Non “sprecare” le ricadute positive della tecno-rivoluzione
L’impatto di automazione e intelligenza artificiale (IA) sul Welfare. L’analisi di un Nobel per l’Economia e del direttore del McKinsey Global Institute.
La discussione pubblica sugli effetti dell’automazione e dell’intelligenza artificiale (IA) spesso si concentra sui vantaggi produttivi per le aziende e l’economia, da un lato, ed i potenziali aspetti negativi per i lavoratori, dall’altro. Esiste tuttavia una terza dimensione critica da non trascurare: l’impatto delle nuove tecnologie sul welfare.
Storicamente, l’innovazione tecnologica ha avuto effetti positivi sul benessere estendendosi ben oltre quanto viene colto dai parametri economici standard come il PIL. Le vaccinazioni, i nuovi prodotti farmaceutici, e le innovazioni mediche come i raggi X e la risonanza magnetica hanno notevolmente migliorato la salute umana e aumentato la longevità. Oggi, anche i paesi con le aspettative di vita più basse del mondo hanno una durata di vita media più lunga di quella che avevano nel 1800 i paesi con le più alte aspettative di vita. Inoltre, circa un terzo degli incrementi produttivi dovuti alle nuove tecnologie del secolo scorso è stato convertito in riduzione delle ore di lavoro, sotto forma di ferie annuali retribuite più lunghe e del quasi dimezzamento della settimana lavorativa in alcune economie avanzate.
Oggi, allorché si sta affermando una nuova generazione di tecnologie, ci si chiede se ad esse seguiranno benefici simili per il benessere, o se i timori di disoccupazione tecnologica creeranno nuove fonti di stress, compromettendo fiducia e spese dei consumatori.
Nel cercare di rispondere a tali domande, ci si dovrebbe concentrare su due fattori decisivi. Il primo riguarda le potenzialità dell’innovazione di migliorare il welfare. L’intelligenza artificiale, in particolare, potrebbe innalzare sostanzialmente la qualità della vita delle persone, aumentando la produttività, generando nuovi prodotti e servizi, e favorendo l’apertura di nuovi mercati. La ricerca della McKinsey & Company sull’attuale trasformazione digitale rileva che le applicazioni di IA fanno già esattamente questo, e continueranno a farlo.
Ancora, le aziende che utilizzano l’IA allo scopo di favorire l’innovazione, invece che per la sostituzione del lavoro e la riduzione dei costi, saranno con ogni probabilità quelle di maggior successo; man mano che si espandono, esse assumeranno nuovi lavoratori. Nell’assistenza sanitaria, ad esempio, l’IA ha permesso al personale medico di offrire diagnosi migliori e più rapide di malattie potenzialmente letali come il cancro, nonché trattamenti personalizzati.
Il secondo fattore decisivo è l’approccio adottato da aziende e governi per gestire l’arrivo delle nuove tecnologie. L’intelligenza artificiale solleva importanti questioni etiche, in particolare in settori quali la genomica e l’uso dei dati personali, e la necessità di acquisire le nuove competenze necessarie per utilizzare le macchine intelligenti può causare stress e insoddisfazione. La migrazione dei lavoratori tra i settori può essere fonte di tensioni notevoli, aggravate da squilibri settoriali, vincoli di mobilità, e costi (temporali e finanziari) di qualificazione professionale.
Va rilevato che gli attriti sul mercato del lavoro creati dalle attuali tecnologie di frontiera possono andare a colpire segmenti di popolazione in passato immuni da tali rischi. Per evitare gravi sconvolgimenti, i responsabili politici dovrebbero cercare di fornire occasioni di riqualificazione professionale su larga scala, per dotare i lavoratori di competenze “a prova di robot” e garantire fluidità nel mercato del lavoro.
Indirizzando lo sviluppo delle nuove tecnologie verso l’innovazione che migliora il benessere sociale, e gestendo gli effetti della diffusione tecnologica sul mercato del lavoro, possiamo elevare non solo produttività e redditi, ma anche la durata della vita, che a sua volta può alimentare un PIL più alto.
Il calcolo delle probabili ricadute delle innovazioni che incrementano il welfare-è un processo complesso. Nelle nostre analisi, abbiamo sviluppato metodi di quantificazione del benessere elaborati dagli economisti Charles Jones e Peter Klenow della Stanford University, nonché da altri studiosi del crescente campo di ricerca sulla felicità. Utilizzando un modello schematico di avversione al rischio costante come parametro di riferimento, vediamo che gli Stati Uniti e l’Europa potrebbero sperimentare ricadute sociali positive derivanti dall’intelligenza artificiale e da altre tecnologie di frontiera che superano quelle fornite negli ultimi decenni da computer e precedenti forme di automazione. D’altra parte, se la transizione tecnologica non fosse gestita correttamente, gli Stati Uniti e l’Europa potrebbero sperimentare una crescita del reddito più lenta, aumenti di disuguaglianze e disoccupazione, e riduzioni di tempo libero, salute e longevità.
Una scoperta rivelatrice della nostra ricerca è che la minaccia ai redditi e all’occupazione è presente in tutti gli scenari probabili, il che significa che non può essere respinta o ignorata. Se i prevedibili effetti negativi del passaggio ad un’economia della conoscenza automatizzata non venissero affrontati, molti dei potenziali benefici potrebbero essere sprecati. I politici dovrebbero prepararsi ad uno sforzo di riqualificazione professionale della portata della legge americana per i veterani di guerra, la cosiddetta GI Bill del 1944 .
Tra le altre cose, oggi i governi hanno un ruolo fondamentale nel fornire istruzione e riprogettare i curricula per sottolineare le competenze tecniche e l’alfabetizzazione digitale. Possono inoltre utilizzare la spesa pubblica per ridurre i costi di innovazione per le imprese, e orientare lo sviluppo tecnologico verso fini produttivi attraverso gare e mercati aperti.
Ma anche i leader aziendali devono affrontare la sfida. Se le aziende adottassero un approccio di “interesse illuminato” rispetto all’intelligenza artificiale e all’automazione – ciò che chiamiamo “responsabilità sociale tecnologica” –, potrebbero garantire ricadute positive sia per la società che per i propri profitti. Dopotutto, ai lavoratori più produttivi si possono pagare salari più alti, aumentando così la domanda di prodotti e servizi. Per acquisire i vantaggi di vasta portata delle tecnologie digitali, dell’intelligenza artificiale e dell’automazione, dovremo trovare un equilibrio accurato, promuovendo sia l’innovazione che la qualificazione professionale per controllare qualsiasi eventuale effetto essa comporti.
Christopher Pissarides*, Jacques Bughin**, project-syndicate settembre 2019
*Christopher Pissarides è Premio Nobel per l’Economia (2010) e Regius Professor di Economia presso la London School of Economics.
** Jacques Bughin è il direttore del McKinsey Global Institute.