20 dicembre 2006, muore Piergiorgio Welby, un caso di eutanasia
[ACCADDE OGGI]
Un caso che ancora fa discutere e scuote le coscienze: alle ore 23.40 circa del 20 dicembre 2006, a causa di un arresto cardiorespiratorio conseguente il distacco del ventilatore polmonare, muore Piergiorgio Welby.
Si è trattato di eutanasia? E che cosa è esattamente l’eutanasia? Secondo il vocabolario l’eutanasia (dal greco euthanasía, êu ‘bene’ e thánatos ‘morte’) è la morte indolore provocata per porre fine alle sofferenze di un malato terminale. Ecco, Piergiorgio Welby era sì un malato terminale rispetto alla vita che lui invoca e descrive: “Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. … Purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche.”
Piergiorgio Welby, un romano che aveva 61 anni al momento della morte, si era ammalato di distrofia fascio-scapolo-omerale in forma grave da quando aveva 16 anni: 45 anni di lotta contro questa grave malattia che progressivamente lo portò alla più totale immobilità e poi, colpito da una crisi respiratoria dopo aver subito un intervento di tracheotomia, fu costretto ad essere attaccato ad un respiratore artificiale. Era un malato terminale Welby oppure come lui asserisce quella sua condizione già era non è più vita?
Quando il 18 dicembre 2006 il dott. Mario Riccio, un anestesista di Cremona, si recò nella sua casa per compiere il gesto che Piergiorgio invocava da tempo attraverso pubblici appelli e lettere alle più alte cariche dello Stato e che consisteva nello staccare la macchina del polmone artificiale dal suo corpo, trovò un uomo determinato e deciso a morire: ’’Ha deciso che era arrivata l’ora. Sono stati giorni di confronto difficile ma risolti in una decisione comune al servizio della sua scelta e di quella della sua famiglia. Ma la scelta è stata sua’’ dichiarerà il medico che dopo averlo sedato lo aiutò a morire.
Seguiranno giorni di accese polemiche dopo quel 20 dicembre 2006, il giorno che a Piergiorgio Welby fu staccata la spina. La Chiesa gli rifiuterà i funerali religiosi. I radicali con alla testa Marco Pannella, sollevando le insegne dell’Associazione intitolata a Luca Coscioni, altro attivista radicale colpito dalla SLA che però aspettò il suo turno naturale per morire, organizzarono centinaia di manifestazioni per il riconoscimento del “diritto di morire”.
Il paese intero, pochi giorni prima della nascita di Cristo, restò muto a chiedersi in coscienza se la vita è nelle mani di Dio o in quelle dell’uomo. Interrogativi che ancora non trovano risposte e conforto: “Chi ama la vita si interroga sul suo significato e quindi anche sul senso della morte e di come affrontarla” afferma la Chiesa, incurante delle parole di Piergiorgio Welby che diceva “Come è difficile vivere e morire in un paese dove il Governo fa i miracoli e la Conferenza episcopale fa le leggi”.
(Franco Seccia/com.unica 20 dicembre 2019)