I Bardi, a capo di una delle compagnie medievali più potenti d’Europa, scelsero Giotto per decorare con le Storie di San Francesco la cappella di cui avevano il patronato nella basilica di Santa Croce. Il restauro del ciclo, dipinto nel terzo decennio del Trecento, costituisce un’occasione irripetibile per conoscere i segreti dell’artista e delle sue scelte riguardanti le tecniche della pittura murale. La Cappella Bardi, monumento dell’arte fiorentina del primo Trecento, occupa del resto una posizione speciale nel percorso artistico di Giotto e costituisce una delle sue ultime opere.

La cappella ha sofferto vicende conservative tormentate e ha una rilevanza particolare nel processo che segna la nascita della grande tradizione italiana del restauro. A 70 anni dall’ultimo intervento sull’opera ne è oggi necessario uno nuovo, essenziale per la conservazione e per l’approfondimento della tecnica dell’artista. Il restauro, che durerà tre anni, è stato affidato dall’Opera di Santa Croce all’Opificio delle Pietre Dure e avrà il sostegno decisivo dell’Associazione per il Restauro del Patrimonio Artistico Italiano (ARPAI) e della Fondazione CR Firenze, oltre che del ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Alla presenza del viceprefetto Ugo Righini del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, proprietario della basilica, il progetto è stato presentato da Irene Sanesi, presidente dell’Opera di Santa Croce, da Marco Ciatti, soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure, da Claudio Paolini della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Firenze, con Tommaso Sacchi, capo segreteria Cultura del Comune di Firenze, insieme ai sostenitori del restauro: Dominique Marzotto Desforges e Gian Antonio Golin, rispettivamente presidente e direttore di ARPAI, e Donatella Carmi, vicepresidente della Fondazione CR Firenze.

“A distanza di settant’anni dall’ultimo intervento, il progetto di restauro della Cappella Bardi di Giotto rappresenta per l’Opera di Santa Croce un evento unico”, ha sottolineato la presidente dell’Opera, Irene Sanesi. “L’Opificio delle pietre dure si appresta adesso ad avviare il cantiere che si prospetta complesso e non breve. Proprio per questo con l’Opificio, perché i visitatori e i fiorentini possano continuare a godere degli affreschi, grazie a tecnologie particolari, stiamo programmando i lavori perché siano accessibili dal vivo nel corso del restauro”.
“Il progetto di conservazione e restauro dell’OPD sulla cappella Bardi di Giotto si inserisce nella complessa vicenda conservativa dell’opera che rappresenta uno dei casi più importanti a Firenze per la storia del restauro”, ha msso in evidenza Marco Ciatti, soprintendente dell’Opificio delle pietre dure.

L’impegno economico complessivo è di circa un milione di euro e vede il concorso della stessa Opera di Santa Croce e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. ARPAI e Fondazione CR Firenze intervengono attraverso l’Art Bonus. “Arpai ha restituito ai cittadini italiani molti capolavori del loro patrimonio”, ha ricordato Dominique Marzotto Desforges; “mia sorella Veronica ed io abbiamo scelto di impegnarci con una donazione in memoria di nostra madre Florence Marzotto, che ha sempre accompagnato l’Arpai con la sua cultura appassionata e dedicata”.

“Non è la prima volta che la nostra istituzione collabora ad un intervento nella basilica di Santa Croce” ha fatto notare Donatella Carmi, vicepresidente della Fondazione CR Firenze. “Dal 2001 ad oggi abbiamo infatti sostenuto numerose operazioni di grande rilievo per un importo complessivo di circa mezzo milione di euro. La nostra adesione a questo nuovo grande progetto è dunque il proseguimento di un percorso che vuole anche valorizzare le alte competenze che sa esprimere Firenze”.

L’Opificio delle Pietre Dure, in anni recenti, ha condotto un approfondito lavoro di ricerca sull’opera di Giotto nelle Cappelle Bardi e Peruzzi. L’analisi dello stato di conservazione ha messo in evidenza criticità che riguardano sia l’intonaco che la pellicola pittorica. 
L’insieme dei risultati emersi da questa campagna di indagine preliminare ha consentito di mettere a punto un articolato progetto di intervento. È prevista una prima fase di campagna diagnostica, che sarà avviata immediatamente, e il successivo restauro conservativo articolato su più fasi che verrà ampiamente documentato. Le indagini verranno eseguite utilizzando le più recenti strumentazioni opto-elettroniche e verranno programmate in differenti momenti dell’intervento.

Tornando alle vicende conservative è da ricordare che gli affreschi di Giotto sono stati addirittura cancellati, rimanendo nascosti per oltre un secolo. Nel 1730 vennero infatti coperti di vernice a calce, con la tecnica della scialbatura. La pittura di Giotto, dopo essere stata amata e ammirata per tutto il Rinascimento, finisce infatti per essere considerata fuori moda: colori troppo vivaci e uno stile definito con disprezzo primitivo. Ci vorranno centoventi anni per riscoprire la magnificenza semplice e la forza comunicativa di Giotto e del suo Francesco d’Assisi fiorentino con un intervento, che insieme a diversi altri (su opere che avevano subito un destino analogo), segnerà la nascita della grande tradizione italiana del restauro. Il rinvenimento delle pitture nella Cappella Bardi avviene in modo fortuito mentre stanno per essere avviati importanti lavori di risistemazione complessiva. La scopritura viene affidata ed eseguita integralmente da Gaetano Bianchi fra il 1850 e il 1853.

Le vicende della Cappella Bardi si inseriscono a buon titolo nella storia del restauro. In occasione della mostra giottesca del 1937 i cicli murali delle Cappelle Bardi e Peruzzi sono stati oggetto di un intervento diretto da Ugo Procacci ed eseguito dalla bottega di Amedeo Benini. Decisivo poi il restauro che, tra il 1958 e il 1961, viene portato a termine da Leonetto Tintori, sempre sotto la direzione di Ugo Procacci. 

com.unica, 15 maggio 2019

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