Un milione e 340mila imprese, 3 milioni di occupati e un forte apporto al sistema dell’istruzione e del welfare di natura privata, così importante per agevolare la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro delle famiglie. È la fotografia delle imprese femminili, scattata dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere, presentata ieri nel corso di un incontro dedicato allo smart working organizzato dalla Camera di commercio di Mantova.

Nella scelta di aprire una attività autonoma, sono molte le donne che preferiscono orientarsi verso i settori che offrono servizi alle famiglie, come quelli che si occupano di istruzione, o che operano nella sanità e nell’assistenza sociale. In questi ambiti, infatti, più di una impresa su tre è gestita da donne, con tassi di femminilizzazione, quindi, ben superiori a quello medio (22%). “La predilezione femminile per questi settori – ha spiegato Tiziana Pompei, vice segretario generale di Unioncamere – è confermata anche nel lavoro dipendente. Secondo le ultime previsioni Excelsior di Unioncamere e Anpal, relative alla domanda di lavoro delle imprese nel mese di gennaio, le donne continuano a essere maggiormente richieste soprattutto nei servizi alle persone (30% richieste di personale femminile). A seguire le imprese ricercano dipendenti donne soprattutto nei servizi di alloggio, ristorazione e turistici (28% richieste di personale femminile) e nel commercio (26%)”.

I dati al 30 settembre scorso mostrano che nell’Istruzione le 9.600 imprese femminili sono oltre il 30% del totale, con un aumento di circa 1.500 unità rispetto a settembre 2014. Nel campo sanitario e dell’assistenza sociale, poi, le 17mila imprese femminili oggi esistenti rappresentano quasi il 38% del totale, con un incremento di oltre 2.400 imprese rispetto a cinque anni fa e una forte specializzazione nella cura e nell’assistenza all’infanzia. A dimostrarlo sono le 3.400 attività femminili che gestiscono servizi di asili nido, baby-sitting e assistenza diurna per minori disabili, che sono quasi l’82% di quelle registrate (4.170) e risultano in aumento di circa 200 unità rispetto a 5 anni fa.

Questa rete di imprese dedita alla cura dei bambini si configura, insomma, come una sorta di “soccorso rosa” per i papà e le mamme lavoratrici, e risulta particolarmente numerosa e fitta in alcune regioni (Lombardia e Lazio innanzitutto), meno diffusa, invece, nelle regioni più piccole, come Valle d’Aosta, Molise e la Basilicata.

com.unica, 22 gennaio 2020

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