“Parole invisibili”, il nuovo romanzo di Stefano Carnicelli nelle librerie e al Salone del Libro di Torino
L’AQUILA – È uscito da un paio di settimane il volume “Parole invisibili” di Stefano Carnicelli, pubblicato da Tralerighe Libri. È il terzo romanzo dello scrittore aquilano ed è già al Salone del Libro di Torino, dove sarà presentato il 12 maggio prossimo, alle 18:30, presso la sala Romania. Al suo lavoro di direzione bancaria, Stefano Carnicelli associa un’intensa attività di operatore culturale e soprattutto una feconda creatività letteraria, densa di sensibilità, che lo ha portato a pubblicare tre romanzi in otto anni. Come i primi due, “Il cielo capovolto” e “Il bosco senza tempo“, anche questo suo terzo romanzo “Parole invisibili” non mancherà di raccogliere interesse, consensi e gradimento dai lettori, perché la storia che vi è narrata, con una scrittura bella e coinvolgente, tocca le corde più profonde dell’anima.
“Parole invisibili”, infatti, racconta la storia d’una madre e del suo unico figlio, affetto da autismo. Il romanzo si sviluppa su capitoli scritti in prima persona alternata. Quando è Lorenza a narrare, viene descritto il dramma di una madre alle prese con un terribile destino, aggravato dal fatto che in Italia un disagio di questo tipo non è adeguatamente conosciuto e riconosciuto. Lorenza, profondamente delusa da un’adozione mai arrivata, vive un fortissimo desiderio di essere madre. La gravidanza, cercata con ogni mezzo, porta alla nascita di Achille, un bimbo bellissimo, ma intossicato da metalli pesanti e aggredito da gravi disturbi autistici.
Lorenza e Piero subiranno il dolore d’una diagnosi terribile, poi quello di constatare l’inesistenza di strutture e di cure adeguate, a differenza di altri paesi, quali Francia e Stati Uniti, dove il problema dell’autismo è affrontato con maggiore decisione e con terapie innovative, in grado di dare risultati soddisfacenti. Scopriranno inoltre sulla loro pelle i problemi, anche finanziari, legati all’adozione di nuovi metodi di cura. Con coraggio decideranno di andare all’estero e con l’aiuto d’una motivata ed eccellente équipe di terapisti cercheranno di assicurare ad Achille un futuro dignitoso.
Nel romanzo, quando è la voce muta ed invisibile di Achille a parlare, il bambino si racconta interiormente, perché possiede le sue speciali percezioni. Le sue saranno parole pensate, definite, tuttavia senza avere il dono di poterle comunicare all’esterno. Il suo linguaggio è muto, strozzato, e le parole sono invisibili. È questa una storia attraversata da mille sentimenti, con i coniugi Lorenza e Piero, con Achille e il nonno Luigi – la cui complicità con il nipote è ricca di sensibilità e sfumature -, nell’incessante sforzo di cercare quella bellezza che alla fine si ritrova, proprio nelle vite che hanno la forza e il coraggio di andare oltre il banale.
“Parole invisibili” è un romanzo intenso. Reca con sé anche un profondo significato “civile”, nel voler dare risalto ad un mondo, quello dell’autismo, spesso sconosciuto e trascurato dalle istituzioni e dalla comunità. Un disagio che non va curato con i farmaci, ma con terapie appropriate sugli aspetti del comportamento, perché il bambino di oggi come l’adulto di domani possano essere accolti ed integrati nella società.
Come hai pensato di raccontare una storia così particolare, come quella di una famiglia impegnata ad affrontare un problema come l’autismo?
La mia scrittura nasce da un concetto narrativo di base, una vicenda autentica e vera intorno alla quale costruisco la storia. Che racconti poi un problema come l’autismo, così negletto, ha il valore quasi di un urlo, un forte richiamo sociale per la comunità, spesso poco attenta a persone che soffrono disagi del genere e talvolta perché poco si conosce tale disturbo del comportamento.
Quali sono i personaggi centrali della storia e quali le loro fisionomie interiori e psicologiche?
In “Parole invisibili” due sono i personaggi fondamentali: Lorenza, la madre, e Achille. Lorenza è la narrazione reale, è la storia a presa diretta, al di là degli spunti di fantasia come il rapimento. Quando parla Lorenza, quindi, la scrittura rasenta la realtà. E’ una scrittura che ho voluto tenere con i piedi per terra. Racconta i problemi realmente vissuti: la mancata adozione – Achille arriva dopo i tempi persi inutilmente dietro un’adozione mai perfezionata -, l’aver messo al mondo un figlio autistico che le dà sensi di colpa, i disagi vissuti in Italia nell’ambito delle problematiche riguardanti l’autismo, come l’assenza di strutture adeguate, una scuola “sorda” al disagio, ed altro ancora. Sono tutte cose che emergono dalle parole di Lorenza. Il suo, dunque, è approccio al vero, semplice e diretto. Achille, invece, è la narrazione di fantasia. Egli si presenta in modo frizzante e bizzarro. Non potrebbe essere diversamente, visto che il bambino ha percezioni diverse – incontrollabili, libere, fuori dagli schemi – dai presunti normali.
Achille ha dunque un linguaggio tutto suo, che spazia nell’elaborazione del fantastico?
Sì, certamente. E’ proprio per questo motivo che l’approccio che ho voluto dare alle parole di Achille è anche di tipo favolistico. Come quando il bambino vola tra i cieli alla volta di Parigi, inventando la favola di Bianca e Neve. Un qualcosa di inaspettato e fantastico. Credo sia giusto così. Del resto le sue reazioni non sono catalogate. Per lo stesso motivo, Achille resta affascinato dalla Parigi “invisibile”, quella lontana dai circuiti consueti. E’ scontato dire che sono belli il Louvre, Notre Dame o gli Champs Elysées, un turista normale questo nota. Achille, invece, s’innamora delle statue di Rachid costruite con i metalli “raccattati” in giro per il mondo. Va oltre, con bizzarra fantasia – e qui torna la non controllabilità delle percezioni di un bambino autistico – pensa di navigare per il mondo con l’unico scopo di disintossicare i bambini autistici aggrediti dai metalli pesanti. Analogamente s’innamora di Les Frigos. Perché? Perché è un luogo bizzarro con alle spalle una storia di abbandono, ma anche di rinascita. Se vogliamo, Les Frigos ha l’analogo destino di chi viene emarginato e poi recuperato a nuova vita. Un po’ come quello che avviene nella vita di Achille. E poi i colori di Les Frigos, il fatto che lì vivono personaggi e artisti bizzarri… un po’ come lui, Achille. C’è quindi vicinanza e affinità, per questo egli se ne innamora.
Stefano Carnicelli è nato il 20 maggio 1966 a L’Aquila, città dove vive e lavora. Laureato in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Pescara, dirige la filiale di un Istituto di Credito. Pubblica su giornali e riviste articoli culturali e recensisce libri. Cura eventi e presentazioni di libri e su televisioni locali conduce trasmissioni sulle novità editoriali. Nel 2011 il suo primo romanzo, “Il cielo capovolto”, pubblicato da Prospettiva Editrice, ha ricevuto diversi premi. Nel maggio 2013 è uscito, sempre per la Prospettiva Editrice, il suo secondo romanzo “Il bosco senza tempo“, anch’esso tributato di riconoscimenti. Nell’aprile 2019, edito da Tralerighe Libri, il suo terzo romanzo “Parole invisibili”. Tutti i suoi libri sono stati presentati – il terzo lo sarà nei prossimi giorni – al Salone del Libro di Torino.
Goffredo Palmerini, com.unica 10 maggio 2019