Il campo degli asfodeli, la Sardegna delle occasioni mancate nel racconto di Franco Mannoni
Il libro dell’ex Assessore Regionale alla Programmazione sarà presentato venerdì 27 settembre (ore 18.30) alla Biblioteca Mario Ciusa Romagna di Oliena.
A Franco Mannoni un po’ tutti – compagni di strada e avversari politici – hanno sempre riconosciuto il grande merito di aver saputo alimentare con le buone letture e la cultura il suo ultra decennale impegno politico e l’attività di amministratore nelle istituzioni pubbliche. Una qualità rara, che emerge in maniera molto limpida nel suo ultimo libro, Il campo degli asfodeli, uscito all’inizio dell’estate per i tipi della casa editrice cagliaritana Arkadia. Un volume in cui l’ex assessore regionale alla programmazione ci fa ripercorrere un periodo cruciale della storia più recente dell’Isola a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta.
L’autore lo fa con uno stile narrativo gradevole e che si rivela allo stesso tempo molto efficace, attraverso la testimonianza in prima persona di un’epoca storica e di un ambiente sociale in cui le vicende che le caratterizzano si intrecciano inevitabilmente con quelle personali, autobiografiche. Vicende ambientate in gran parte a Nuoro, dove il giovane Mannoni arriva nell’aprile del 1965 alla guida di una 500 bianca proveniente da Alghero, cittadina nella quale aveva già mosso i primi passi nella politica nel Partito Socialista guidato dall’avvocato Mario Berlinguer, padre di Enrico. Si era trasferito nel capoluogo barbaricino per prendere servizio presso il Provveditorato agli Studi, in quanto vincitore di un concorso nazionale per funzionari direttivi del Ministero della Pubblica istruzione. Scoprirà così una Nuoro e un mondo, quello della provincia, lacerato da forti contraddizioni. C’è la città della tradizione colta, l’”Atene Sarda” che aveva dato i natali a letterati e artisti di prima grandezza e in cui il dibattito politico-culturale è sempre stato sempre molto vivace e di alto profilo; ma c’è anche una Nuoro quasi del tutto esclusa dalle ricadute positive del boom economico e che purtroppo si trovava al centro di un mondo afflitto dalla piaga del banditismo e dei sequestri di persona: solo nel 1966 si verificarono in Sardegna 81 omicidi e 11 sequestri di persona, in gran parte nel nuorese. Un fenomeno di vasta portata, ben descritto da Peppino Fiori in un libro dal titolo eloquente e spesso citato nel testo: La società del malessere. Sono gli anni in cui i Baschi Blu, il battaglione mobile della polizia, si era insediato nel Nuorese esercitando una pressione – scrive l’autore – “che rendeva sempre meno sopportabile la vita di chi nella campagna si doveva recare per finalità civili. Senza che peraltro si potesse registrare un segno di rallentamento dei fenomeni deliquenziali”.
Un quadro cupo che tuttavia non scoraggiava chi, come Mannoni, aveva accettato la sfida dell’impegno politico in un partito – il Psi – al quale aveva già aderito qualche anno prima e in cui ancora si riconosceva. La militanza politica rappresentava anche un’occasione per scavalcare quegli steccati che non gli permettevano di praticare una vita sociale soddisfacente, impresa non facile per un forestiero catapultato in una città che dava scarsi segni di apertura e in cui le relazioni umane si limitavano al minimo indispensabile. Inoltre l’ambiente di lavoro in cui operava, quello del Provveditorato, era caratterizzato da una chiusura burocratica e da un eccesso di formalismo nelle procedure che mal si conciliava con la necessità in quegli anni di spinte riformatrici legate all’innalzamento dell’obbligo scolastico, con migliaia di adolescenti che avevano conquistato l’accesso agli istituti superiori, e da qui la necessità di istituire nuove scuole. In un clima del genere per Mannoni ha rappresentato una vera boccata di ossigeno il primo approccio con il partito, in occasione di una conferenza al Cinema Eliseo di Antonio Giolitti, uno maggiori esponenti del socialismo nazionale e punto di riferimento dei dirigenti socialisti nuoresi. In particolare del leader Peppino Catte, con cui Giolitti aveva condiviso nel ’56 la fuoriuscita dal Pci e la successiva adesione al Psi in seguito alla brutale invasione dei carri armati sovietici in Ungheria.
Non era affatto una sfida facile quella di chi aveva deciso di militare all’interno di una forza riformista che stentava a trovare uno spazio vitale in un contesto politico dominato da due colossi come la Dc, di gran lunga forza di maggioranza relativa a Roma e in Sardegna, e un Pci che cresceva come principale catalizzatore della protesta e forte di un rapporto privilegiato con il sindacato. Il partito poteva contare però su personalità di un certo spessore, tra cui spiccava proprio quella di Catte, che aveva già dimostrato di saper esercitare un forte ascendente sui più giovani: professore di Lettere nei licei, aveva conquistato una certa fama di uomo di cultura, di appassionato educatore che interpretava la politica come servizio, da autentico riformista. Un riformismo praticato con convinzione, con il metodo del dialogo continuo con le persone e le categorie direttamente coinvolte. Mannoni ricorda nel libro lo sgomento nell’apprendere la notizia della prematura morte “sul campo” di Catte (allora Assessore regionale all’Agricoltura) durante un incontro con i compagni di partito di Nurallao, reduce da un incontro animato con i soci di una cooperativa di pastori. “Era il 1975 e si preparava – scrive Mannoni – l’attuazione della riforma agropastorale, di cui era promotore, si accavallavano richieste, obiezioni, argomenti. Non era facile, ma era essenziale discuterne con i pastori e Peppino Catte trasfondeva nella discussione tutta la sua capacità politica, e, di più, una forte componente etica”.
Nella seconda metà degli anni Settanta Mannoni seppe conquistare un ruolo di leadership all’interno del partito nuorese fino ad assumere incarichi di sempre maggiore rilievo, con l’approdo nel Consiglio regionale e la successiva nomina ad assessore, prima all’Ambiente nell’esecutivo presieduta da Alessandro Ghinami e poi al Bilancio e Programmazione nelle giunte guidate da Angelo Roich e Mario Melis.
Il tema dominante, che un po’ tutti cavalcarono in quel periodo era quello del riscatto delle zone interne. Lo sforzo maggiore era quindi indirizzato all’attuazione di un piano che dava per scontato che lo sviluppo di aree svantaggiate come quella del nuorese dovesse per forza essere incentrato sull’industrializzazione forzata. Un processo promosso soprattutto dalla Democrazia Cristiana, e che si basava, come per le altre regioni del Meridione su un massiccio trasferimento di risorse pubbliche e sull’implementazione dei cosiddetti “poli di sviluppo industriale”.
L’autore riflette oggi con una punta di amarezza di fronte all’immagine della chiusura dell’ultima fabbrica della piana di Ottana, ridotta a uno squallido deserto. “Quella di Ottana – scrive – si potrebbe considerare, a ragion veduta, la fabbrica delle illusioni. In realtà, la risposta illusoria di un potere politico ed economico tutto concentrato sul presente, convinto di poter sovvertire la struttura economica, sociale e culturale del territorio fornendo la prospettiva annunciata di un rinascimento affidato all’industria di Stato. Oggi si direbbe ‘totalmente immerso nell’ideologia sviluppista’”.
Così un polo industriale sorto con l’obiettivo per sconfiggere la piaga del banditismo e del malessere, ha finito per trasformarsi in una lunga scia di fallimenti aziendali, chiusure e licenziamenti, senza contare i danni legati all’inquinamento ambientale e allo spreco di fiumi di denaro pubblico che ha in seguito di fatto impedito l’adozione di altre possibili soluzioni. Come forse avrebbe potuto essere quella ispirata dal “Progetto Sardegna” promosso alla fine degli anni Cinquanta dall’Ocse, su cui è tornato di recente lo storico dell’Economia Giulio Sapelli nel saggio “L’occasione mancata. Lo sviluppo incompiuto della industrializzazione sarda” (University Press). Un piano che a differenza di quello adottato dalla Regione si basava su un processo graduale, più in sintonia con le specificità del territorio sardo, radicato nella natura e nelle antiche tradizioni culturali dell’Isola e che puntava sulla valorizzazione del tessuto connettivo dell’attività economica attraverso l’assistenza tecnica e la formazione.
Ci fu per la verità in seguito un generoso tentativo con, su impulso della giunta presieduta da Mario Melis, di provare a invertire l’approccio seguito fino ad allora, puntando su una “modernizzazione reale ricca di competitività e, allo stesso tempo, di solidarietà – scrive Mannoni. Più istruzione, ricerca, innovazione e nel contempo più opportunità per i giovani”. È in quella fase che Mannoni, che ricopriva la carica di assessore alla Programmazione, mise in piedi il progetto per la creazione del CRS4, il Centro di Calcolo e di Ricerca. “Riuscii ad ottenere dalla Giunta l’approvazione – scrive l’ex assessore e potei passare il testimone a chi venne dopo di me, cioè Antonello Cabras, che fu l’attuatore coerente e propulsore dei programmi di ricerca e di innovazione”. Il CRS4 era un vero centro di eccellenza nel campo della scienza e tecnologia dell’informazione e del calcolo digitale ad alte prestazioni. Fu chiamato a dirigerlo il premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia, a quei tempi direttore generale del Cern di Ginevra, al seguito del quale arrivarono ricercatori ambiziosi e di talento, tra cui alcuni collaboratori di Tim Berners Lee, il padre del web. Erano gli anni in cui stava nascendo Internet come la conosciamo adesso: solo pochi anni dopo videro la luce il primo quotidiano online europeo (L’Unione Sarda) e il primo provider italiano (Video Online), grazie all’intuizione di un imprenditore visionario come Nicky Grauso. Insomma, si crearono in quegli anni le basi per uno sviluppo diverso dell’Isola incentrato sull’innovazione e sulla ricerca. “A me sembrava che avessimo aperto un percorso da proseguire” – scrive sempre Mannoni. Ma la sensazione è che pochi, allora e in seguito, abbiano capito la reale portata di queste iniziative, che forse avrebbero potuto proiettare la Sardegna all’avanguardia nel campo dell’alta tecnologia e con nuove e interessanti opportunità di sviluppo in altri campi.
Il libro di Franco Mannoni sarà presentato venerdì 27 settembre alla Biblioteca “Mario Ciusa Romagna” di Oliena con inizio alle ore 18.30. Insieme all’autore interverranno lo storico dell’Università di Cagliari Gianluca Scroccu (autore della prefazione), il sindaco di Oliena Bastiano Congiu e l’Assessore alla Cultura Lara Serra.
Sebastiano Catte, com.unica 26 settembre 2019