale” a Milano, nonostante differenziazioni sul piano ideologico e nella metodologia, sono prettamente rivoluzionari, propongono “la lotta al sistema” e si prefiggono di sovvertire le istituzioni democratiche attraverso la violenza organizzata. …Gli appartenenti a tali formazioni, che sino a qualche anno fa erano poche migliaia, ammontano oggi a circa ventimila unità, svolgono fanatica ed intensa opera di propaganda e proselitismo sia nell’ambiente studentesco che in quello operaio, facendo leva sulle frange maggiormente portate all’oltranzismo… Questi elementi facinorosi, vengono, d’altra parte, incoraggiati e resi più audaci dalla certezza dell’impunità. Anche un comportamento di cauta e prudente fermezza non è sopportato e viene qualificato dalla dilagante demagogia come “repressione”, “provocazione e sopraffazione poliziesca”, “attentato alle libertà costituzionali”, “fascismo”, mentre i fermati per reati commessi durante le manifestazioni sediziose vengono rapidamente scarcerati e le denunce rimangono accantonate in attesa della immancabile amnistia. … Questi estremisti dispongono di organizzazione, equipaggiamento ed armamento che può qualificarsi paramilitare: servizio medico, collegamento radio fra i vari gruppi, servizio intercettazioni delle comunicazioni radio della polizia, elmetti, barre di ferro, fionde per lancio di sfere d’acciaio, tascapane con bottiglie “Molotov”, selci, mattoni, bastoni, ecc. …”

Successe il finimondo, nacque il caso del Rapporto Mazza: “Provocatorio rapporto del Prefetto di Milano”, titolò in prima pagina l’Unità il 17 aprile 1971 mentre nel pezzo si affermava “…Si tratta di un documento “riservato” al ministro dell’Interno che contiene presunte “rivelazioni” su “organizzazioni paramilitari ed eversive di estrema sinistra…Le affermazioni contenute in questo rapporto sono senza dubbio gravissime. …perché danno dei gruppi della sinistra extraparlamentare una visione falsa, deformata e del tutto arbitraria…”

Eugenio Scalfari, fondatore del quotidiano “La Repubblica” e all’epoca deputato socialista, sostenne che il prefetto Mazza era “uno sciocco, che non capisce quanto accade, o un fazioso che non vuole capire” e presentò un’interrogazione parlamentare. “Paese Sera”, il quotidiano romano fiancheggiatore del PCI chiese a gran voce la rimozione di Mazza dal ruolo di prefetto a Milano. Dopo pochi mesi nacquero le Brigate Rosse e la storia dei delitti e del sangue versato è nota. Il prefetto Mazza aveva ragione ma la sua riabilitazione servì solo per inaugurare la nuova strategia del cosiddetto compromesso storico sulla spinta dei cosiddetti opposti estremismi.

(Franco Seccia/com.unica, 16 aprile 2019)

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