L’Isis ha rivendicato la strage in Sri Lanka come una rappresaglia per il massacro nelle moschee in Nuova Zelanda. Una foto con i sette presunti kamikaze è stata diffusa attraverso l’agenzia di propaganda Amaq. Intanto 40 sospettati sono stati arrestati. Il primo ministro singalese Ranil Wickremesinghe ha parlato di legami con gli jihadisti locali e non ha escluso nuovi attacchi nel Paese. Il bilancio delle vittime degli attacchi è salito a 359 morti. Tra di loro 45 bambini (Nyt).

“Coloro che hanno condotto l’attacco che ha preso di mira membri della coalizione a guida Usa e cristiani nello Sri Lanka l’altro ieri sono combattenti dello Stato islamico”, afferma la dichiarazione diffusa da Amaq. Dopo aver rivendicato la strage, l’Isis ha diffuso anche una foto di quello che il gruppo jihadista indica come il capo dei kamikaze autori degli attacchi. Nella foto, la cui autenticità non è possibile verificare, si vede un uomo con la barba e a volto scoperto e un fucile nella mano sinistra, affiancato da 6 uomini con il volto coperto da kefiah, che sarebbero gli altri sei attentatori suicidi. Tre sono alla sua sinistra, tre alla sua destra e tre impugnano un coltello. Sullo sfondo la bandiera dell’Isis (Repubblica).

La rivendicazione dell’Isis del massacro in Sri Lanka perché erano “cristiani in guerra” e perché appartenevano “ai paesi della Coalizione”, scrive Il Foglio. “Cristiani in guerra” è una categoria usata dai fanatici dello Stato islamico per indicare i cristiani che non si sono sottomessi a un patto con il Califfato, che prevede la coesistenza con i cristiani soltanto dopo un accordo di resa con il capo Abu Bakr al Baghdadi.

“In Asia assistiamo a un doppio fenomeno che preoccupa: l’arrivo di foreign fighter dell’Isis dopo la sconfitta militare in Siria e Iraq e una ripresa di al Qaeda. Insieme con l’Africa, l’Asia rischia di diventare un’incubatrice del neo-jihadismo” afferma Andrea Manciulli, presidente di Europa Atlantica, grande esperto e studioso di jihadismo, intervistato da Formiche. Manciulli coglie nell’attentato di Colombo a Pasqua numerosi elementi che devono preoccupare l’Occidente. “In Asia – aggiunge – c’è un clima favorevole per il jihadismo dovuto al disagio economico e sociale, oltre a gruppi preesistenti che hanno carattere di ribellismo e di indipendentismo e che negli ultimi anni si sono trasformati in fenomeno jihadista, come nelle Filippine e in Indonesia. Sono vari i fattori di disgregazione e gli spazi vuoti lasciati dal potere che favoriscono questi fenomeni. Oltre all’area cosiddetta Afpak, il jihadismo asiatico si sta molto potenziando nel Subcontinente indiano: Filippine, Malesia, Indonesia, Sri Lanka, Bangladesh, India”.

com.unica, 24 aprile 2019

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