La rassegna espositiva, curata da Angela Maioli Parodi, sarà inaugurata sabato 14 settembre a Villa Cambiaso. Madrina dell’evento la figlia Giovanna Gravina Volontè.

La figura di Gian Maria Volontè, uno dei maggiori interpreti del Cinema italiano, sarà celebrata nella mostra “Gian Maria Volontè. L’arte si fa uomo”, che verrà inaugurata sabato 14 settembre a Savona (inizio ore 17) nelle stanze affrescate della splendida Villa Cambiaso, dove resterà aperta al pubblico fino al 27 settembre.

La rassegna espositiva, ideata e promossa dall’Associazione Artepozzo Energie d’Arte Contemporanea presieduta da Angela Maioli Parodi, si prefigge l’obiettivo di rendere omaggio al grande attore scomparso nel 1994 attraverso l’arte moderna in tutte le sue massime espressioni: pittura, fotografia e scultura. La madrina dell’evento sarà Giovanna Gravina Volontè, figlia dell’attore e di Carla Gravina, mentre l’introduzione verrà svolta dal critico d’arte Lorenzo Bonini. Gli artisti che esporranno sono Giuseppe Trentacoste, Laura Gelli, Ronnie Brogi, Massimo Privitera, Rosalina Collu, Mirco Colombo, Luciano Cantoni, Laura Tarabocchia, Mario Menardi, Silvia Rege Cambrin, Valter Mellano, Veronica Massenet, Lorenzo Bersini e Claudia Steger.

Gian Maria Volontè è stato a giudizio pressoché unanime un simbolo della cinematografia italiana del dopoguerra, soprattutto di quella d’autore e cosiddetta “impegnata”, interpretando ruoli di personaggi chiave della storia politica e sociale del nostro paese. Come ha scritto Lietta Tornabuoni su “La Stampa” all’indomani della morte “sul campo” a Florina, in Grecia (impegnato nelle riprese de “Lo sguardo di Ulisse” di Theo Anghelopulous), ha saputo rappresentare come forse nessun altro le maschere del potere e dell’impotenza d’Italia, “i protagonisti della violenza, della mitezza paziente e delle zone torbide d’ambiguità, il bene, il male, la reticenza: come i veri grandi, la cui ambizione eroica e impossibile è sempre quella di rappresentare tutto”. Di sé Volontè, impegnato politicamente anche fuori del palcoscenico nelle file della sinistra, diceva: “Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società, per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l’arte e la vita”.

Nato a Milano nel 1933, Gian Maria Volontè si è diplomato nel 1957 all’Accademia di Arte Drammatica nel 1957. Ha rivelato per la prima volta al grande pubblico le sue notevoli qualità interpretative con L’idiota di Dostoevskij (1959) e Il Caravaggio (1964) per la televisione. Negli anni Sessanta il passaggio al Cinema con le prime pellicole di impegno civile come A ciascuno il suo, 1967, di Elio Petri, I sette fratelli Cervi del 1968 e Banditi a Milano. Indimenticabili in quegli anni anche i suoi ruoli del cattivo e del cinico in molti western-cult all’italiana, soprattutto quelli diretti da Sergio Leone (Per un pugno di dollari, 1964; Per qualche dollaro in più, 1965, Quién sabe?, 1967, di Damiano Damiani). Ma fu a partire da Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri (1970) che la sua figura di attore iniziò a connotarsi in maniera sempre più marcata per il suo impegno e per una presenza scenica fuori dal comune. Al film di Petri seguirono infatti altre opere di grande successo in cui recitò da indiscusso protagonista e che caratterizzarono un’epoca particolarmente felice nella storia del cinema italiano: Uomini contro (1970), Sacco e Vanzetti (1971), La classe operaia va in paradiso (1971), Il caso Mattei (1972), Sbatti il mostro in prima pagina (1972), Giordano Bruno e Lucky Luciano (1973), Il sospetto (1975), Todo modo (1976), Io ho paura (1977), Cristo si è fermato a Eboli (1979).

Sebastiano Catte, com.unica 12 settembre 2019

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