Dal Cnr un approccio innovativo per contrastare l’invecchiamento precoce
Nei telomeri, le protezioni alle estremità dei cromosomi che prevengono l’erosione del resto del materiale genetico, rimane traccia del tempo che passa. È fisiologico che i telomeri si accorcino progressivamente con la replicazione del Dna della cellula associato alla sua proliferazione o che si danneggino nel tempo anche in assenza di proliferazione. L’accorciamento eccessivo e il danno ai telomeri costituiscono una minaccia alla stabilità del nostro Dna e la cellula reagisce attivando un allarme molecolare che blocca la proliferazione della cellula danneggiata inducendo la sua senescenza, una forma di invecchiamento cellulare. La cellula senescente perde per sempre la sua capacità di proliferare e di svolgere efficientemente le sue funzioni, e questo impedisce ai tessuti di rigenerarsi. Questo fenomeno avviene inevitabilmente nel normale processo di invecchiamento dell’organismo ma anche a seguito di eventi patologici quali alcune malattie genetiche e i tumori.
Una ricerca precedentemente condotta sempre dal team di Fabrizio d’Adda di Fagagna – responsabile del programma di Ifom Risposta al danno al Dna e senescenza cellulare e ricercatore presso l’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm) – e descritta sulla rivista Nature Communications nel 2017, aveva rivelato che i telomeri danneggiati inducono la formazione di due specifiche classi di Rna non codificanti, chiamate dilncRna e Ddrna, che attivano l’allarme molecolare che causa la senescenza della cellula. Grazie allo sviluppo di molecole antisenso complementari a tali Rna i ricercatori sono riusciti a indurre lo spegnimento di questi allarmi in maniera mirata.
“Questi risultati – racconta d’Adda di Fagagna – ci hanno incoraggiato a testare questo approccio sulla progeria o sindrome di Hutchinson-Gilford”.
Si tratta di una rarissima malattia genetica non ereditaria che, come indica il nome stesso (dal greco pro, ‘prima’ e gerios, ‘anziano’), causa nel soggetto l’invecchiamento precoce già dai primi mesi di vita e l’insorgenza di patologie tipiche dell’invecchiamento, quali ad esempio fragilità muscolo-scheletrica e patologie coronariche, riducendo purtroppo l’aspettativa di vita a circa vent’anni.
“Una malattia importante, su cui siamo felici di poter dare un contributo conoscitivo, e anche un modello di malattia per aiutarci a capire più a fondo i processi di invecchiamento dell’organismo umano al fine di individuare delle strategie terapeutiche per controllarli in condizioni patologiche tipiche dell’invecchiamento stesso”.
Lo studio appena pubblicato su Nature Communications e condotto da Ifom con la collaborazione del Cnr-Igm di Pavia e del Karolinska Institute in Svezia, e con il sostegno di Fondazione Telethon e dell’Erc, dimostra in cellule umane in vitro e in vivo in un modello murino di questa malattia come lo spegnimento degli allarmi molecolari ai telomeri tramite queste molecole antisenso prevenga l’invecchiamento precoce caratteristico di questa patologia.
“Abbiamo testato le nostre molecole antisenso in cellule umane derivate dalla pelle di pazienti – spiega la ricercatrice Ifom Francesca Rossiello, coautrice dello studio – e nella pelle di un modello murino di Hgps, allungando la vita massima di questi topi di quasi il 50%”. “Ed è stata una soddisfazione – aggiunge Julio Aguado, primo autore della pubblicazione – a distanza di soli due anni dalla nostra scoperta di questi Rna non codificanti, riuscire ad applicare con successo ad una patologia umana il nuovo approccio per la loro inibizione”.
Ad oggi, più di una dozzina di farmaci sono stati testati per questa patologia, ma non hanno dato risultati soddisfacenti una volta arrivati in clinica. “Abbiamo osservato effetti positivi di alcuni trattamenti nei modelli murini preclinici, ma gli effetti sui pazienti non sono soddisfacenti. Occorre ripensare e identificare nuove strategie per trattare questa patologia,” afferma Maria Eriksson, ricercatrice del Karolinska Institute, coautrice del lavoro e prima scopritrice, 16 anni fa, della mutazione genetica responsabile di questa condizione.
“Questa ricerca, oltre a segnare un avanzamento conoscitivo per la Progeria – conclude Fabrizio d’Adda di Fagagna – apre la possibilità di testare le molecole antisenso per la cura di tante altre patologie umane legate all’invecchiamento e associate al danno ai telomeri, come i tumori, la cirrosi epatica, la fibrosi polmonare, l’aterosclerosi, il diabete, la cataratta, l’osteoporosi e l’artrite. Siamo convinti del potenziale terapeutico di questo approccio e siamo determinati a portarlo sempre più vicino ai pazienti, anche nel contesto oncologico”.
Questo lavoro – sottolinea il Cnr – non sarebbe stato possibile senza il supporto di Fondazione Telethon ed Erc per questa ricerca, e del costante sostegno di Airc e Firc al gruppo di d’Adda di Fagagna.
com.unica, 20 novembre 2019