I sette colli di Felice Vinci
Lunedì 11 novembre (ore 16,30, Via Vittoria 24, Roma), per gli incontri culturali promossi dalla Fondazione Levi Pelloni a Roma, Felice Vinci terrà una conversazione dal titolo “I sette colli di Roma, Gerusalemme e la Mecca”.
Per quale motivo Augusto condannò Ovidio all’esilio perpetuo? Considerando che il poeta stesso nei Tristia ammette di aver commesso un crimine meritevole della pena capitale, a rivelarlo è un’anomalia contenuta nel V libro dei Fasti, composto poco prima della condanna, dove Ovidio accosta gli antefatti della fondazione di Roma alla costellazione delle Pleiadi e alla stella Maia.
Indagando su questa singolare connessione, di cui non esiste altra traccia nella letteratura greca e romana (il che fa sospettare un antico tabù), si arriva alla conclusione che i Sette Colli di Roma, racchiusi dalle Mura Serviane, erano considerati il riflesso delle sette Pleiadi (“Ciò che è in basso è uguale a ciò che è in alto”) e che la loro stella più importante, Maia, chiamata sanctissima da Cicerone ed a cui corrisponde il colle Palatino, su cui Romolo fondò l’Urbe, era la misteriosa divinità tutelare di Roma, il cui nome doveva essere tenuto rigorosamente segreto, pena la morte. Quindi a causare l’esilio di Ovidio fu la sua temeraria connessione tra Maia, le Pleiadi e la fondazione di Roma.
In tale cornice si spiega anche la data della fondazione di Roma, il 21 aprile: infatti l’ammasso delle Pleiadi fa parte della costellazione del Toro, il segno zodiacale che nel calendario astrologico, risalente al mondo sumerico, inizia in quella data. D’altronde vi sono altre città sacre costruite su sette colli, tra cui Gerusalemme e la Mecca: il nome di quest’ultima, ufficialmente chiamata in arabo Makkah al-Mukarramah,“l’onorata Mecca”, ovvero “la Città Santa della Mecca (Makkah)”, che ricorda la Sanctissima Maia, ha a sua volta un impressionante parallelo nella città sacra dell’antica Irlanda, Armagh, anch’essa su sette colli, il cui nome deriva da Ard Mhacha, “la collina di Mhacha”, un’importante dea celtica.
Ancora, nel mondo slavo vi è un’altra dea quasi omonima, Mokoš, la Grande Madre, che ha dato il suo nome a diversi villaggi: che anche il nome di Mosca, città su sette colli, chiamata Matuška Moskva (Madre Mosca), sia correlabile con Mokoš-Mhacha-Makkah-Maia? In ogni caso, i riflessi di un antichissimo culto della Grande Madre, risalente a una remota preistoria e forse sparso un po’ ovunque, ancora si riverberano nel nostro mondo attuale.
(com.unica/ 6 novembre 2019)