Violenza, terrore, paranoia: la decima opera di Verdi ad Anversa si fa ancora più oscura, l’intreccio fortissimo fra dramma e musica è reso più evidente, la psicologia dei personaggi assume una forza imperiosa.

I cambi di scena e gli scenari variegati qui sono sostituiti da una scelta coraggiosa, quella di uno spazio che occupa quasi tutto il palco, all’interno del quale prendono corpo e vita vicende e personaggi, e a cui bordi appaiono il coro e le altre figure della narrazione.

La lettura del regista Michael Thalheimer e di Henrik Ahr vuole far riflettere su quanto le decisioni e le azioni malvagie, congetturate dai coniugi Macbeth, trascinino i due in un baratro fisico e psicologico da cui è quasi impossibile uscire. Nello stesso spazio vengono inghiottite le vittime del gioco diabolico e alla fine si consuma la vendetta e il ribaltamento della situazione.

Il racchiudere l’intera storia in un grande rettangolo potrebbe “limitare” la storia e, invece, la rende esplosiva proprio perché “compressa” nei vari episodi che al momento opportuno si sfogano in tutta la loro potenza.

Merito certo degli artisti: il baritono americano Craig Colclough traduce in movenze e con una voce superba l’ignavia e la passività del personaggio, in balia del potere di persuasione di Lady Macbeth, che il mezzosoprano russo Marina Prudenskaya rende alla perfezione, con le sue sfumature di fragilità e di crudeltà. Una gara in bravura che coinvolge anche il tenore Najmiddin Mavlyanov magnifico in O figli, o figli miei… Ah, la paterna mano, l’aria di Macduff, come pure il basso Tareq Nazmi nel ruolo di Banco.

Molto efficace e potente il coro diretto da Jan Schweiger: evidentemente la struttura tecnica della scenografia ha giocato a favore di un’eco ancora più forte delle voci che sono stati il fiore all’occhiello della produzione: l’apoteosi giunge l’istante che segue la morte di Duncan (Sven Verlinden).

Paolo Carignani

Ma, più di tutto, al di sopra di tutti, lui, il Maestro Paolo Carignani e la sua direzione musicale così eccelsa da commuovere. Lo abbiamo intervistato.

Maestro, è Lei che dà energia alla musica o la musica che Le dà energia?

Io quando dirigo penso alla musica e penso all’energia che può scatenare e l’energia che scatenava nei compositori e la loro creatività. Cerco di tradurla verso il pubblico.

Facile controllare e canalizzare questa energia?

Ci vuole il distacco ma anche la passione: bisogna saper coordinare questi due elementi, è un istinto che occorre avere.

Verdi che cosa rappresenta per Lei?

Io sono cresciuto a Milano, ho studiato al Conservatorio di Musica “Giuseppe Verdi” che però non aveva accettato Verdi perché non lo riteneva bravo abbastanza. Io sono cresciuto con la sua musica e nella sua città di elezione.

Come si fa a ripetere la direzione di un’opera ma con una regia differente e particolare come in questo caso?

Bisogna che i direttori d’orchestra di oggi si rendano conto che la regia è importante. Per Verdi non si può pensare a un concerto, bisogna che la musica di Verdi viva con la scena, pertanto il direttore deve andare alle prove di regia anche se può essere noioso e lavorare insieme al regista per trovare la giusta posizione dei cantanti insieme, non lasciare il regista completamente libero di fare quello che vuole, ma andare alle prove di regia e lavorare insieme al regista. Quando un direttore arriva alle prove di assieme con l’orchestra senza aver fatto le prove con la regia, è troppo tardi: non può più cambiare niente.

C’è un insegnamento che Le hanno trasferito o che ha imparato da sé che tiene sempre presente?

Sì, c’era Toscanini che diceva “cerchiamo di non disturbare troppo l’orchestra” e il direttore deve dirigere quello che serve e quando serve perché se no si può veramente disturbare i musicisti.

Lei ha diretto molti festival: sono cambiati oggi?

Una volta Minotti al suo Festival di Spoleto alle persone che lo criticavano perché non “era più il Festival di una volta” rispondeva: “non è vero, il Festival è lo stesso, siete voi che siete invecchiati e non siete più quelli di una volta”.

Anche la percezione dell’opera da parte del pubblico è cambiata …

La parte scenica oggi è importante: a volte si ritiene sia più importante quasi della musica, proprio per questo il direttore d’orchestra deve cercare di integrarsi col regista, non lasciarlo solo, perché può fare molti danni sennò. Io credo che il pubblico oggi sia molto più partecipe proprio perché ci sono delle regie interessanti, non sono più solo i cantanti che stanno in proscenio e cantano, ma c’è anche un concetto drammaturgico e il pubblico questo desidera avere. 


Opera Ballet Vlaanderen, Macbeth di Giuseppe Verdi fino al 6 luglio ad Anversa.

Cast: https://www.operaballet.be/en/programme/2018-2019/macbeth/team#tab

Giovanni Zambito, com.unica 24 giugno 2019

Condividi con